Lampedusa (e la Chiesa) interroga l’Europa
Ancora una tragedia dell’immigrazione: al largo delle coste della Libia, nei giorni scorsi, un barcone con 400 persone è affondato. Le autorità marittime italiane sono state informate dall’equipaggio di un rimorchiatore al servizio di alcune piattaforme petrolifere che si trovano a 50 miglia dalle coste della Libia e a 100 miglia da Lampedusa.
Al momento sarebbero 240 le persone salvate. Dopo questa ennesima tragedia papa Francesco ha invitato a non dimenticare i migranti che hanno perso la vita nel naufragio di un’imbarcazione con a bordo più di 400 persone: “E preghiamo anche per le persone che in questi giorni hanno perso la vita nel Mare Mediterraneo. Si mettano al primo posto i diritti umani e si uniscano le forze per prevenire queste stragi vergognose”.
Infatti dai ‘Migrants Files’ (che è un tentativo di costruire una base di dati unica sul fenomeno dei migranti che muoiono per raggiungere il vecchio continente) emerge chiaramente come una delle tratte più pericolose sia quella che coinvolge le acque del Mediterraneo tra l’Africa e il sud Italia: tirando le somme, tra il 2000 e il 2013 almeno 6.400 tra donne, uomini e bambini sono morti nel tentativo di raggiungere Lampedusa (quasi 8.000 se si allarga lo spettro all’intero Canale di Sicilia).
L’agenzia Frontex stima un aumento dell’823% di arrivi di migranti in Italia nei primi quattro mesi del 2014 rispetto allo stesso periodo del 2013. Secondo i dati del Ministero dell’Interno e le stime di Save the Children, fino al 30 aprile sono arrivati via mare in Sicilia almeno 3.300 minori migranti, di cui 2.245 non accompagnati e 855 accompagnati, in maggioranza di origine eritrea, egiziana, siriana, gambiana, maliana, senegalese, nigeriana. Nel solo sbarco dello scorso sabato 10 maggio ad Augusta sono giunti 200 minori soli non accompagnati, in maggioranza di origine eritrea.
E dopo l’ennesima tragedia Fondazione Migrantes, Caritas Italiana, Centro Astalli, Fondazione Missio e Focsiv hanno scritto una lettera aperta ai candidati europei sul tema ‘Migrazioni e Cooperazione. Guardare alle migrazioni per pensare l’Europa’ per un concreto impegno dei candidati: “Guardare alle migrazioni ci aiuta a pensare l’Europa. Infatti, mai come in questi anni di crisi dell’ideale di un’Europa unita, il governo delle migrazioni ci aiuta a capire quali prospettive vogliamo dare al nostro comune futuro. Sulle migrazioni si confrontano chiaramente due diverse idee d’Europa.
La prima è attorcigliata attorno al bisogno di sicurezza: è un’Europa vecchia e chiusa, rancorosa, egoista e xenofoba. Quasi che i principali colpevoli della crisi fossero i migranti, quando invece ben altre sono le cause, riconducibili, in particolare, al modello economico e finanziario. È una visione suicida, considerando le prospettive demografiche europee, il progressivo declino sociale ed economico, e quanto accade ai nostri confini, in particolare nel Mediterraneo e in Africa.
La seconda è una visione più dinamica, aperta, coraggiosa, rivolta allo sviluppo umano integrale e al bene comune. Una visione che afferma i valori dai quali è nata l’Unione europea: la costruzione della pace e della solidarietà tra i popoli. In questa Europa i migranti costituiscono un valore aggiunto, perché partecipano all’emancipazione sociale e democratica, all’innovazione economica, a nuove relazioni di cooperazione con i paesi di origine e di transito”.
Perciò le associazioni hanno chiesto ai candidati un impegno preciso per una nuova politica europea basata su misure per un’accoglienza dei migranti fondata sul rispetto dei diritti umani e su una diffusa rete di servizi in sussidiarietà con le comunità locali, con azioni alternative ai centri e alla inumana detenzione amministrativa; programmi importanti di protezione sociale e umanitaria, di lotta al traffico e alla tratta degli esseri umani, di riconoscimento del diritto d’asilo e di reinsediamento, rivedendo il regolamento di Dublino, riconoscendo il diritto dei rifugiati a ricongiungersi con le proprie famiglie in qualsiasi Paese europeo esse vivano;
direttive per ampliare le opportunità di mobilità e regolarizzazione per il ricongiungimento familiare e l’accesso al mercato del lavoro, andando oltre un approccio selettivo che discrimina le persone e le famiglie più povere; armonizzazione tra i Paesi membri del diritto di voto amministrativo e delle misure di riconoscimento della cittadinanza ai migranti, estendendo il principio dello ius soli;
un piano speciale per il Mediterraneo, riconoscendolo non solo come un confine europeo da presidiare, ma come un’area condivisa, un ‘Mare nostrum’ dove favorire il cammino di giovani, esperienze di dialogo, luoghi di approdo e di scambio culturale, sociale ed economico, secondo la storica intuizione dell’on. Giorgio La Pira.
Quindi per la Fondazione Migrantes lo sviluppo dei popoli rimane l’impegno centrale dell’Europa: “Non si può non affrontare insieme in questa Europa un dramma di tante persone e famiglie. Un dramma che era stato annunciato fin dal 1967 dall’Enciclica ‘Populorum Progressio’ del futuro beato Paolo VI.
In quell’enciclica, ripresa vent’anni dopo da San Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis e da Benedetto XVI, quarant’anni dopo, nella Caritas in veritate, si pregava le nazioni e le organizzazioni internazionali a lavorare per lo sviluppo dei popoli, attraverso la condivisione di beni, la lotta alla fame, alla sete e al analfabetismo, la ricerca della pace, a tutela dei diritti, la cooperazione internazionale.
I nuovi morti di questi giorni, i cammini di speranza di miglia di persone in questi primi mesi del 2014 ci ricordano che questi sono ancora gli impegni per affrontare il dramma delle migrazioni economiche e forzate di oggi, a partire dall’Italia e dall’Europa”.