Caritas in veritate: superare la crisi con la speranza

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L’enciclica del papa supera la dicotomia tra una economia che“ ha le sue leggi” lontane da una etica condivisa, e il “sociale” visto come modo di colmare le mancanze dell’economia. Nella sua prima attesissima e fin troppo anticipata enciclica sociale Benedetto XVI supera le due concezioni e propone la terza via di una economia di comunione, un mercato civile, un’etica che sia dentro la economia di mercato. E l’etica proposta del papa è naturalmente quella cristiana, come già lo era nella Populorum Progressio di Paolo VI. Quella del Vangelo, della carità nella verità, quella che vede la giustizia come fondante per la carità, quella che rilegge la “fraternità” in chiave francescana, cioè come principio per la solidarietà. La “Caritas in veritate” di Benedetto XVI appare come l’introduzione teologica alla sintesi sistematica della dottrina sociale degli ultimi decenni. Da Paolo VI ad oggi con un rapido passaggio per la Centesimus Annus di Giovanni Paolo II, che nel 1991 aveva individuato le “strutture di peccato” dell’economia basata sulla sola etica del profitto.

Nessuna demonizzazione del mercato, o del ruolo dello Stato, quanto piuttosto una critica contro gli atteggiamenti culturali che relativizzano la verità. Al centro della crisi attuale economico finanziaria per il papa c’è una crisi di verità sull’uomo, sulla storia, sullo sviluppo e sulla tecnica. E una crisi relativa all’amore “soggettivizzato”, sradicato dal vero. Ecco la dimensione culturale della enciclica. Il cristianesimo è un elemento indispensabile per risolvere la crisi grazie alla sua dimensione pubblica. Per il papa lo sviluppo ha bisogno della verità, e per questo è davvero “integrale” quando è “volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo”. Un testo che rilegge la Populorum Progressio e ne evidenzia la profeticità, un documento in cui si sentono le tante “teste” che hanno ispirato il papa e che, forse, ne risente un po’ troppo. Ma anche un “vademecum” dove si trovano i grandi temi sociali, dall’immigrazione alla bioetica, al diritto ad un lavoro decente, al turismo sessuale, alla tutela dell’ ambiente, fino all’analisi del nuovo soggetto sociale delle “associazioni di consumatori”, e agli OGM, ai media, al rischio della tecnocrazia. Temi noti a chi segue il magistero della Chiesa, esposti dal papa in modo tale da poter entrare in dialogo con il mondo laico.

“La società sempre più globalizzata ci rende vicini” spiega il papa, “non ci rende fratelli”, ed è per questo che propone una “fraternità” dei singoli e dei popoli come base di un nuovo modo di “fare finanza”. L’esclusivo obiettivo del profitto “senza il bene comune come fine ultimo rischia di distruggere ricchezza e creare povertà” così come un’attività finanziaria “per lo più speculativa”, i flussi migratori “spesso solo provocati” e poi mal gestiti e, ancora, “lo sfruttamento sregolato delle risorse della terra”. Riecheggiano critiche energiche alle pratiche di controllo demografico che “giungono a imporre anche l’aborto” o alle “legislazioni che prevedono l’eutanasia”. Ed eccoci al mercato che, precisa, il papa non è negativo per natura. L’attuale crisi mostra che i “tradizionali principi dell’etica sociale”, trasparenza, onestà e responsabilità, “non possono venire trascurati”. Anche per questo rilancia la necessità di una riforma dell’ ONU e “dell’architettura economica e finanziaria internazionale” e chiede “una vera Autorità politica mondiale” che goda di “potere effettivo” e possa gestire le politiche sociali ed economiche a livello globale, un po’ insomma come si fa il Consiglio di Sicurezza. Un tema già presente nella enciclica “Pacem in Terris” di Giovanni XXIII.

Alla fine il testo è un messaggio di speranza improntato al realismo. Lo sottolinea il direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian nel suo editoriale di oggi. Un’economia “umanista” e l’abbandono delle ideologie del secolo scorso, permettono di “approfittare dell’occasione offerta dalla crisi mondiale per uscirne insieme, i credenti con le donne e gli uomini di buona volontà”, scrive Vian. Molte delle osservazioni del papa appaiono come semplici considerazioni di buon senso, ma chi non ha il coraggio di intraprendere azioni concrete per una “democrazia economica”, e una “responsabilità sociale” potrà trovare ostico il pensiero del papa con la proposta di una “etica amica della persona”.

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