Pietro Sambi, nunzio di Dio oltre gli schemi

E’ stata una serata tutt’altro che formale e paludata, quanto piuttosto un omaggio sincero al ricordo di un pastore e di un diplomatico professionale e preparato, la presentazione romana del libro di Valerio Lessi, edito da Cantagalli, “Pietro Sambi. Nunzio di Dio”, che ha radunato alla Radio Vaticana prelati, amici ed estimatori del presule scomparso a 73 anni nel 2011, nel momento in cui si apprestava a lasciare la nunziatura apostolica negli Sati Uniti per assumere un importante incarico in seno alla Curia Romana al termine di un ricco e fecondo ministero, ecclesiale e diplomatico, svolto per la Chiesa e la Santa Sede. Un’esistenza, quella dell’arcivescovo romagnolo, tutta spesa al servizio della Parola di Dio, al dialogo e all’ascolto sincero delle persone, fossero esse ministri o professori o semplici impiegate e casalinghe. Nato a Sogliano al Rubicone nel 1938, di se amava dire di essere “un sacerdote per vocazione, uno storico per formazione, un diplomatico per obbedienza”. E in questa triplice definizione è racchiusa tutta la vita di monsignor Sambi, che per obbedienza lascia gli amati studi storici intrapresi in gioventù, tesi a documentare l’impatto del Concilio di Trento nel territorio del Montefeltro, per essere inserito nell’esperienza universale del servizio diplomatico vaticano. Dopo la formazione nella Pontificia Accademia Ecclesiastica, la fucina degli ambasciatori papali, Sambi inizia il suo servizio in Camerun, per poi proseguire in Israele, Cuba, Algeria, Nicaragua, Belgio e India. Il libro passa in rassegna e documenta l’apprezzato e difficile lavoro svolto in scenari e situazioni diverse da monsignor Sambi, unanimemente ritenuto un rappresentante pontificio di razza, il cui operato può essere inserito a buon diritto nella grande scuola diplomatica dei Cicognani, dei Casaroli, dei Silvestrini e dei Laghi, ma soprattutto racconta il sacerdote e il pastore dal cuore aperto e generoso, pronto sempre a vedere il servizio alla Chiesa e agli uomini come la prima delle missioni da svolgere da parte di un prete.
Nel 1985, all’età di 47 anni, il più giovane vescovo italiano in quel momento, Giovanni Paolo II lo nomina nunzio apostolico e lo invia nel Burundi dilaniato dalla guerra tribale fra tutsi e hutu, a sostenere una Chiesa perseguitata da tempo. Qui Sambi ha modo di mettere in pratica le sue abilità diplomatiche, difendendo la libertà religiosa e promuovendo la causa della pace incoraggiando le parti, a partire dalla chiesa locale, a fare di tutto per non mettere in pericolo la pace sociale, anzi rafforzando la coesione e la comunione delle diverse comunità. Nel 1991 passa poi nell’Indonesia di Suharto, un paese con 240 milioni di abitanti e una comunità cattolica minoritaria, alcune settimane dopo il massacro di Dili, a Timor Est, compiuto dalle truppe indonesiane. Un evento che provocò violenze e rappresaglie, con il popolo ridotto alla miseria e alla fame. Anche qui la linea diplomatica seguita dal nunzio romagnolo fu quella di assicurare una neutralità tesa a salvaguardare la presenza della Chiesa come operatrice di pace, che potesse operare sia in Indonesia che a Timor Est. Alla vigilia del Grande Giubileo, nel 1998 Sambi ritorna per la seconda volta a Gerusalemme, questa volta con i gradi di capomissione. Il primo incarico che è chiamato ad assolvere è quello di preparare la visita di Papa Wojtyla in programma nel marzo del 2000. Un capolavoro storico e diplomatico, di cui fu accorto regista, riuscendo anche a includere nella visita papale la visita al Calvario e la celebrazione della Messa nel Cenacolo. Sono numerosi gli episodi vissuti dal nunzio in quel crocevia della storia e delle religioni mondiali.
