Dio crea “consaguineità” con noi in una condivisione d’ amore

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Dio crea una “consanguineità” con noi attraverso il sangue di Gesù che è amore. Nella messa in Coena Domini che apre il triduo pasquale e celebra l’ istituzione dell’ eucarestia il papa rilegge il canone romano, la preghiera che introduce alla consacrazione del pane e del vino. Nella cattedrale di Roma al Laterano dedicata al Salvatore e a santi Giovanni Battista ed Evangelista Benedetto XVI ha celebrato il rito della lavanda dei piedi in ricordo di quella che Gesù fece ai dodici apostoli la sera dell’ultima cena. La sera in cui Cristo spezzando il pane con le sue mani offrì se stesso. Comunione e condivisione che, ha detto il papa nella sua omelia, non sono solo azione liturgica, ma amore nel quotidiano.

Nel canone spiega il papa “il racconto dell’istituzione è connesso con la preghiera precedente, con l’intero Canone, e reso esso stesso preghiera. Non è affatto semplicemente un racconto qui inserito, e non si tratta neppure di parole autoritative a sé stanti, che magari interromperebbero la preghiera. È preghiera.” E il papa rileva anche “un’altra particolarità nel racconto dell’istituzione riportato nel Canone Romano, che vogliamo meditare in quest’ora. La Chiesa orante guarda alle mani e agli occhi del Signore. Vuole quasi osservarlo, vuole percepire il gesto del suo pregare e del suo agire in quell’ora singolare, incontrare la figura di Gesù, per così dire, anche attraverso i sensi. “Egli prese il pane nelle sue mani sante e venerabili…”. Guardiamo a quelle mani con cui Egli ha guarito gli uomini; alle mani con cui ha benedetto i bambini; alle mani, che ha imposto agli uomini; alle mani, che sono state inchiodate alla Croce e che per sempre porteranno le stimmate come segni del suo amore pronto a morire.

Ora siamo incaricati noi di fare ciò che Egli ha fatto: prendere nelle mani il pane perché mediante la preghiera eucaristica sia trasformato. Nell’Ordinazione sacerdotale, le nostre mani sono state unte, affinché diventino mani di benedizione. Preghiamo il Signore che le nostre mani servano sempre di più a portare la salvezza, a portare la benedizione, a rendere presente la sua bontà!” La preghiera per il sacerdote che celebra l’eucaristia è che “attraverso gli occhi non entri in noi il male, falsificando e sporcando così il nostro essere. Ma vogliamo pregare soprattutto per avere occhi che vedano tutto ciò che è vero, luminoso e buono; affinché diventiamo capaci di vedere la presenza di Dio nel mondo. Preghiamo, affinché guardiamo il mondo con occhi di amore, con gli occhi di Gesù, riconoscendo così i fratelli e le sorelle, che hanno bisogno di noi, che sono in attesa della nostra parola e della nostra azione.”

La condivisone è gesto di ospitalità, è unione. “Nel pane spezzato, il Signore distribuisce se stesso. Il gesto dello spezzare allude misteriosamente anche alla sua morte, all’amore sino alla morte.” Per questo “Gesù si lascia spezzare come pane vivo. Nel pane distribuito riconosciamo il mistero del chicco di grano, che muore e così porta frutto.” E così è per il sangue di Cristo nel calice: “Sì, il Signore ci prepara la mensa in mezzo alle minacce di questo mondo, e ci dona il calice glorioso – il calice della grande gioia, della vera festa, alla quale tutti aneliamo – il calice colmo del vino del suo amore. “ Benedetto così spiega il senso stesso della Alleanza. “L’Eucaristia è più di un convito, è una festa di nozze. E queste nozze si fondono nell’autodonazione di Dio sino alla morte.” Seguendo la tradizione ebraica è più corretto parlare di Testamento perché, spiega il papa “ciò che noi chiamiamo nuova ed antica Alleanza non è un atto di intesa tra due parti uguali, ma mero dono di Dio che ci lascia in eredità il suo amore – se stesso. Certo, mediante questo dono del suo amore Egli, superando ogni distanza, ci rende poi veramente “partner” e si realizza il mistero nuziale dell’amore.”

Così ratificare una alleanza significa nel senso originario “entrare con altri in un legame basato sul sangue, ovvero accogliere l’altro nella propria federazione ed entrare così in una comunione di diritti l’uno con l’altro”. In questo modo si crea una consanguineità reale benché non materiale. I partner diventano in qualche modo “fratelli della stessa carne e delle stesse ossa”. E il papa conclude: “Possiamo adesso farci almeno un’idea di ciò che avvenne nell’ora dell’Ultima Cena e che, da allora, si rinnova ogni volta che celebriamo l’Eucaristia? Dio, il Dio vivente stabilisce con noi una comunione di pace, anzi, Egli crea una “consanguineità” tra sé e noi. Mediante l’incarnazione di Gesù, mediante il suo sangue versato siamo stati tirati dentro una consanguineità molto reale con Gesù e quindi con Dio stesso. Il sangue di Gesù è il suo amore, nel quale la vita divina e quella umana sono divenute una cosa sola.” Ma c’è ancora una domanda per il papa teologo Benedetto XVI “Nel Cenacolo, Cristo dona ai discepoli il suo Corpo e il suo Sangue, cioè se stesso nella totalità della sua persona. Ma può farlo? È ancora fisicamente presente in mezzo a loro, sta di fronte a loro! La risposta è: in quell’ora Gesù realizza ciò che aveva annunciato precedentemente nel discorso sul Buon Pastore: “Nessuno mi toglie la mia vita: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo…” (Gv 10, 18). Nessuno può toglierGli la vita: Egli la dà per libera decisione. In quell’ora anticipa la crocifissione e la risurrezione.

” Ed ecco la preghiera finale:”Signore, oggi Tu ci doni la tua vita, ci doni te stesso. Pènetraci con il tuo amore. Facci vivere nel tuo “oggi”. Rendici strumenti della tua pace! Amen.” Come nella messa crismale la vicinanza del papa ai terremotati d’ Abruzza si è fatta concreta con il dono degli olii crismali, nel pomeriggio il ricavato della colletta della messa è destinato alle comunità cattoliche di Gaza. Un gesto che prelude alla prossima visita del papa in Terra Santa.

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