Il papa in Giordania: “Vengo pellegrino di pace”. L’accoglienza del re e la visita al “Regina Pacis”

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Per la Giordania è la conferma di un ruolo. Quello di mediatore in un conflitto antico e sempre tragicamente nuovo. La pace in Medio Oriente può passare ancora per la terra da dove Mosè vide la Terra Promessa. E anche oggi, da alcuni punti della città di Amman, da lontano si vedono le luci della Città Santa: Gerusalemme. Sono meno di 40 chilometri in linea d’ aria, ma la storia divide le due sponde del Giordano con una frattura non solo geografica. ll Papa viene anche per cercare ancora una volta di ricordare la unicità di tre fedi che faticano da sempre a capirsi, ma che oggi più che mai hanno voglia di farlo.

Nel suo primo discorso in Giordania lo ha detto subito al re Abdullah II. Questa  è “una terra tanto ricca di storia, patria di così numerose antiche civiltà, e profondamente intrisa di significato religioso per Ebrei, Cristiani e Musulmani.” E il suo grazie non è solo formale. ulla pista la regina e il re  vanno incontro al papa che sorride scendendo la scaletta. 20 salve di cannone , gli inni e una parata dei corpi storici in galabiha marrone e kefia rossa e bianca accolgono un papa entusiasta. Tra le autorità religiose anche il patriarca irakeno Delly.

 La cerimonia di benvenuto all’aeroporto. Foto Radio vaticana

Decine di persone nel padiglione appositamente preparato per l’ evento ascoltano il papa che ricorda che il suo è  un pellegrinaggio “per venerare i luoghi santi che hanno avuto una così importante parte in alcuni degli eventi chiave della storia Biblica.”  Ma non solo, il papa benedice molte  “prime pietre”, benedice nuove chiese ed università come quella di Madaba voluta espressamente dal patriarca latino Twal originario proprio di questa città simbolo della storia della Giordania.  “La possibilità che la comunità cattolica di Giordania possa edificare pubblici luoghi di culto, ha detto il papa nel suo primo discorso, è un segno del rispetto di questo Paese per la religione e a nome dei Cattolici desidero esprimere quanto sia apprezzata questa apertura. La libertà religiosa è certamente un diritto umano fondamentale ed è mia fervida speranza e preghiera che il rispetto per i diritti inalienabili e la dignità di ogni uomo e di ogni donna giunga ad essere sempre più affermato e difeso, non solo nel Medio Oriente, ma in ogni parte del mondo.”

E il grazie del papa parte proprio da qui, anche per la Lettera per un Mondo Comune, che qui è per tutti il “Messaggio di Amman”, voluto dal principe Ghazi. Una occasione per “esprimere il mio profondo rispetto per la comunità Musulmana, dice il papa,  e di rendere omaggio al ruolo di guida svolto da Sua Maestà il Re nel promuovere una migliore comprensione delle virtù proclamate dall’Islam. Ora che sono passati alcuni anni dalla pubblicazione del Messaggio di Amman e del Messaggio Interreligioso di Amman, possiamo dire che queste nobili iniziative hanno ottenuto buoni risultati nel favorire n’alleanza di civiltà tra il mondo Occidentale e quello Musulmano, smentendo le predizioni di coloro che considerano inevitabili la violenza e il conflitto. In effetti, il Regno di Giordania è da tempo in prima linea nelle iniziative volte a promuovere la pace nel Medio Oriente e nel mondo, incoraggiando il dialogo inter-religioso, sostenendo gli sforzi per trovare una giusta soluzione al conflitto Israeliano-Palestinese, accogliendo i rifugiati dal vicino Iraq, e cercando di tenere a freno l’estremismo.”  Un grazie al re Hussein, simbolo della Giordania moderna che con “gli sforzi d’avanguardia a favore della pace nella regione” ha indicato il cammino da seguire. “Possa il suo impegno per la soluzione dei conflitti della regione continuare a portar frutto nello sforzo di promuovere una pace durevole e una vera giustizia per tutti coloro che vivono nel Medio Oriente.” Il re ha salutato il papa ricordando le radici comuni di Islam e cristianesimo, la base del nostro dialogo ha detto è l’ amore di Dio e del prossimo. Ribadito anche l’ impegno a difendere la libertà di culto per i pellegrini nei luoghi santi e ha ricordato la annosa questione palestinese, e la necessità della pace.

E’ ancora una volta l’ amore la parola chiave del pontifica di Benedetto XVI, a segnare la linea del viaggio del papa. “Nel Seminario tenutosi a Roma lo scorso autunno presso il Foro Cattolico-Musulmano, i partecipanti hanno esaminato il ruolo centrale svolto, nelle nostre rispettive tradizioni religiose, dal comandamento dell’amore. Spero vivamente che questa visita e in realtà tutte le iniziative programmate per promuovere buone relazioni tra Cristiani e Musulmani, possano aiutarci a crescere nell’amore verso Dio Onnipotente e Misericordioso, come anche nel fraterno amore vicendevole”. Un amore che diventa concreto nella seconda tappa giordana della visita del papa. Il Centro Regina pacis fondato dal Patriarcato latino di Gerusalemme. Questa volta gli ospiti sono cristiani. Mons. Salim Sayegh,Vicario del  Patriarcato per Amman se ne occupa attivamente. Inaugurato il 15 aprile 2004 è sostenuto in buona parte dalla solidarietà internazionale, da  Ong, associazioni cattoliche e diocesi. Cura, riabilitazione gratuita, e inserimento professionale  per  i giovani portatori di handicap prevengono la esclusione sociale, grave piaga soprattutto tra i giovani. In un paese dove la popolazione supera i 5,7 milioni di abitanti. Il 53% sono giovani al di sotto dei 19 anni e il 10% di loro è portatore di handicap. Anche Michel Sabbah nella sua lettera di congedo scriveva: “Attorno a questo servizio, in effetti, si è sviluppato un importante dialogo di vita musulmano-cristiano nelle diverse città della Giordania.” Fu Giovanni Paolo il 21 marzo del 2000 al termine della messa allo stadi di Amman a benedirne la prima pietra.

