La consulta annulla parti della legge 40. Il mondo cattolico: è una “ferita”, non un “collasso”
Dopo la pronuncia della Corte costituzionale, e la conseguente cancellazione di alcuni “commi” della legge 40, che disciplina la “procreazione medicalmente assistita”, si alza la eco del mondo cattolico, che parla di “ferita”, ma non certo di cedimento negli impianti fondativi della legge. La consulta ha dichiarato l’”illegittimità” di alcuni punti della normativa, esprimendosi su alcune ordinanze che hanno ritenuto fondati i ricorsi presentati per incostituzionalità della legge e per violazione del diritto alla salute.
Cancellato l’obbligo di impianto di tre embrioni alla volta, bocciato, inoltre, il trasferimento degli embrioni da realizzare “non appena possibile”. “E’ indiscutibile – ha affermato l’editoriale dell’Avvenire, quotidiano della Cei – che da ieri nella legge 40 si sia aperta una ferita, ma non si tratta affatto di una lesione mortale”; la sentenza può essere letta come “una lacerazione, non uno squarcio”.
Secondo il quotidiano dei vescovi italiani, restano in piedi la maggior parte dei paletti tesi alla tutela degli embrioni tra i quali i divieti di ogni selezione a scopo eugenetico, della crioconservazione e della soppressione degli embrioni dopo l’impianto. Il pronunciamento della Corte costituzionale – continua Avvenire – apre “una fase di incertezza interpretativa” “sulla quale occorrerà lavorare”. I centri per la maternità assistita, tuttavia, – confida la Cei – hanno dimostrato di voler “agire nella legalità. E la legge 40 – conclude l’editoriale – parla ancora molto chiaro”.
Tra le voci cattoliche a commento della sentenza si alza anche quella di “Scienza&Vita”, che non vuole sentire parlare di “collasso” della legge.
“In attesa della lettura delle motivazioni della sentenza”, Scienza&Vita, che nel referendum ha guidato il fronte astensionista, fa notare che “i pilastri della legge sono ancora, alla prova dei fatti, quasi tutti ben saldi”. L’associazione che ha guidato il fronte astensionista al referendum, si dice “innegabilmente preoccupata della possibilità che la sentenza ha aperto per la creazione di un nuovo numero illimitato di embrioni il cui destino appare incerto e per le gravi conseguenze che la necessaria iperstimolazione ovarica avrà sulla salute delle donne”. Scienza&Vita “si dice comunque certa che il continuo affinamento delle tecniche, la rinnovata professionalità dei centri di Pma italiani e la crescente coscienza degli operatori del settore, argineranno le alterazioni causate da questa ferita inferta all’impianto primigenio della legge”.
Una “ferita”, si legge nella nota, “voluta in maniera pretestuosa anche contro ogni evidenza scientifica” e contro i dati sull’applicazione della legge 40 nel 2007. L’auspicio è che “da parte del ministero del Welfare vi sia un intervento deciso, anche attraverso le linee guida, finalizzato ad eliminare ogni possibile ambiguità e ad operare una radicale limitazione del danno, fatto salvo l’impianto garantista della legge nei confronti sia dell’embrione sia della donna”.
Secondo Casini, presidente del Movimento per la vita, invece, “L’aspetto più singolare della decisione della Consulta in materia di legge 40 è che essa ha dichiarato incostituzionale anche la legge tedesca la quale, come la legge italiana, non permette la generazione di più di tre embrioni per ogni tentativo di impianto”.
“Eppure – continua Casini – la Costituzione tedesca non può certo dirsi meno garantista, meno impegnata nella tutela dei diritti dell’uomo e meno preoccupata della salute della donna di quella italiana”.
“Denunceremo tutti i casi di produzione di più di tre embrioni, che aumenta nella donna il rischio di sindrome da iperstimolazione”, ammonisce il presidente Casini, perché “il vero nodo della questione resta l’identità umana del concepito e quindi la titolarità del suo diritto alla vita riconosciuta dall’articolo 1 della legge 40 che la Corte non ha contestato”. “Il limite dei tre embrioni era ed è una cautela per la salute della donna – conclude – ed al tempo stesso anche la difesa avanzata del diritto alla vita del figlio generato in provetta che non può essere considerato un oggetto congelabile e distruggibile per un fine a lui estraneo”.