Umanizzazione dell’economia, lavoro, bene comune, vita umana. I commenti alla “Caritas in Veritate”

La “Caritas in veritate”, ultima enciclica di Benedetto XVI, ha già fatto il giro del mondo. Numerosi i commenti sulla nuova fatica del papa, che ha voluto parlare di carità, via maestra della dottrina sociale della Chiesa, fondata sulla Verità che è l’annuncio cristiano. Secondo le note ufficiali, l’enciclica si pone sulla scia della “Populorum Progressio” di Paolo VI, che viene definita «la Rerum Novarum dell’epoca contemporanea».
Tanti i riscontri e i commenti, soprattutto del mondo ecclesiale, ma anche del mondo laico.
Secondo Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito, “Benedetto XVI nell’enciclica ‘Caritas in veritate’ ripropone una sfida ineludibile: il valore trascendente dell’uomo, non mercificabile, né mai soggiacente all’imperio del mercato, delle tecnologie e della scienza che sembrano avere preso il posto delle ideologie disumanizzanti del Novecento. In tale direzione l’enciclica ripropone il valore sociale delle religioni; segnatamente del ruolo del cristianesimo come ‘religione dell’umano’”.
“L’enciclica – secondo Martinez – sottolinea l’urgenza di ristabilire l’unione e la sintesi di ‘umanesimo e cristianesimo’, quel inscindibile binomio che la cultura odierna tende a separare e a contrapporre in nome della modernità, come esigenza dei tempi che si fa improbabile e infausto stile di vita. Il Papa esorta a passare dall’assolutismo della tecnica e del positivismo all’assolutismo dell’amore, di un amore vero, reale, integrale, che non esclude Dio, ma che include ed esalta la verità di Dio sull’uomo.”
Secondo le Acli, invece, i punti cardine dell’enciclica sono “La “civilizzazione dell’economia” e il “lavoro decente”, ma anche l’immigrazione e il rapporto “fondamentale” tra carità e verità, che “pone le fondamenta per un impegno sociale chiamato a cambiare il mondo”.
“Non si può vivere la carità, sembra spiegarci Benedetto XVI, senza impegnarsi per il cambiamento della società. E’ l’amore per la verità che porta chi opera la carità a impegnarsi “politicamente” per lo sviluppo umano, spiega Andrea Oliviero, presidente delle Acli.
«L’enciclica – continua – pone elementi innovativi riguardo alla visione dell’economia». L’invito alla “civilizzazione dell’economia” “porta a superare la logica mercato-Stato, creando nuove forme di democrazia, partecipazione, redistribuzione e socialità nell’attività economica”. Un principio che “non solo scardina la tradizionale visione dell’economia capitalistica, ma allarga anche le responsabilità della società civile”.
Secondo Scienza&Vita, invece, “l’apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica”. “Già questa sola espressione”, contenuta nell’enciclica “Caritas in ”, richiama tutti “all’attenzione sulla centralità della persona nella riflessione bioetica e sulle ineludibili ricadute in ambito sociale ed economico”.
“La difesa della vita umana, la condanna dell’assolutismo della tecnica, la deriva eugenetica e della mens eutanasica, il rischio della negazione della dignità umana, così come il ribadire la centralità di ogni persona e lo sviluppo umano integrale, rappresentano – sottolineano i presidenti dell’Associazione Bruno Dallapiccola e Lucio Romano – le parole chiave su cui si fonda il nostro agire. L’enciclica, indubbiamente aperta alla riflessione razionale, invita a coniugare il fare tecnico con l’agire etico, senza riduttivismi o ideologizzazioni”.
Secondo l’economista Stefano Zamagni, “L’economia di mercato è più ampia del mercato capitalistico. La prima infatti è nata secoli prima del capitalismo, il quale si basa sul mercato per affermare il principio della massimizzazione del profitto, mentre l’economia di mercato punta alla più ampia circolazione dei beni”. Nella conferenza stampa di presentazione della enciclica “Caritas in veritate”, il professore ha spiegato come “L’enciclica in realtà non è ‘contro’ il capitalismo, ma lo supera affermando che il principio della massimizzazione del profitto può essere superato da quello della società fraterna, che pone la ricerca del ‘bene comune’ come centro di riferimento dell’attività economica”.
Secondo il Card. Renato Raffaele Martino, tuttavia, nella terza enciclica del Papa “c’è una riflessione sulla crisi”, ma la Caritas in veritate “non è un’enciclica fatta per la crisi”. Il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, presentando oggi alla stampa il nuovo documento magisteriale di Benedetto XVI, ha spiegato che “Quando la crisi è avvenuta, c’è stato qualche ripensamento e qualche correzione o aggiustamento”.
Apprezzamenti all’enciclica sono giunti anche dal mondo laico. “Il richiamo ai diritti inalienabili dei migranti riveste estrema importanza in un periodo in cui le politiche di contrasto all’immigrazione irregolare rischiano di non tenere in debito conto i diritti umani dell’individuo e in particolare dei rifugiati” afferma in una nota l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) esprimendo apprezzamento per l’attenzione che Benedetto XVI ha dedicato ai migranti nell’enciclica “Caritas in veritate”. “Come ha ricordato il Papa – prosegue la nota – è necessario governare il fenomeno migratorio attraverso politiche lungimiranti che rispettino in ogni situazione i diritti della persona”. Parole di “importanza straordinaria”: così la sezione italiana di Amnesty International definisce la riflessione del Pontefice e sottolinea: “In un momento in cui i migranti sono spesso visti come un problema, è di grande importanza il richiamo del Papa a tenerne in grande considerazione” i diritti oggi a rischio anche “a causa della crisi economica” e lavorativa e “di politiche per la sicurezza in cui vengono mescolate” parole “come migranti e clandestini”.