 

Il papa incontra il mondo della Sofferenza del centro Regina Pacis. Foto Radio vaticana 

L’INCONTRO CON IL MONDO DELLA SOFFERENZA. “Benvenuto Benedetto in Giordania” cantano, in italiano tutti i cristiani raccolti nella chiesetta del centro e nel piazzale confondendo la note di marcette militari con i canti religiosi. Qualche migliaio di persone con bandiere  e striscioni.  “Ognuno di noi è un pellegrino. Siamo tutti proiettati in avanti, risolutamente, sulla via di Dio. Naturalmente, tendiamo poi a volgere lo sguardo indietro al percorso della vita – talvolta con rimpianti o recriminazioni, spesso con gratitudine ed apprezzamento – ma guardiamo anche avanti – a volte con trepidazione o ansia, sempre con attesa e speranza, sapendo che ci sono anche altri ad incoraggiarci lungo la strada. So che i viaggi che hanno condotto molti di voi al Centro Regina Pacis sono stati segnati da sofferenza o prove.” Ed ha aggiunto: “A volte è difficile trovare una ragione per ciò che appare solo come un ostacolo da superare o anche come prova – fisica o emotiva – da sopportare. Ma la fede e la ragione ci aiutano a vedere un orizzonte oltre noi stessi per immaginare la vita come Dio la vuole.”  Un vero bagno di folla per il papa  che ha stretto centinai di mani avvolte nelle sciarpe bianche e rosse con gli stemmi del papa e della Giordania. “Io, ha detto,  vengo semplicemente con un’intenzione, una speranza: pregare per il regalo prezioso dell’unità e della pace, più specificamente per il Medio Oriente. La pace per gli individui, per i genitori e i figli, per le comunità, pace per Gerusalemme, per la Terra Santa, per la regione, pace per l’intera famiglia umana; la pace durevole generata dalla giustizia, dall’integrità e dalla compassione, la pace che sorge dall’umiltà, dal perdono e dal profondo desiderio di vivere in armonia come un’unica realtà.

 

Foto Radio vaticana

La preghiera è speranza in azione. Ed infatti la vera ragione è contenuta nella preghiera: noi entriamo in contatto amoroso con l’unico Dio, il Creatore universale, e nel fare così giungiamo a renderci conto della futilità delle divisioni umane e dei pregiudizi e avvertiamo le meravigliose possibilità che si aprono davanti a noi quando i nostri cuori sono convertiti alla verità di Dio, al suo progetto per ognuno di noi e per il nostro mondo.” Dedicato alla sofferenza  il passaggio finale del discorso: “Nelle nostre personali prove, e stando accanto agli altri nelle loro sofferenze, cogliamo l’essenza della nostra umanità, diventiamo, per così dire, più umani. E incominciamo ad imparare che, su un altro piano, anche i cuori induriti dal cinismo o dall’ingiustizia o dalla riluttanza a perdonare non sono mai al di là del raggio d’azione di Dio, possono essere sempre aperti ad un nuovo modo di essere, ad una visione di pace. Vi esorto tutti a pregare ogni giorno per il nostro mondo.”

IN AEREO. Nella consueta conferenza stampa in aereo il papa aveva anche ricordato che la minoranza cristiana d’Iraq, dei territori palestinesi, del Libano non deve fuggire il Medio Oriente nonostante le difficoltà e le persecuzioni: “E’ un momento difficile, ma anche un momento di speranza di un nuovo inizio, di un nuovo slancio per la pace”, ha detto Benedetto XVI “Vogliamo soprattutto incoraggiare i cristiani in Terra Santa e del Medio Oriente a rimanere e contribuire a loro modo sono i paesi delle loro origini, loro sono una componente importante della cultura e della vita di questa regione”.

Il dialogo con ebrei e musulmani deve proseguire,  ha ricordato anche il papa. “L’importante è che in realtà abbiamo al stessa radici, gli stessi libri dell’antico testamento, libri di rivelazione sia per gli ebrei che per noi. Naturalmente, dopo duemila anni di storie distinte, anzi separate, non è da meravigliarsi che ci siano malintesi”. Per il Papa “dobbiamo fare di tutto per imparare l’uno il linguaggio dell’altro. Impariamo dunque dall’altro, e sono sicuro e convinto – ha detto Ratzinger – che facciamo progressi e questo aiuterà anche alla pace. Anzi all’amore reciproco”.

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