Su tutti, viene ricordato nel libro il contributo decisivo che egli apportò alla soluzione dell’assedio alla Basilica della Natività a Betlemme, che durò ben 39 giorni, dal 2 aprile al 10 maggio 2002. E vengono citati ricordi e testimonianze, dall’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata al Custode di Terrasanta padre Pierbattista Pizzaballa ai giornalisti e coniugi Paola Caridi e Filippo Landi, per citarne solo alcuni, rilasciati all’autore a testimonianza di questo importante incarico nella Città Santa, che Sambi portò sempre dentro di sé con un amore sviscerato e che ricorre qua e là in varie parti del volume, perché, come egli stesso disse nel 2005, alla vigilia della sua partenza per Washington quale nuovo rappresentante pontificio, “chi non c’è stato non può capire. Gerusalemme ti entra sotto la pelle, diventa parte di te”. Negli Stati Uniti, quarto nunzio apostolico dopo la ripresa delle relazioni diplomatiche avvenuta sotto il pontificato wojtyliano, ultima e prestigiosa tappa del suo brillante itinerario diplomatico, Sambi arriva a fine 2005, proprio quando esplode, dirompente, lo scandalo degli abusi sessuali del clero, e dove si farà promotore di un profondo rinnovamento dell’episcopato americano, seguendo scrupolosamente le indicazioni ricevute dal nuovo papa Benedetto XVI.
Anche qui, in terra americana, monsignor Sambi dimostra al meglio la sua perizia e le sue qualità, meritandosi il soprannome di “Super-Nuncio”, che traduce sinteticamente la sua efficienza, la sua capacità di essere presente su temi e vicende scottanti, la sua simpatia riscossa presso le varie amministrazioni e i fedeli statunitensi. “Pietro Sambi era un uomo con un grande cuore, e ho avuto il privilegio di conoscerlo e di chiamarlo ‘amico’ – racconta a Lessi nel libro Robert B. Moynihan, fondatore e direttore della rivista “Inside The Vatican”. “Ha svolto tutte le sue missioni con aplomb diplomatico e fascino italiano, sempre disposto ad ascoltare, a spiegare, e a rispondere con calore straordinario, buonumore e profondità spirituale. Ha lasciato un grande vuoto nel servizio diplomatico della Chiesa, ma ancora più impressionante è stato l’impatto che ha avuto sulle persone, indipendentemente dal loro stato di vita”. Questa e altre testimonianze rendono il libro di Valerio Lessi, giornalista e scrittore di numerose biografie di personalità ecclesiali, una lettura intensa e molto godibile. Lessi non ha conosciuto l’arcivescovo Sambi, ma dalle sue pagine, dalla cronaca e dal racconto vivido degli interpellati, sembra come averlo seguito passo dopo passo nel suo peregrinare per il mondo, a contatto con situazioni e persone diverse.
E’ stata un po’, se è consentito, anche l’esperienza di chi scrive, che ha ‘conosciuto’ il prelato romagnolo dai ricordi di amici romagnoli e dai racconti di una amica comune, Fernanda Savorelli, da poco scomparsa e da annoverare anch’ella tra le persone che hanno conservato e trasmesso un ricordo indelebile del monsignore. Persone importanti, come il cardinal Sodano o l’ex presidente del Senato Marcello Pera (intervenuti alla presentazione, a cui erano presenti anche il cardinale Law, l’ex ministro degli Esteri e già citato ambasciatore Giulio Terzi, i nunzi apostolici Bernardini, Farhat, Marchetto, Canalini, e monsignor Luigi Negri, attuale vescovo di Ferrara, ma in precedenza alla guida della diocesi di San Marino-Montefeltro); ma anche persone semplici, sconosciute al grande pubblico, che l’autore ha rintracciato e ascoltato con pazienza certosina, e che nel libro testimoniano l’umanità di un vero pastore d’anime, di grande cultura e di carità operosa, di un uomo amante della gioia di vivere, della convivialità sincera, della buona tavola e di un buona sigaretta con cui concludere il pranzo insieme a qualche barzelletta e a una chiacchierata in libertà, interessato alle vicende del mondo come a quelle della sua Sogliano, “il posto migliore dove andare in vacanza”, di cui voleva sapere tutte le novità pur essendone fisicamente lontano.
Tanti, nel volume, gli aneddoti, i racconti, le testimonianze a memoria di un amico autentico, di una guida spirituale sempre disponibile, di un sacerdote schietto e di un ascoltatore paziente, sempre rispettoso delle scelte e della libertà altrui. Gigi Riva, oggi caporedattore dell’Espresso che conobbe Sambi a Gerusalemme nel 2003, ricorda che il nunzio battezzò i suoi figli, Tito e Greta. Nel chiederglielo, il giornalista gli fece presente, non senza qualche imbarazzo, che lui e sua moglie erano sposati solo in municipio. Sentendosi replicare da Sambi: “E cosa c’entra questo con tuo figlio?”. “Mi disse che quando mi sarei sentito pronto, poteva celebrare lui il matrimonio religioso, in tutta semplicità, nella piccola cappella della sua casa di Sogliano. L’ultima estate che ci siamo visti me l’ha anche mostrata, ma l’anno dopo fece ritorno al paese nella bara”.