Le visioni di Lawrence Alma Tadema

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Fino al 5 giugno 2014 si può visitatore al Chiostro del Bramante a Roma la mostra “Alma Tadema e i pittori dell’800 inglese”. L’allestimento davvero suggestivo e piacevole – come ci ha abituati il Chiostro – propone 50 dipinti della straordinaria collezione di opere dʼarte, dal XV al XXI secolo, che Juan Antonio Pérez Simón sta riunendo a Città del Messico, da una trentina dʼanni a questa parte. In particolare, grazie allʼacquisizione di capolavori come Le rose di Eliogabalo di Alma-Tadema, Il quartetto di Moore, Ragazze greche raccolgono ciottoli sulla riva del mare di Leighton, lʼAndromeda di Poynter o La sfera di cristallo di Waterhouse, Pérez Simón è entrato a far parte del ristretto gruppo di collezionisti internazionali che hanno salvato dallʼoblio una pittura ingiustamente disprezzata per quasi un secolo. Ci riferiamo a Lawrence Alma Tadema (1836-1912, pittore olandese poi naturalizzato inglese) e agli altri pittori inglesi della seconda metà dell’800, per lo più detti “vittoriani”. 

Si tratta di un affascinante segmento di storia della pittura che è – peraltro – apparso in mostra di recente qui a Roma all’interno di progetti espositivi diversi: dal primo Rinascimento all’orientalismo, dal neoclassicismo al simbolismo di fine ‘800. Il preraffaellismo fu movimento artistico specificamente britannico, caratterizzato da una forte attrazione verso i maestri del tardo Medioevo e del Rinascimento italiano e per i temi della letteratura romanza britannica. L’Italia è sullo sfondo ma congiunta al Medioevo sassone: vestigia che la moderna civiltà urbana stava trasferendo dalla storia del passato alla virtualità presente dell’arte e dello spettacolo.

Millais e Rossetti, Arthur e Talbot Hughes, Burne-Jones e poi John Strudwick, Simeon Solomon e John William Waterhouse sono i nomi in mostra. Una pittura che è sembrata per decenni decorativa e fantasy, ma che ha influenzato tutt’intero il Novecento fin nel design, nella grafica pubblicitaria, nel cinema e nel fumetto. In Italia, tra i pittori di quella temperie tra Ottocento e Novecento, vengono alla memoria De Carolis, Previati, Dalbono e Sartorio.

Tra i Vittoriani, la corrente dellʼEstetismo, con il suo ideale della bellezza formale e dellʼarmonia visiva dellʼopera pittorica, rappresenta allo stesso tempo un passo indietro e due avanti nella storia della pittura: la tecnica è quella dei Maestri del Rinascimento ma i contenuti sono già quelli della percezione moderna: scissa fra sentimento e forma, fra epifanìe della società di massa e nostalgie di un mondo scomparso.

La visionarietà dell’arcaico – dall’Antico al Gotico – giunge allʼapoteosi e alla leggenda nel capolavoro – qui in mostra – di Alma Tadema “Le rose di Eliogabalo”, una tela colossale esposta alla Royal Academy nel 1888 e ispirata alla Historia Augusta (IV sec. d.C.) ma anche al romanziere Huysman e poi riflessa nei sentimenti dei decadenti: Oscar Wilde, Gabriele DʼAnnunzio e Marcel Proust. Al centro della raffigurazione dei Vittoriani cʼè sempre la donna: musa o modella, femme fatale, eroina dʼamore, strega, incantatrice, principessa: un essere angelicato posto al bivio tra salvazione e tentazione. Donne che sono nostalgiche evocatrici di un universo femminile idealizzato e che la modernità stava rapidamente cancellando nella nuova condizione della donna borghese e operaia.

L’iconografia classicista, quindi, non deve trarre in inganno. Il visitatore, nei riferimenti alle vesti sontuose, ai corpi e ai fiori, alla musica fino agli arredi e ai paesaggi antichi dei dipinti di Alma Tadema e degli altri pittori di fine ‘800 scorgerà la fortissima presenza della nostra corporeità. Una corporeità e una sensualità che venivano rivendicate proprio mentre le Avanguardie esploravano le nuove dimensioni percettive schiuse dalla tecnologie della Seconda rivoluzione industriale. Se gli artisti che proporranno l’Avanguardia frequentavano le “Esposizioni universali” in cui aleggiava il “Mito del XX secolo” i Vittoriani e i simbolisti preparavano la corrente esoterica che avrebbe conservato l’antico dentro il contemporaneo.

Nella foto: John William Godward, “Classical Beauty” 1892.

 

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