Il papa in Giordania: il pellegrinaggio sul Monte Nebo e la prima pietra della nuova università
“Mosè contemplò la Terra Promessa da lontano, al termine del suo pellegrinaggio terreno. Il suo esempio ci ricorda che anche noi facciamo parte del pellegrinaggio senza tempo del Popolo di Dio lungo la storia.” Anche Benedetto XVI come Giovanni Paolo II si è fermato da solo qualche minuto a contemplare la valle del Giordano, e più oltre Gerusalemme. Sul Monte Nebo, nei ruderi della chiesetta bizantina che conserva il ricordo di Mosè, il papa medita sul senso stesso dell’ essere pellegrini.
“Anche noi, dice, come Mosè non vedremo il pieno compimento del piano di Dio nell’ arco della nostra vita. Ma “facendo la nostra piccola parte, nella fedeltà alla vocazione che ciascuno ha ricevuto, contribuiremo a rendere diritte le vie del Signore e a salutare l’alba del suo Regno.” La mattina sul Nebo c’è una nebbia e tira vento. Ma con l’ arrivo del papa arriva anche il sole che scalda i monti arsi e i wadi sassosi che circondano l’altura.
Un luogo di pellegrinaggio per gli ebrei che ricordano qui la promessa di una terra dove tornare dopo l’ esilio d’ Egitto. Un luogo di pellegrinaggio per i cristiani. Una Tradizione che il papa vuole “continuare e confermare”. Tra le colonne bizantine della chiesa a cielo aperto, tra suore e frati della Custodia di Terra Santa, con giovani e bambini delle parrocchie vicine, il papa dice: “Qui, sulle orme degli innumerevoli pellegrini che ci hanno preceduto lungo i secoli, siamo spinti, quasi come in una sfida, ad apprezzare più pienamente il dono della nostra fede e a crescere in quella comunione che trascende ogni limite di lingua, di razza e di cultura. L’antica tradizione del pellegrinaggio ai luoghi santi ci ricorda inoltre l’inseparabile vincolo che unisce la Chiesa al popolo ebreo. Sin dagli inizi, la Chiesa in queste terre ha commemorato nella propria liturgia le grandi figure dell’Antico Testamento, quale segno del suo profondo apprezzamento per l’unità dei due Testamenti.
Possa l’odierno nostro incontro ispirare in noi un rinnovato amore per il canone della Sacra Scrittura ed il desiderio di superare ogni ostacolo che si frappone alla riconciliazione fra Cristiani ed Ebrei, nel rispetto reciproco e nella cooperazione al servizio di quella pace alla quale la Parola di Dio ci chiama!” Un anticipo sui temi che affronterà in Israele prima di scendere le scale che portano dalla chiesa al balcone sulla vallata di Gerico, del Mar Morto, di Betlemme. Il papa vede i giornalisti assiepati e saluta con il suo tono sereno e con un sorriso. Padre Alliata , il francescano che raccolto l’ eredità spirituale ed archeologica di Michele Piccirillo, che il pap ha ricordato nel suo discorso, mostra il panorama al papa. Il sole ha aperto il sipario della nebbia. Bendetto XVI che dopo la preghiera in Chiesa ha dato la benedizione di Aronne, si assenta come per entrare a pieno nello spirito del luogo.
Pochi minuti poi di nuovo nella papamobile per essere festeggiato dai canti dei bambini. Ai giovani è dedicata la seconda tappa del giorno.
La benedizione della prima pietra della università del Patriarcato latino a Madaba è una occasione per Benedetto XVI di parlare del ruolo centrale dell’ educazione nello sviluppo della pace e del dialogo. “L’università di Madaba saprà sicuramente tenere presenti tre importanti obiettivi. Nello sviluppare i talenti e le nobili predisposizioni delle successive generazioni di studenti, li preparerà a servire la comunità più ampia ed elevarne gli standard di vita. Trasmettendo conoscenza ed istillando negli studenti l’amore per la verità, promuoverà grandemente la loro adesione ai valori e la loro libertà personale. Da ultimo, questa stessa formazione intellettuale affinerà i loro talenti critici, disperderà l’ignoranza e il pregiudizio, e li assisterà nello spezzare gli incantesimi creati da ideologie vecchie e nuove. Il risultato di tale processo è un’università che non è soltanto una tribuna per consolidare l’adesione alla verità e ai valori di una specifica cultura, ma anche un luogo di comprensione e di dialogo.
