Arte e fede, la collana della LEV al Salone di Torino
Al Salone del Libro di Torino con oltre 700 delle sue pubblicazioni, la Libreria Editrice Vaticana ha anche presentato i volumi della collana “Arte e Fede”, che conta ad oggi quattro titoli – due monografie su Lorenzo Lotto e Tintoretto, un volume sulle Madonne di Raffaello e uno sui volti di Cristo nell’arte – a firma dello scrittore e critico d’arte, cinema e musica Mario Dal Bello. Abbiamo approfittato della sua presenza al Salone per rivolgergli alcune domande.
Professor Dal Bello, perché questa collana?
Io credo che il perché di questa collana sia dato dall’esigenza di evangelizzare, di evangelizzare attraverso la bellezza. Tante volte i cristiani non si rendono conto dell’enorme patrimonio di bellezza e di cultura che hanno e di cui approfitta l’umanità ormai da secoli. Per cui al direttore della LEV don Giuseppe Costa, e a me che ci lavoro, è sembrato assolutamente imprescindibile portare avanti questa collana sulla tematica arte e fede. Abbiamo cominciato con Lorenzo Lotto, poi con le Madonne di Raffaello, il Tintoretto, e da ultimo con le immagini di Cristo in duemila anni di storia e stiamo ancora continuando, proprio perché tutti si rendano conto del patrimonio di bellezza e di come la fede cristiana di fatto produca bellezza.
Come sono strutturati questi volumi e come svolge il suo lavoro di redazione?
Io in genere propongo degli autori a me congeniali, magari non notissimi, o con una parte della loro produzione non molto conosciuta. Il libro di solito è composto così: un’introduzione che vuole costituire una sorta di apertura rivolta al lettore per entrare in dialogo con l’artista. Poi tutta una parte introduttiva che riguarda lo stile dell’autore, la sua opera, come si è formato, le varie tematiche che affronta. Nella seconda parte ci sono invece delle schede illustrative per poter compiere un viaggio attraverso la sua opera. Alla fine si trovano una cronologia e una bibliografia essenziale. Sono pensati come libri scientifici ma anche divulgativi, perché occorre una base scientifica, cioè degli studi seri, ma devono essere anche divulgativi, cioè redatti con un linguaggio non specializzato, in modo tale da favorire un processo di evangelizzazione.
Come può avvenire questo?
Avvicinandosi all’opera, descrivendola, instaurando un dialogo con il lettore, usando un linguaggio il più possibile comunicativo – con un sottofondo scientifico, ma non appesantito da note, che magari toglierebbero al lettore la volontà di prendere il libro –, entrando in contatto con l’opera e attraverso di essa con l’autore e le sue opere, presentate in ordine cronologico, perché si possa vedere il grado di maturazione dell’autore stesso.
Qual è il rapporto della Chiesa con l’arte, oggi?
Dopo un periodo di mancanza di dialogo, come è stato detto a suo tempo da Paolo VI, che ha chiesto scusa agli artisti, adesso il dialogo è ripreso. Però non basta che il Papa incontri gli artisti, credo ci sia bisogno di artisti che abbiano una profonda sensibilità, almeno spirituale. Quindi si tratta per la Chiesa di esigere da parte degli artisti almeno una partecipazione di carattere spirituale. Per esempio nell’architettura, per non ridurre le chiese a delle sale da concerto, o da convegno, come purtroppo spesso avviene. Diciamo che è un dialogo in corso, a mio parere non sempre facile.
È possibile per gli artisti laici misurarsi con l’arte sacra?
È possibile. Per arte sacra io intendo l’arte di genere sacro, che tratta cioè fatti della fede. Ma l’arte, quando è vera arte, ha sempre qualcosa di sacro, possiede qualcosa di spirituale, perché l’ispirazione degli artisti è sempre qualcosa di spirituale. Quindi se un artista è sincero, è vero, può captare il contenuto profondo del messaggio, del fatto storico, almeno nella parte essenziale, per quella comunanza, per quella base comune spirituale che c’è fra tutti.