Abituarsi alla zizzania intorno a noi

Per vivere da riconciliati in un mondo pieno di male e di ingiustizie possiamo provare a fare l’elogio del non comprensibile e del non compiuto. Basta leggere la parabola del grano e della zizzania ( Matteo 13,24-30): dobbiamo imparare a convivere con il male. Questo non vuol dire assuefarsi ad esso al contrario:”Molti prima sono zizzania e poi diventano buon grano e se costoro, quando sono cattivi, non venissero tollerati con pazienza, non giungerebbero al lodevole cambiamento“.( Papa Benedetto XVI cita sant’Agostino). Pazientare è sempre anche un soffrire. Il peso della zizzania diventa meno gravoso quando lo sopportiamo con gli occhi della fede, la quale diventa per noi la firma di Dio sulla nostra vita: Lui scommette su di noi, Lui ha vinto il male per noi. La fede infatti è credere nella vittoria di Dio. Penso ad una immagine affascinante della Bibbia: il profeta. L’uomo diventa se stesso quando si scopre profeta: destinatario di un amore, chiamato ad una missione unica, con una responsabilità per l’umanità. L’uomo che si scopre profeta è una sentinella cioè vigila, innanzitutto su se stesso. Vigilante è colui che apprezza quello che ha, crede nei valori, è pronto a combattere per essi. È vigilante chi non baratta se stesso. Anche per il cristiano esiste il pericolo di svendersi, di fingersi cristiano ma in realtà seguire altri modelli. La fede a volte diventa una decorazione esteriore od opzionale, altre volte si perde del tutto travolti da quella mondanità spirituale che uccide anche la Chiesa, perché la rende ridicola e sterile. Di fronte la zizzania il cristiano assume l’atteggiamento del profeta che è quello della santa furbizia, ricordata da papa Francesco. In ebraico la parola mandorlo significa letteralmente “colui che vigila”.
Il mandorlo è il fiore che in primavera fiorisce per primo, evoca quindi il “vigilante” cioè Dio. Dio è come il fiore del mandorlo, ci precede sempre, vigila sulla mia storia, sulla storia dell’umanità. Non interviene come un padrone con i suoi burattini perché ci ha donato la libertà, ma sempre accompagna e sostiene la sua Parola che corre nel mondo attraverso i profeti di ieri e di oggi. Il fiore del mandorlo ci ricorda che Dio viene prima dei nostri sforzi, prima delle nostre sofferenze e prima della zizzania. Tutto ciò che accade dentro e fuori di noi non sempre è comprensibile, però ci viene richiesta una dose quotidiana di umiltà per allargare gli spazi della nostra giustizia e diventare più umani.
Il male e le ingiustizie ci rendono più umani, più fallibili, meno rinchiusi nel nostro idealismo che pretende un mondo centrato sul nostro io: un mondo di perfetti e quindi di gente priva del gusto della crescita, della fatica e del cammino. L’umiltà dunque di custodire e serbare ogni evento e ogni parola, facendo crescere tutto con la pazienza. Ogni fatto che avviene nella nostra vita, piacevole o doloroso, è un messaggio che Dio ci manda, che Lui sorveglia sulla nostra vita. L’umile allora crede nel mistero perché vive nella pazienza: sa aspettare che riesce a superare un limite, che quella persona cambi, che quella situazione si attenui.