Ricordando il maestro Mario Lodi, grande educatore dei bambini
Nei primi giorni di marzo è deceduto all’età di 92 anni il maestro Mario Lodi. Che strano risentire il titolo ‘maestro’, di cui andava fiero, in un tempo in cui anche la scuola invece di educare si è omologata alla tecnologia. Nei tempi universitari, quando forse avevo anche una certa velleità all’insegnamento, le opere di Maria Montessori, Mario Lodi e don Lorenzo Milani mi accompagnavano negli studi.
A lui si è ispirato il sacerdote di Barbiana per coinvolgere i suoi ragazzi nella scrittura della ‘Lettera a una professoressa’. Negli anni ’50 diventa esponente del Movimento di Cooperazione Educativa, un’associazione che, ispirandosi agli insegnamenti del pedagogista Célestine Freinet, voleva costruire le condizioni per un’educazione popolare, vista come garanzia per il rinnovamento civile e in senso democratico.
Con il denaro del Premio Internazionale LEGO, ricevuto nel 1989, fonda in una cascina a Drizzona, vicino a Piadena, la Casa delle Arti e del Gioco: un laboratorio dove si sperimentano, con la guida di esperti, tutti i linguaggi dell’uomo. Nella stessa sede sorge un Centro di Studi e Ricerche sulla cultura del bambino e una Pinacoteca dell’età evolutiva. La Casa delle Arti e del Gioco pubblica 67 libretti di racconti, favole, poesie di bambini elaborati con il computer che esprimono atteggiamenti e sentimenti positivi come la collaborazione, il rispetto per la natura e per l’uomo, la felicità. Una serie è dedicata a racconti e leggende di bambini extracomunitari.
Dal 1994 affronta il problema sociale dell’influenza negativa della televisione sui giovani, prima con il romanzo ‘La TV a capotavola’ e poi con la campagna ‘Una firma per cambiare la TV’ (oltre 550.000 firme raccolte e consegnate al Capo dello Stato). Un altro grande maestro, deceduto ad agosto 2012, Gianfranco Zavalloni, così scriveva in un articolo: “Per Mario Lodi la classe non è un luogo in cui il maestro va per trasmettere il suo sapere agli allievi. La concezione dell’uomo che ha Mario Lodi è quella ‘mutualistica’, quella ‘cooperativa’. Si impara insieme, si fa ricerca, si vive in comunità.
La scuola diviene allora un laboratorio in cui la comunità collabora e dove ognuno mette la sua parte, assumendosi le proprie responsabilità”. Il presidente del Centro Psico Pedagogico per la Pace, Daniele Novara, così lo ricorda: “Con Mario Lodi se ne va un pezzo dell’Italia migliore. Il testimone di una scuola dove i bambini sono protagonisti del loro apprendimento, dove il metodo asseconda la loro voglia di scoperta e di esplorazione. Ho avuto l’onore di firmare con Mario Lodi il libro dedicato ai diritti dei bambini ‘Alice nel paese dei diritti’, proprio pochi mesi fa, nel novembre 2013, il suo ultimo libro pubblicato. Maestro elementare, ha praticato durante tutta la sua esperienza professionale una scuola che ha restituito ai bambini la parola”.
Ad inizio dell’anno scolastico 2010, Mario Lodi ha scritto una lettera ai maestri e maestre per dire di essere orgogliosi del proprio lavoro e di amare i bambini, sottolineando che i problemi ai tempi del suo insegnamento erano più complessi: “Care maestre e cari maestri, mi è capitato spesso, in questo periodo, di ricevere lettere o telefonate da qualcuno di voi. La domanda che mi viene rivolta con maggiore insistenza è: ‘Come facciamo a insegnare, in tempi come questi?’.
I sottintesi alla domanda sono molti: il ritorno del ‘maestro unico’; classi sempre più affollate; bambini e bambine che provengono da altre culture e lingue e non sanno l’italiano etc. Anch’io, come voi, soprattutto nei primi anni della mia attività di maestro, mi ponevo interrogativi analoghi. Ho cominciato ad insegnare subito dopo la guerra. Le classi erano molto numerose. Capitava anche di avere bambini e bambine di età diverse. Forse qualcuno di voi ha la brutta sensazione di lavorare come dopo un conflitto: in mezzo a macerie morali e culturali, a volte causate dal potente di turno, ce n’erano anche quando insegnavo io, che pensa di sistemare tutto con qualche provvedimento d’imperio.
I vecchi contadini delle mie parti dicevano sempre che i potenti sono come la pioggia: se puoi, da essa, cerchi riparo; se no, te la prendi e cerchi di non ammalarti e, magari, di fare in modo che si trasformi in refrigerio e nutrimento per i tuoi fiori. Il mio augurio per il nuovo anno scolastico è questo: non sentitevi mai da sole e da soli! Prima di tutto ci sono i bambini e le bambine, che devono essere nonostante tutto al centro del vostro lavoro e che, vedrete, non finiranno mai di sorprendervi. Poi ci sono altre e altri che, come voi, si stanno chiedendo in giro per l’Italia quale sia ancora il senso di questo bellissimo mestiere. Capitò così anche a me, anche a noi.
Cercammo colleghe e colleghi che si ponessero le nostre stesse domande e fu così che incontrammo Giuseppe Tamagnini, Giovanna Legatti, Bruno Ciari e altre e altri con i quali costruimmo il Movimento di Cooperazione Educativa. Poi ci sono anche i genitori e le zie e i nonni dei vostri alunni e delle vostre alunne, che possono darvi una mano, se saprete, anche insieme a loro, rendere la scuola un luogo accogliente e bello, in cui ciascuno abbia il piacere e la felicità di entrare e restare assieme ad altri.
Non dimenticate che davanti al maestro e alla maestra passa sempre il futuro. Non solo quello della scuola, ma quello di un intero Paese: che ha alla sua base un testo fondamentale e ricchissimo, la Costituzione, che può essere il vostro primo strumento di lavoro. Siate orgogliosi dell’importanza del vostro mestiere e pretendete che esso venga riconosciuto per quel moltissimo che vale. Un abbraccio grande”.