Marco Roncalli racconta papa Giovanni, il Santo

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Domenica 27 aprile saranno proclamati santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Lo scorso mese di giugno, Papa Francesco ha approvato il miracolo, attribuito all’intercessione del beato Giovanni Paolo II e ha dispensato Giovanni XXIII dal processo relativo a un secondo miracolo dopo quello che ha portato alla beatificazione del 2000:

la grazia concessa a suor Caterina Capitani guarita inspiegabilmente il 25 maggio 1966 a dalle conseguenze di una grave emorragia dopo che, oltre un anno prima, era stata sottoposta ad una resezione gastrica quasi totale. Per canonizzare papa Giovanni XXIII papa Francesco non ha né fatto ‘sconti’, ‘né esentato dal miracolo’ e per questo la sua canonizzazione non si può considerare ‘equipollente’, come ha precisato il prefetto della Congregazione per le cause dei santi, card. Angelo Amato.

Papa Francesco per Roncalli “ha solo ridotto i tempi, per la grande opportunità per la Chiesa intera di celebrare nel 2014 con Giovanni XXIII, l’iniziatore del concilio Vaticano II, e con Giovanni Paolo II, il realizzatore dei fermenti pastorali, spirituali e dottrinali dei documenti conciliari”. Fin dal 3 settembre 2000, quando papa Giovanni Paolo II lo proclamò beato, sono pervenute numerose segnalazioni di grazie e di favori ottenuti per sua intercessione.

Nelle scorse settimane è in libreria il libro ‘Papa Giovanni, il santo’, scritto dal nipote del ‘Papa buono’, Marco Roncalli, saggista e presidente della ‘Fondazione Papa Giovanni XXIII’, con la postfazione del card. Loris Francesco Capovilla, segretario particolare del pontefice. Dal suo libro quale nuovo profilo esce di papa Giovanni XXIII?

“Questo lavoro è un pò il distillato di tanti lavori precedenti e degli ultimi approfondimenti, delle ultime edizioni di testi inediti, è la sintesi della parabola umana e spirituale di Angelo Giuseppe Roncalli, anche con qualche sorpresa, ma è un’opera meno descrittiva e più interpretativa: l’originalità sta nell’aver dato risalto alla filigrana che le attraversa, al leit motiv che percorre tutte le tappe della vita di Roncalli: che è l’anelito alla santità, l’ impegno costante proiettato verso questo obiettivo la santificazione.

C’è un filo rosso che conduce da frasi da lui scritte quand’era giovane seminarista , ad esempio alla data 20 marzo 1898,’Mi sarei creduto di dover essere un santo a quest’ora, invece sono ancora un miserabile come prima. Di qui io devo profondamente umiliarmi’, o il 9 agosto dello stesso anno: ‘Devo procurare di raggiungere quel punto a cui sono giunti i santi’ o alla fine dell’anno quando annota in una preghiera alla Madonna: ‘Tu mi intendi, fammi umilissimo e sarò santissimo’, sino agli appunti redatti d a pontefice su questo tema.

Ad esempio meditando un giorno sull’elogio tributato dal ‘Breviario Romano’ a Sant’Eugenio papa (dove si legge ‘fu benevolo, mite e mansueto e, ciò che più conta, fu distinto per santità di vita’), quando scrisse e ‘non sarebbe bello arrivare almeno sin là?’ O in un’altra occasione quando annotò: ’Poiché dappertutto mi chiamano Santo Padre, come se questo fosse il mio primo titolo, ebbene, devo e voglio esserlo per davvero’. Non solo c’è un passaggio fondamentale nella sua vita. Cosa significasse davvero per Angelo Giuseppe Roncalli essere santo lo spiegò lui stesso nel dicembre 1907 durante una conferenza proprio per il III centenario della morte del cardinale Baronio, discepolo di san Filippo Neri:

‘Sapersi annientare costantemente, distruggendo dentro e intorno a sé ciò in cui altri cercherebbero argomento di lode innanzi al mondo mantener viva nel proprio petto la fiamma di un amore purissimo verso Dio, […] sacrificarsi per il bene dei propri fratelli, e nell’umiliazione, nella carità di Dio e del prossimo seguire fedelmente le vie segnate dalla Provvidenza[…]: tutta la santità sta qui’.

Come rivelano sia le prime pagine del suo Giornale dell’anima, sia le tante tracce della sua sintonia di giovane seminarista, non ancora sacerdote, con i superiori all’Apollinare, da Vincenzo Bugarini, a Francesco Pitocchi, furono loro ad aiutarlo a cercare nelle virtù dei santi ‘la sostanza e non gli accidenti’, ad invitarlo a non ricorrere modelli lontani dalla sua inclinazione, a cercare la santità restando se stesso, anche nelle piccole cose…

Ecco l’eredità sta nella piena consapevolezza per la Chiesa di guardare con simpatia al mondo moderno, con ottimismo, di capire il senso di una vita cristiana, e anche la possibile vocazione alla santità, che è traguardo possibile e non necessariamente qualcosa di sovraumano: la santità per Roncalli stava anche nelle piccole cose, fare bene il bene, vivere immerso nelle cose di Dio e non farsi assorbire dai miti del successo, della ricchezza, del potere usato per schiacciare gli altri.

A 50 anni e più dalla morte si canonizza Roncalli, si fissa il paradigma di una santità pubblica e privata al contempo: quella di un uomo che aveva deciso che occorreva ‘..dare tutto, sacrificarsi per il bene dei propri fratelli, e nell’umiliazione, nella carità di Dio e del prossimo [..] e scriveva: tutta la santità sta qui”.

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