Le tre tentazioni

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Si usa chiamare “tempo forte” il tempo di Quaresima. Lo è certamente se si tiene conto delle “forti” proposte che vengono fatte ai credenti per configurarsi sempre più a Cristo. Insieme a “forte”, piace anche denominarlo “tempo della primavera”, non solo per la coincidenza della Pasqua con la stagione primaverile, ma anche per l’autentica primavera dello spirito umano che si sente rinascere quando avverte il fluire di una nuova linfa. E’ sempre Cristo, il Verbo di Dio, fattosi carne della nostra umana natura, che ci infonde la nuova linfa. Egli, infatti, ci nutre con la sua Parola e il suo Corpo immolato e ci disseta col suo Sangue versato, all’interno della Chiesa, suo Corpo, sua Sposa.

La prima domenica di Quaresima ci fa contemplare il brano evangelico delle tentazioni di Gesù. Esse sono paradigmatiche delle tentazioni che ogni creatura umana conosce e sperimenta quotidianamente.

Lo stesso Spirito, il soffio creatore di Dio che era disceso su Gesù nel battesimo, ora lo dirige nel compimento della sua missione che inizia nel deserto delle tentazioni. Guiderà anche la Chiesa uscita dal vortice della Pentecoste e inviata in tutto il mondo.

L’evangelista Matteo ci narra le tre tentazioni costruendole parallelamente su quelle che il popolo ebraico subì nel deserto. In tal modo ci fa comprendere che Gesù e i cristiani proseguono lo stesso itinerario per raggiungere la terra della libertà dopo essere stati liberati dalla schiavitù e vivere da libero popolo di Dio. Matteo, come anche Luca, ci presenta le tentazioni in modo teologico volendo così premunire il cristiano contro le tentazioni dei falsi messianismi. Rivivendo la storia d’Israele, in particolare quella dell’Esodo e delle tentazioni nel deserto, Gesù, attingendo la forza dalle Scritture, vince satana ed esce vittorioso dalla prova: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Dt 8,3).

Gesù, come il suo popolo ebreo, viene condotto nel deserto. La terra promessa della liberazione e della risurrezione si può raggiunge dopo il cammino faticoso e drammatico dei quarant’anni di deserto. Gesù ha fame e satana lo invita al miracolo del trasformare le pietre in pane. Il diavolo ha lo stesso volto del serpente tentatore della Genesi. E’ il manipolatore delle Scritture, l’ingannatore subdolo che seduce, ma solo il Figlio di Dio riesce a smascherarlo e a vincerlo. Satana lo istiga a seguire la via del messianismo glorioso, fondato sul prodigio materialistico e sul facile consenso della folla applaudente. Gesù risponde dimostrando che, nonostante le difficoltà, la fiducia in Dio dev’essere assoluta e totale. E’ la lezione che Dio dà al suo popolo pellegrino nel deserto, esortandolo a superare la tentazione del pane legata soltanto alla materialità delle cose.

La seconda tentazione è collegata a Esodo 17. Il popolo sfida Dio preferendo la schiavitù inumana del faraone, al cammino rischioso e drammatico della libertà. La risposta di Gesù è inequivocabile e decisa: egli è il Figlio obbediente al Padre (cf Dt 17-19). Gesù, oltre a rifiutare la via messianica di una salvezza fatta soltanto di benessere terrestre, rifiuta anche la via del messianismo miracolistico e spettacolare, da scoop religioso, col buttarsi innocuo dal pinnacolo del tempio per l’applauso pubblicitario: Non metterai alla prova il Signore tuo Dio (Dt  6, 16). E’ vero che la fede è un “salto nel vuoto”, ma Gesù insegna che la vera fede è un tuffarsi sicuro nella fiducia in Dio.

L’ultima tentazione è collegata a Mosè quando nel deserto sale sul Sinai per l’incontro con Dio.

Mentre tarda a scendere dal monte, il popolo si costruisce un vitello d’oro per adorarlo (Es 32, 1-10; Dt 6, 13-15). In tal modo i figli d’Israele si rendono schiavi della falsità allontanandosi da Dio e illudendo se stessi. Gesù si è incarnato per iniziare il regno di Dio in terra ma satana vuole dominare sempre su tutti i regni della terra. Gesù lo caccia subito via affermando che solo Dio è l’unico Signore: Non avrai altri dèi di fronte a me, afferma la legge deuteronomica (Dt 5,7), perciò: Adorerai il Signore, Dio tuo, a lui solo renderai culto (Dt 6,13). L’unica e vera tentazione è sempre l’idolatria. Le tre tentazioni di Gesù sono tipico esempio di vittoria contro l’idolatria.

Prima di annunziare il Regno di Dio, Gesù prega e digiuna. Prima di entrare nella vita pubblica, va nel deserto. Prima d’immergersi nella folla, si chiude nella solitudine. Prima di andare in cerca degli uomini, va in cerca del volto del Padre che è il primo e assoluto dovere dell’uomo: cercare Dio, trovare Dio, aderire a Dio e abbandonarsi a Lui amandolo sopra ogni cosa. Gesù è tentato nel deserto della solitudine, fatta preghiera. Egli è cosciente di essere Figlio di Dio, ma proprio su questo, punta il demonio: se sei Figlio di Dio non puoi avere fame, non puoi essere debole e povero, privo di un pezzo di pane; non puoi essere persona senza importanza e senza incidenza non avendo su chi comandare per essere servito, non puoi non fare spettacolo per far vedere agli altri chi realmente sei. Insomma, piuttosto che adorare Dio e rendergli culto, s’inseguono idoli, “vane parvenze”. Bisogna, allora, farsi solidali con Gesù che, incarnandosi, si è fatto solidale con l’uomo anche nel rischio della libertà e, superando le tentazioni, ha insegnato a fare solo quelle scelte secondo il progetto di Dio.

In effetti, nelle tre tentazioni sataniche, Gesù non si è trovato di fronte alla scelta tra la gloria di Dio o il potere terreno. Satana lo istiga ad accumulare ricchezze o altro per metterli a servizio dell’annunzio evangelico. Lo spinge a raggiungere il potere con tutti i mezzi per poi servirsene a gloria di Dio. Gli suggerisce di fare spettacolo per attrarre gli altri verso Dio. In realtà, Gesù e satana si appellano alla stessa Scrittura, ma con prospettive opposte. Respingendo la tentazione, Gesù ci richiama ad adorare Dio e a Lui solo professare il vero culto. Egli risponde come ogni uomo può e deve rispondere: che bisogna vivere del pane di Dio, che non è lecito tentare Dio, che bisogna servire solo Dio.

C’è il rischio che anche il culto può essere inquinato da strane forme d’idolatria mascherata da solennità. Si cede all’idolatria satanica ogniqualvolta nella divina Liturgia si ascolta la parola di Dio e poi, con la vita, si cantano le modulazioni del mondo lontano da Dio. Il cuore dell’uomo, per palpitare d’amore, non può appoggiarsi sulle “vane parvenze”, ma soltanto sul Dio Uno e Trino, vivo e vero. Gesù, nostro unico Maestro e Signore, continua sempre a istruirci che ogni gesto idolatrico è falso culto che distrugge la Libertà, la Verità, la Profezia e la Carità. Non possiamo rivolgerci a Cristo con le parole di satana: Se tu sei il Figlio di Dio, ma con la professione di fede di Pietro: Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivo! Allora, saremo avvolti dall’amore del Padre che, nel Figlio, ci dirà: tu sei mio figlio, io ti ho amato d’amore eterno.

 

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