15 maggio: la famiglia fa la differenza

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Il 15 maggio di ogni anno si festeggia la Giornata Internazionale della Famiglia, proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Uniti nel 1994, che considera la famiglia come il ‘fondamentale gruppo sociale e l’ambiente naturale per lo sviluppo e il benessere di tutti i suoi membri, in particolare i bambini’.

Quest’anno si celebra il XX anniversario con l’obiettivo di mettere a fuoco il ruolo del nucleo familiare nello sviluppo della persona umana, attraverso il tema della conciliazione tra lavoro e famiglia, l’integrazione sociale e la solidarietà intergenerazionale.

Nel celebrare la giornata, la Confederazione delle Organizzazioni Familiari dell’Unione Europea (COFACE), che aggrega oltre 50 associazioni e movimenti familiari in Europa, in vista delle elezioni europee, ha presentato un manifesto, in cui si può leggere: “Le famiglie sono gli elementi costitutivi per un buon funzionamento della società…

La partecipazione e la socializzazione dei figli inizia in famiglia. Le famiglie sono l’unità fondamentale dell’educazione al consumo, in particolare quando si tratta di sviluppo sostenibile e di consumo responsabile. Le relazioni intergenerazionali sono particolarmente importanti nella vita delle famiglie”.

A questi temi la Chiesa italiana aveva dedicato ampio spazio nella Settimana Sociale, svoltasi a Torino nello scorso settembre, e nel documento conclusivo, ‘La famiglia fa differenza. Per il futuro, per la città, per la politica’, il Comitato Scientifico ha sottolineato che guardando “al momento presente nella prospettiva del magistero sociale della Chiesa, nei termini in cui è stato rinnovato dal Vaticano II e approfondito da tanti importanti interventi successivi come le encicliche ‘Centesimus annus’ e ‘Caritas in veritate’, non si stupisce affatto nel vedere i livelli di crisi economica intrecciarsi con livelli similmente preoccupanti di pericolo o di seria minaccia per le istituzioni della democrazia, della famiglia, dell’università e della ricerca scientifica, della libertà educativa, della libertà religiosa, e con altro ancora”.

Le aree di povertà nella nostra Nazione stanno crescendo visibilmente: “Questa è una crisi che penetra e aggredisce i generi e le generazioni: gli uomini e le donne, ciascuna età. Vi è un grave profilo maschile della crisi, attraverso il quale si rivelano in modo brutale i pregiudizi e le prepotenze del maschio italiano.

Vi è un umiliante profilo femminile della crisi, con tante donne che sperimentano di essere considerate sacrificabili (sul lavoro o in casa) o sulle quali si riversa la violenza della rabbia o quella della mediocrità. Vi è un profilo giovanile della crisi, di cui è più noto il lato, gravissimo, costituito dalla inoccupazione e dalla disoccupazione e meno noto il lato, altrettanto grave, costituito dal deficit di qualità dell’offerta educativa, scolastica e universitaria.

E vi è un ulteriore profilo altrettanto vergognoso della crisi. Quello che impedisce a un numero sempre più grande di anziani di godere spesso anche solo di livelli minimi di sicurezza e di riconoscimento sociale nonostante una intera vita spesa nel lavoro e nel servizio alla comunità”.

Proprio in questo momento di crisi la Chiesa è chiamata ad annunciare la speranza per discernere le priorità della famiglia: “Quando la politica opera per modificare la città in qualcosa che va stretto alla famiglia è fatale che la famiglia divenga anche e immediatamente questione politica, con ricadute economiche di non poco conto.

Lo stesso del resto avviene ogni qual volta la politica evita, come la Costituzione richiede, prima di ogni altra cosa di ‘riconoscere qualsiasi altro di quei soggetti sociali e di quei diritti che precedono lo Stato e che diversamente, ma in misura non minore, concorrono al bene comune”. La famiglia è un ‘luogo’ pubblico e la legge deve riconoscere diritti e doveri di tale istituto, come ha sottolineato la Costituzione Italiana:

“Ancora una volta, ciò che è utile per la famiglia, un ridimensionamento delle pretese dello Stato di esaurire la sfera pubblica, è utile anche alla qualità civile della società nazionale e internazionale che si va organizzando secondo un regime poliarchico”. Ciò comporta per i cattolici responsabilità che altri non possono e non devono assumere, senza più alcun alibi:

“Nella Chiesa, nessuno più dei laici è interpellato dal fare famiglia, e innanzitutto questi sono nella condizione di vivere in ogni sua dimensione la realtà santa dell’amore completo e fedele di un uomo per una donna e di una donna per un uomo, pubblicamente espresso e aperto la vita… Nello stesso tempo, all’interno della Chiesa, più di chiunque altro i laici e le laiche sono interpellati dalla lotta politica.

Ed è esattamente nella vicenda politica che a Torino abbiamo convenuto essere in gioco in questo momento lo stabilirsi di condizioni più o meno favorevoli a un bene, la famiglia, che, vale la pena ricordarlo ancora una volta, è di tutti, per tutti e a portata di tutti, e mai bandiera di parte”, invitando i cattolici a seguire la chiamata alla santità come hanno fatto Gianna Beretta Molla, i coniugi Beltrame Quattrocchi, i coniugi Martin (genitori di santa Teresa di Lisieux), Giuseppe Tovini, Giuseppe Toniolo, Pier Giorgio Frassati, Armida Barelli.

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