La via crucis del papa con il cuore in Abruzzo
Il cuore del papa è in Abruzzo durante tutta la Via Crucis. Davanti la Colosseo, in ginocchio ul Palatino Benedetto XVI ascolta le 14 stazioni e le meditazione di un vescovi indiano sconosciuto ai più che sembra parlare proprio del terremoto. A partire dalla prima preghiera. I 20 mila fedeli che hanno seguito il rito in una serata primaverile hanno sentito il papa concludere così:” Preghiamo con tutti gli addolorati, con tutti i sofferenti della terra terremotata di Abruzzo, perche’ anche a loro appaia la stella della speranza e la luce del Signore Risorto”.
A portare la croce prima il cardinale vicario Agostino Vallini, poi un giovane disabile in carrozzella, ad una famiglia romana, ad una ragazza e due suore dell’India, a 2 giovani africani del Burkina Faso e a due frati della Custodia di Terra Santa. Thomas Menamparampil , il vescovo autore del testo delle meditazioni , scrive “siamo venuti a cantare insieme ‘un inno di speranza’. Vogliamo dire a noi stessi che tutto non e’ perduto nei momenti di difficolta”’.
Anche ”sotto la superficie di calamita’ naturali, guerre, rivoluzioni e conflitti di ogni genere, vi e’ una presenza silenziosa, vi e’ un’azione divina mirata”, e’ stato letto. ”Uno tsunami ci dice che la vita va presa seriamente. Hiroshima e Nagasaki restano luoghi di pellegrinaggio. Quando la morte colpisce da vicino, un altro mondo ci si fa accanto. Allora ci liberiamo dalle illusioni e abbiamo la percezione di una realta’ piu’ profonda”, ha spiegato il presule indiano nelle sue riflessioni, una sorta di affresco del dolore e della speranza cristiana. ”La storia – ha affermato mons. Menamparampil – e’ piena di odio e di guerre. Anche oggi siamo testimoni di violenze al di la’ del credibile: omicidi, violenze su donne e bambini, sequestri, estorsioni, conflitti etnici, violenza urbana, torture fisiche e mentali, violazioni dei diritti umani”. Il vescovo si e’ domandato: ”Chi sono i colpevoli?” ”Non puntiamo il dito verso gli altri, perche’ anche noi possiamo avere avuto la nostra parte in queste forme di disumanita”’, ha risposto con accenti autocritici.
Il papa nelle sua meditazione conclusiva ha detto: “Abbiamo rivissuto la vicenda tragica di un Uomo unico nella storia di tutti i tempi, che ha cambiato il mondo non uccidendo gli altri, ma lasciandosi uccidere appeso ad una croce. Quest’Uomo, apparentemente uno di noi, che mentre viene ucciso perdona i suoi carnefici, è il “Figlio di Dio”, che – come ci ricorda l’apostolo Paolo – “ non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo… umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce” ….. Lungo il corso dei millenni, schiere di uomini e donne si sono lasciati affascinare da questo mistero e hanno seguito Lui, facendo a loro volta, come Lui e grazie al suo aiuto, della propria vita un dono ai fratelli. Sono i santi ed i martiri, molti dei quali restano a noi sconosciuti.…. Cosa sarebbe l’uomo senza Cristo?… Perché allora non accoglierLo nella nostra vita?
Fermiamoci questa sera a contemplare il Suo volto sfigurato: è il volto dell’Uomo dei dolori, che si è fatto carico di tutte le nostre angosce mortali. Il suo volto si riflette in quello di ogni persona umiliata ed offesa, ammalata e sofferente, sola, abbandonata e disprezzata. Versando il suo sangue, Egli ci ha riscattati dalla schiavitù della morte, ha spezzato la solitudine delle nostre lacrime, è entrato in ogni nostra pena ed in ogni nostro affanno.”