Giacometti. L’antiscultore, la mostra a Roma

Si intitola Giacometti. La scultura la mostra in svolgimento alla Galleria Borghese, dal 4 febbraio al 15 giugno 2014 a cura di Anna Coliva e Chistian Klemm. Si possono vedere – disseminate nelle enormi sale della Galleria Borghese, tempestate di stucchi e affreschi e abbellite da eccelsi capolavori della pittura e della scultura del Rinascimento – 40 opere in bronzo e su carta di Alberto Giacometti (1901-1966) il grande scultore svizzero che lungamente visse a Parigi ed anche a Roma.
La mostra consta, nel suo nucleo centrale, di sculture in bronzo di non grandi dimensioni collocate con studiata casualità “lì dove c’è posto” fra i colossali gruppi statuari di Bernini e di Canova del Museo di Villa Borghese. Fanno eccezione tre sculture di maggiori dimensioni (Homme qui marche e le due Grande femme) che avrebbero dovuto esser posizionate nella Chase Manhattan Plaza e che occupano un vasto spazio nel salone d’ingresso. La mostra trova la sua chiave di lettura e di visione nell’opposizione dialettica fra la statuaria antropocentrica e trionfante dei marmi antichi, rinascimentali e neoclassici e le figure umane scarnificate, scheletrite e cupamente martoriate di Giacometti. Il bronzo stride di contro al marmo, il nero si oppone al bianco, le carni offese si ritraggono dinnanzi al fulgore dei corpi levigati delle donne divine. Basamenti imponenti umiliano i supporti precari degli umani filiformi di Giacometti: relitti appena liberati dai campi di sterminio.
L’ultima mostra di opere di Giacometti a Roma era stata proposta a Villa Medici nel 1970: allora il significato storico ed esistenziale dei bronzi si imponeva con maggiore evidenza. Oggi, lo stile antisculturale e anticlassico di Giacometti lascia piuttosto trasparire gli influssi stilistici dell’arte primitiva ed africana e gli aspetti antimodernistici del cubismo. La geometricità arcaica, lo scavo del corpo umano, lo svaporare e la contrazione della figura che si riduce a fango, a filo metallico, a volto impietrito rivelano una rilettura davvero originale di quella statuaria classica che Giacometti ebbe modo di studiare nei Musei nel corso del suo soggiorno a Roma (1920-1921).
Il disegno di Giacometti e la pittura di Giacometti si pongono in una relazione particolarmente significativa con la sua opera di scultore oppure – se pensiamo alla statuaria neoclassica – di “antiscultore”. Infatti avviano quel processo di scomposizione delle figure e dei corpi che approderà sia alla negazione dell’umano come singolarità – elemento primitivo – che alla sua celebrazione in quanto specie sconfitta – elemento esistenzialistico. Alberto Giacometti, anche in una mostra oggettivamente sintetica, appare come un grande artista e interprete del ‘900, trasfiguratore delle forme in simboli, testimone di un’epoca di radicale smarrimento umano e sociale e scrutatore dell’interiorità della condizione umana.
Nella foto: Alberto Giacometti, L’uomo che oscilla, 1950.