Eugenio Corti e l’avventura della scrittura cristiana

Nell’omelia per i funerali dello scrittore Eugenio Corti, autore del capolavoro ‘Il cavallo rosso’ (il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, gli aveva conferito la Medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte) il card. Angelo Scola ha affermato: “Per accompagnare la nascita al cielo di Eugenio Corti e partecipare all’addolorata attesa di rivederlo della moglie e dei suoi cari, mi sono soffermato sulle prime pagine de ‘Il cavallo rosso’…
A ben vedere qui è adombrato il solo modo di osservare l’immensa vicenda che ne scaturirà. Tenere gli occhi fissi su Colui che della Storia è il Signore… Nel grande romanzo di Corti appaiono in filigrana il Libro della Genesi e l’Apocalisse. Comprendiamo bene allora che la scelta del modo di raccontare la Storia non dipende soltanto dalle opzioni ideologiche dello scrittore, ma anche da un criterio oggettivo di narrabilità.
Per Corti solo Dio non censura, solo Dio permette la piena narrabilità della storia, solo in Dio le contraddizioni del cuore umano vengono abbracciate da un Disegno buono. Così i dolori e perfino gli orrori aprono all’impossibile speranza, il più pacificante tra tutti i sentimenti umani. Il Dio di Gesù Cristo infatti si è compromesso con la storia, si è impastato con tutto l’umano per rendere partecipe l’uomo della Sua vita senza fine”.
Nell’intervista al settimanale francese ‘Famille Chrétienne’, per la presentazione del suo libro ‘Histoire d’Angelina et autres récits’, rilasciata alcuni giorni prima di morire, lo scrittore italiano ha detto: “La guerra è stata l’esperienza più importante della mia vita, in particolare quei 28 giorni sul Don. L’esperienza della guerra, con il sangue, la sofferenza, i volti segnati dall’angoscia, la puzza, gli escrementi, i corpi trasformati in carogne, persino il cannibalismo… Ne ho parlato molto nei miei libri… L’esperienza della guerra rivela la più profonda interiorità dell’uomo: è fondamentale nel mio lavoro…”.
E sempre dalla Francia, nazione che ha molto apprezzato l’autore (perfino Le Monde e Le Figaro gli hanno dedicato ampi spazi nelle pagine culturali), Philippe Oswald, direttore di Famille Chrétienne, ha scritto: “Come lo scrittore tedesco Ernst Jünger (1895-1998), morto a 102 anni, dopo aver rischiato la vita nelle più grandi tragedie della Germania; come russo Alexander Solzhenitsyn (1918-2008) morto a quasi 90 anni, dopo esser sopravvissuto ai campi di concentramento sovietici (‘Arcipelago Gulag’), così Eugenio Corti ha vissuto la guerra dal fronte russo… ‘Il cavallo rosso’ è per molti versi la ‘Guerra e Pace’ del nostro tempo, un confronto che non sarebbe stato contestato nemmeno dallo stesso Tolstoj”.
Anche il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, ha definito il romanzo ‘un affresco impressionante’, accostandolo alle ‘grandi epopee’ della letteratura: ‘I miserabili’, ‘Guerra e pace’, ‘I fratelli Karamazov’, ‘Il rosso e il nero’. Nell’introduzione al romanzo ‘I più non ritornano’, lo scrittore Luca Doninelli ha scritto: “A differenza di Goethe, Corti non dichiara trattarsi di un Prologo in Cielo, ma alla terza lettura del capolavoro (Il cavallo rosso, ndr.) ho finalmente capito che il solo modo di osservare tutta l’immensa vicenda che scaturirà da quelle pagine è quello di tenere gli occhi fissi non sulla Storia (che a poco a poco finirebbe per coincidere con il caos, o con il trionfo della Legge del più forte), bensì su Chi della Storia è il Signore…
Sullo sfondo dell’orrore, Dio e suo Figlio, insieme con lo Spirito, s’interrogano sul modo di mutare l’orrore in bene, e sanno, perché l’Onnipotenza di Dio è tale da coincidere perfino con la Sua Impotenza, che il dolore e il sangue non si potranno evitare, se si vuole che la Gloria di Dio si manifesti”. Intervenendo al Meeting dell’amicizia tra i popoli nel 1991 per presentare le sue opere, disse: “Quando tornavo coi pochi scampati del mio reggimento sulla tradotta dal fronte russo, e si parlava delle cose spaventose e terrificanti attraverso cui eravamo passati, quello che io non mi sarei mai aspettato era di vedere anche la costruzione della città celeste.
E su questa città celeste, io richiamo in particolare l’attenzione di voi giovani, perché voi l’avete davanti; se è vero come è vero, perché l’abbiamo visto, e con tutto il cuore io devo dare ragione all’antico filosofo che la storia lo sta dimostrando, se è vero che alla città terrena, che adesso è di nuovo in costruzione (secondo la descrizione che ne ha dato De Mello), succederà la città celeste, voi vi troverete in mezzo a questa costruzione, e, spero di non sbagliare, voi sarete tra i costruttori della città celeste.
Dopo la guerra la gente qui in Europa è rimasta talmente terrorizzata dai tentativi di costruzione nazista e comunista che ha affidato di nuovo, dopo secoli, la direzione dei Paesi a uomini politici di ispirazione cristiana”.