Ucraina: le Chiese sostengono il popolo

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Ritorna la protesta in Ucraina e le strade del centro di Kiev si macchiano di sangue: almeno 100 i morti tra polizia e manifestanti nei giorni scorsi nella capitale, ma il bilancio è destinato a salire ulteriormente.

Infatti centinaia di poliziotti in assetto antisommossa hanno assaltato in serata Maidan Nezalezhnosti, la piazza Indipendenza da tre mesi cuore della rivolta antigovernativa. Un copione che si è ripetuto più volte a Kiev nelle ultime settimane. Purtroppo la situazione rischia di sprofondare in una guerra civile.

Anche papa Francesco, durante la catechesi del mercoledì, ha rivolto un appello affinché cessino le violenze: “Con l’animo preoccupato seguo quanto in questi giorni sta accadendo a Kiev. Assicuro la mia vicinanza al popolo ucraino e prego per le vittime delle violenze, per i loro familiari e per i feriti. Invito tutte le parti a cessare ogni azione violenta e a cercare la concordia e la pace del Paese”.

E da Sochi Sergei Bubka, ex campione dell’asta ora presidente del comitato olimpico ucraino, esprimendo ‘il cordoglio per le vittime’ ha invocato la tregua olimpica: “Sono scioccato per quanto sta avvenendo nel mio paese, in particolare per il fatto che le violenze hanno avuto luogo durante le Olimpiadi. Faccio un appello a tutte le parti: si ricordi la tradizione della tregua olimpica di deporre le armi”. Amnesty International sta monitorando le violenze in corso nel centro della capitale dell’Ucraina tra manifestanti antigovernativi e forze di sicurezza.

John Dalhuisen, direttore del Programma Europa e Asia Centrale di Amnesty International, ha dichiarato: “La drammatica escalation della violenza nelle ultime 24 ore è profondamente allarmante. Di fronte al prevalere dell’opzione violenta, chiediamo a tutte le parti d’impegnarsi a raffreddare la tensione e fermare la violenza. L’abuso della forza da parte della polizia negli ultimi mesi ha alimentato le fiamme della protesta che va avanti in piazza Indipendenza. Le autorità ucraine devono evitare di attizzarla ulteriormente.

La risposta delle forze di polizia nei confronti dei manifestanti violenti deve essere proporzionata e mirata e il diritto di manifestazione pacifica va rispettato. Gli innumerevoli abusi da parte degli agenti di polizia possono essere visti in alcuni video. Un video del 23 gennaio mostra agenti di polizia spogliare, picchiare e umiliare un manifestante. Un altro video mostra almeno tre ufficiali Berkut picchiare crudelmente almeno due manifestanti sul colonnato dello stadio Dynamo. Secondo il procuratore generale, 234 manifestanti sono stati arrestati in Ucraina, 140 di questi sono ora in detenzione preventiva, in attesa di processo”.

Inoltre nella piazza dell’Indipendenza rappresentanti delle confessioni religiose celebrano la messa a turno, invitati dai leader dell’opposizione. Le Chiese condannano le violenze di piazza e chiedono ai politici di trovare una soluzione pacifica alla crisi sociale: “Non potevamo rimanere a guardare, dovevamo schierarci dalla parte della gente”. Il conflitto a Kiev è stato scatenato dal dietrofront del presidente Viktor Yanukovich sulla sigla dell’accordo di partenariato con l’Ue a favore di un riavvicinamento alla Russia e ci si aspettava un sostegno filogovernativo da parte delle Chiese.

Invece tutte le Chiese hanno mostrato un atteggiamento comune: hanno lavorato insieme per tentare di indirizzare in senso costruttivo e pacifico la protesta. Persino i monaci ortodossi sotto la giurisdizione del Patriarcato d Mosca, storicamente più conservatori, sono scesi in strada a pregare. Una dichiarazione congiunta dei leader religiosi, a fine gennaio, ha condannato le violenze di piazza e chiesto ai politici di ‘trovare una soluzione pacifica alla crisi sociale’.

L’arciprete Igor Yatsiv della Chiesa greco-cattolica ha dichiarato: “Tutto è cominciato con i manifestanti che hanno invitato i preti. Quando hanno capito che dovevano rimanere in piazza non uno o due giorni, ma che questo sarebbe andato avanti per un bel po’, hanno iniziato a chiedere al clero: venite qui e pregate con noi. Io stesso sono stato lì diverse volte. Perché ho capito, come cittadino, che dovevo esserci. Perché i valori rappresentati dal Maidan sono importanti per lo sviluppo della società. Tutto è avvenuto per iniziativa dei sacerdoti stessi. La Chiesa ha solo confermato che i preti stavano agendo correttamente.

Perché la Chiesa sta dalla parte del Maidan. Non in senso politico, ma nel senso sociale della protesta. La Chiesa è fuori dalla politica. E’ presente al Maidan come la parte spirituale, di cui hanno bisogno gli stessi dimostranti. Io la chiamo il contingente di peacekeeping del Maidan. La Chiesa parla a tutti della necessità di una protesta pacifica e del dialogo”. Il Metropolita Antony della Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Mosca ha sottolineato:

“Diversi monaci della nostra Chiesa sono scesi in via Grushevsky, seguendo le loro coscienze, quando era in atto un terribile confronto tra dimostranti e forze dell’ordine. E’ stata una loro decisione personale, ma quando la leadership della Chiesa lo ha saputo, ha sostenuto la loro iniziativa, senza ambiguità. Quando la Chiesa considera moralmente inaccettabile sottomettersi agli ordini delle autorità pubbliche, si riserva il diritto di chiedere ai suoi membri una pacifica disobbedienza civile”.

Infine l’arcivescovo Yevstrati della Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Kiev ha sottolineato il compito delle Chiese: “La Chiesa è chiamata a fare da pacificatore. Non posso guardare questi scontri stando in disparte. La gente sta ascoltando la Chiesa e posso dire che negli ultimi due mesi il ruolo pubblico e l’influenza della Chiesa sono cresciuti molto. C’è stata una discrepanza tra la Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Mosca e quella russa.

Quest’ultima è strutturalmente abituata ad aderire alle posizioni del governo fino alla fine… La Chiesa dice una sola cosa: meno violenza e dialogo non fine a se stesso, ma per ottenere risultati. Insisteremo per il proseguimento dei negoziati, ma non faremo da moderatori. Non possiamo prenderci la responsabilità di decisioni che spettano al governo. Così come non vogliamo che il governo prenda decisioni sulla vita della Chiesa… La Chiesa è sempre dalla parte della gente. Perché senza le persone la Chiesa è semplicemente un edificio. Bellissimo, ma vuoto”.

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