Mentre assimilano la loro eredità culturale, i giovani della Giordania e gli altri studenti della regione saranno condotti ad una più profonda conoscenza delle conquiste dell’umanità, e saranno arricchiti da altri punti di vista e formati alla comprensione, alla tolleranza e alla pace. Questo tipo di educazione “più ampia” è ciò che ci si aspetta dalle istituzioni dell’educazione superiore e dal loro contesto culturale, sia esso secolare o religioso. In realtà, la fede in Dio non sopprime la ricerca della verità; al contrario l’incoraggia.” E ricorda che la scienza ha comunque bisogno dell’etica, e che la formazione morale ha bisogno anche di formazione morale. E il grazie del papa va in particolare alla regina Rania attiva nell’ espandere e migliorare l’ educazione. La “ sua dedizione è motivo di ispirazione per molti.” In Giordania la educazione offerta nelle scuole cattoliche è un esempio per molte istituzioni private e pubbliche, e la nascita di una università cattolica risponde alle esigenze non solo dei cristiani ma di tutte le famiglie giordane. Amman come tutto il paese sta conoscendo un momento di intenso sviluppo economico grazie alla stabilità politica del regno di AbdullahII. Una rarità in un territorio segnato da secoli di conflitti e tensioni politiche.
Anche per questo lo sviluppo educativo ha un grande significato e la Chiesa cattolica svolge un ruolo preciso in questo. Ruolo che deriva anche dalle vicende storiche del cristianesimo in Oriente. Il papa lo ha poi ricordato nella omelia dei Vespri celebrati nella Cattedrale greco-melchita di Amman. Un rito ricco di suggestioni patristiche e bibliche. “L’antico tesoro vivente delle tradizioni delle Chiese Orientali, dice il papa, arricchisce la Chiesa universale e non deve mai essere inteso semplicemente come oggetto da custodire passivamente.” In mozzetta bianca secondo il tempo liturgico della Pasqua che qui segue anche per i latini il calendario giuliano, ilpapa ha salutato un piccolo gruppo di fedeli nel cortile dell’ edificio, poi l’ entrata in processione nella cattedrale affollatissima. Più di mille i presenti che svontolavano le bandiere vaticana e giordana. Ancora un bagno di folla per il papa che ringrazia per le “numerose iniziative di universale carità si estendono a tutti i Giordani – Musulmani e di altre religioni – ed anche al vasto numero di rifugiati che questo regno accoglie così generosamente.” E l’ impengo dei cristiani si rivolge a tutti. “Spesso, dice, voi scoprite che le famiglie di altre religioni, per le quali voi lavorate e offrite il vostro servizio di carità universale, hanno preoccupazioni e difficoltà che oltrepassano i confini culturali e religiosi. Ciò è particolarmente avvertito per quanto riguarda le speranze e le aspirazioni dei genitori per i loro bambini.
Quale genitore o persona di buona volontà non si sentirebbe turbato di fronte agli influssi negativi così penetranti nel nostro mondo globalizzato, compresi gli elementi distruttivi dell’industria del divertimento che con tanta insensibilità sfruttano l’innocenza e la fragilità della persona vulnerabile e del giovane? Tuttavia, con i vostri occhi fissi su Cristo, la luce che disperde ogni male, ripristina l’innocenza perduta, ed umilia l’orgoglio terreno, porterete una magnifica visione di speranza a tutti quelli che incontrate e servite.” Il patriarca greco melchita di Terra Santa nel suo saluto iniziale ha ribadito la necessità di una patria per i palestinesi, e di dignità per tutti e ha portato al papa la fede di tutti i cattolici del Medio Oriente. Benedetto XVI , rompendo il protocollo,lo ha abbracciato a lungo.
Un’ultima pulita alla Papamobile. Foto Angela Ambrogetti