Francesco Belletti, presidente del Forum delle Famiglie, spiega i diritti della famiglia

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I diritti della famiglia sono oggi seriamente minacciati in molti modi e un po’ ovunque. Vecchie e nuove fragilità interne si combinano con attacchi provenienti dall’esterno: povertà, movimenti migratori, precarietà del lavoro, persecuzioni religiose rendono la vita familiare particolarmente difficile. A questi fattori si aggiunge la sfida antropologica e valoriale di una società schiacciata dalla mercificazione delle relazioni e delle persone: i legami sembrano perdere progressivamente significato; sembrano vincere il consumismo, il relativismo, l’individualismo.

Eppure famiglia e società sono legate indissolubilmente da diritti e doveri. Per una maggiore consapevolezza dei diritti della famiglia il sociologo Francesco Belletti, presidente nazionale del Forum delle Famiglie e direttore del CISF (Centro Internazionale Studi Famiglia) di Milano e la dott.ssa Gabriella Ottonelli, sociologa ed esperta di analisi e consulenza organizzativa in enti pubblici e privati, profit e no profit, che nella vita sono anche marito e moglie, hanno scritto un libro a quattro mani intitolato ‘I diritti della famiglia. Solo sulla Carta?’, edito in occasione del trentennale della promulgazione della Carta dei diritti della famiglia (1983).

Il libro racconta come sia possibile trasformare i ‘diritti sulla carta’ in diritti concreti della famiglia.Perché i diritti della famiglia restano ancora sulla Carta?
“In effetti rileggere la Carta dei Diritti della Famiglia, lanciata nel 1983, dopo oltre trent’anni, fa una certa impressione, perché ci si confronta con una incredibile attualità, per tutti i temi e i nodi elencati, e contemporaneamente è immediatamente evidente quanto questi valori, questi diritti, questi nodi non siamo stati affatto affrontati, né nello scenario internazionale, né tantomeno nel nostro Paese.

Ad esempio è sorprendente l’attenzione, quasi profetica, alle famiglie migranti e al ricongiungimento familiare (art. 12), nel 1983, quando in Italia nessuno pensava che saremo diventati Paese di destinazione dei movimenti migratori, ma è sconfortante la percezione di quanto poco si sia fatto, su questo specifico ambito, per attuare quell’articolo, anche oggi, dopo anni ed anni di ‘emergenza immigrazione’, e con oltre 5.000.000 di stranieri che vivono, lavorano, amano, soffrono e sperano insieme a noi, gomito a gomito nelle stesse piazze, nelle stesse aziende, nelle stesse scuole.

Ma rispondere al ‘perché’ è un po’ più difficile che puramente constatare la scarsa attuazione della Carta; forse si potrebbe dire, con estrema sintesi, ma senza molto errore, che i diritti della famiglia sono rimasti senza risposta, e tuttora non sono esigibili, perché sono i diritti più elementari, sono diritti solidaristici difendono gli ultimi, le persone senza voce, i senza potere, che in effetti proprio nella famiglia, troppo spesso, trovano l’unico rifugio, e che quindi, quando la famiglia si sfilacciano si rompe, patiscono sofferenze molto più gravi.

Insomma, i diritti della famiglia non interessano i potenti della terra, e i governi non hanno mai fatto molto per chi potente non è”.

20 anni fa l’ONU celebrava l’Anno Internazionale della Famiglia: è cambiato qualcosa?
“L’attenzione delle Nazioni Unite alla famiglia è stata sicuramente preziosa, in questo ventennio, ma non dappertutto ha avuto lo stesso impatto e la stessa efficacia; in molti Paesi in via di sviluppo è stata una grande occasione per riportare al centro la famiglia come risorsa e come soggetto economico, sociale, come grande risorsa di solidarietà e di educazione.

Tuttavia, proprio negli stessi Paesi, questa stessa attenzione ha comportato interventi nei colonialisti di asservimento valoriale ed economico; spesso gli aiuti internazionali sono stati subordinati all’adozioni di ferree politiche antinatalistiche (arrivando anche a campagne di sterilizzazioni di massa, a volte forzate), o a scelte economiche che hanno spazzato via, a volte in modo irreversibile, modalità di produzione e stili di vita in cui la famiglia era centrale, a favore di fenomeni di inurbamento e di industrializzazione che hanno spezzato tutti i legami sociali. E per primi i legami familiari. Arma a doppio taglio, quindi, all’attenzione dell’ONU alla famiglia.

Poi c’è la situazione italiana, che documenta invece la crescente impermeabilità del nostro sistema politico-amministrativo a qualunque stimolo che non abbia l’obiettivo dell’autoconservazione. Ad esempio, la proposta di rendere il 15 maggio Giornata Nazionale della famiglia, con un provvedimento poco più che simbolico e a costo zero per le finanze pubbliche, come le Nazioni Unite avevano proposto, è stata pervicacemente respinta o ignorata, con una tenacia degna di miglior causa, da tutti i Governi che si sono succeduti dal 1994 ad oggi.

Nonostante le ricorrenti richieste del Forum delle associazioni familiari, che di fatto è l’unico soggetto che, con regolarità, celebra il 15 maggio con convegni, incontri ed eventi pubblici, ai quali Ministri, parlamentari, amministratori e opinion makers partecipano volentieri, ma senza mai inserire questo piccolo segnale di interesse alla famiglia nella propria agenda di priorità”.

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