I giovani “normali”, i “cattivi maestri” e la XXIV GMG. Don Nicolò Anselmi ne parla a korazym.org

“Qualcosa è successo e la Pastorale giovanile si è sentita un po’ tirata nell’agorà, nella piazza. C’è questo desiderio di percorrere strade nuove, di interfacciarsi maggiormente con ciò che accade fuori dalle nostre sacrestie, dalle nostre chiese, dai nostri ambienti strettamente ecclesiali”. Sono le parole di don Nicolò Anselmi, direttore del Servizio nazionale di pastorale giovanile della Cei. Alla vigilia della XXIV Giornata mondiale della gioventù, vissuta dai giovani a livello diocesano subito dopo l’evento di Sydney, don Nicolò si dice contento dei giovani italiani e del loro cammino di fede. A questi giovani “normali” il compito di una “maggiore missionarietà” e di una crescente comunione. Le parole del papa per questa GMG? “Non è un messaggio per un giorno, tutto l’anno risulta segnato da queste parole”.
Siamo alla GMG del 2009, vissuta in diocesi… Anche quest’anno abbiamo letto parole forti nel messaggio di Benedetto XVI…
“Come sempre, anche il messaggio di quest’anno è stato veramente ricco. Tutte le diocesi lo hanno preso con serietà, lo stanno leggendo… Ma non è un messaggio per un giorno, tutto l’anno risulta segnato da queste parole. Mi ha colpito questo invito, la sottolineatura sui sacramenti, elencati tutti e sette, come luogo dell’incontro con Dio. C’è anche l’invito a discernere tra i cattivi maestri e i buoni maestri.”
Come l’hanno preso i giovani…
“Il papa ha usato questa espressione decisamente forte. E’ un invito ai giovani a capire, a studiare, a discernere su quali sono le fontane alle quali abbeverarsi per la propria felicità, poi valutare le conseguenze, verificare… Nella vita di molti giovani c’è questo, anche nella nostra…
Ci sono stati dei momenti in cui ci siamo fidati più di alcuni maestri che di altri, ecco perché è giusto ritornarci sopra con tanta umiltà, capire e discernere…”
Siamo alla fine del triennio dell’Agorà. Gli echi di Loreto e Sydney sono ancora molto forti: cosa è rimasto nei giovani italiani?
“Credo che da questi eventi, ma soprattutto da questo triennio, sia rimasto un senso di grande dinamicità. Viaggiando un po’ per l’Italia mi rendo conto che qualcosa è successo, e la Pastorale giovanile si è sentita un po’ tirata nell’agorà, nella piazza. C’è questo desiderio di percorrere strade nuove, di interfacciarsi maggiormente con ciò che accade fuori dalle nostre sacrestie, dalle nostre chiese, dai nostri ambienti strettamente ecclesiali. C’è una grande voglia di uscire allo scoperto, di dialogare e di offrire la propria ricchezza al mondo.”
Nella vigilia di Pentecoste le Agorà diocesane… Come si sta mobilitando l’Italia?
“Ci sono varie idee, ogni diocesi decide in base alla propria sensibilità, il proprio territorio: è giusto che sia così… Mi colpisce che alcune regioni abbiano deciso di fare una cosa insieme, come la Lombardia, l’Umbia. La Campania, per esempio, si ritroverà tutta a Pozzuoli per una giornata sulla figura di Paolo, che coinvolgerà tutta la regione; il Triveneto farà delle piccole Agorà diocesane poi si ritroveranno nella Chiesa Madre di Aquileia…
C’è questo desiderio di comunione, che colpisce… E’ una cosa molto bella, di cui la Chiesa ha bisogno.”
Ad un po’ di tempo dalla sua nomina a direttore del servizio nazionale di Pastorale giovanile, si può provare a tracciare un bilancio. Che tipo di giovani italiani sta incontrando e come li vorrebbe…
“La cosa più bella di questo servizio è quella di vedere cosa lo Spirito Santo fa in giro nelle nostre Chiese, c’è la possibilità di vedere gli istituti religiosi, le associazioni, le diocesi, insomma la vivacità dello Spirito che opera nelle nostre Chiese.
I giovani italiani che incontro sono normali. Sono giovani che in genere dimostrano una crescita spirituale. Chi è cristiano, chi frequenta le nostre parrocchie, le nostre associazioni, mi verrebbe da dire, che ‘lo è davvero’, o almeno ‘ci prova seriamente’. Anche perché doverlo dire e testimoniare oggi prevede una certa convinzione, perché si va incontro a tanta emarginazione, a prese in giro. C’è anche molta curiosità: credo che la gioventù italiana sia interessata alla fede, alla religione, si ha molta fame. Ecco, c’è molta sofferenza, ma anche molta fame di Verità e di Dio.
Credo che un saltino da fare sia quello di una sempre maggior comunione, unità tra chi vive la stessa fede, e celebra la stessa Eucaristia; e poi uno sforzo in più sulla missionarietà.
C’è bisogno che queste grandi cose che abbiamo non ce le teniamo per noi. Con un po’ di coraggio lo dobbiamo dire a tutti, gli altri se lo aspettano.”
Lei ha parlato della necessità di maggior comunione: è una nota molto forte… In alcuni contesti sembra quasi ci sia una sovrapposizione tra le iniziative della pastorale giovanile e la vita di tradizionali e storiche realtà di movimenti e associazioni giovanili…
“La pastorale giovanile non è né un’associazione né un movimento. Concettualmente non c’è sovrapposizione. La pastorale giovanile è un’espressione del vescovo, che deve raccogliere le varie esperienze. Forse qualcuno ha malinteso, ma la Pastorale giovanile è semplicemente un luogo di comunione e di discernimento.
Poi alcune cose fatte tutti insieme ci vogliono, sono importanti, i vescovi le chiedono. Non mi sembra che la sovrapposizione di carismi sia più un grosso problema, pensiamo che sia tendenzialmente risolto dove si sono capiti i ruoli.”
Insomma, bilancio positivo e tanta fiducia. Ma possiamo avere speranza dei giovani italiani?
“Certo, figuriamoci… Sono loro la nostra vera speranza…”