Un testimone: nella Repubblica Centrafricana è strage

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Almeno 75 persone sono state uccise nella scorsa settimana negli scontri tra cristiani e musulmani nella città di Boda, situata a 100 km a ovest di Bangui. Padre Cassian Kamatari, parroco di Saint Michel nella città, contattato dall’agenzia AFP, ha affermato: “Sono state uccise 75 persone e circa 1500 persone sono state costrette a fuggire… I musulmani continuano a dare la caccia ai cristiani… Coloro che sono rifugiati nella parrocchia non hanno nulla da mangiare, e manca tutto”.

Nello Stato africano è in atto una guerra civile in cui bande armate (seleka, musulmani, ed anti-balaka, ‘anti-machete’, di ispirazione cristiana, legati all’ex presidente deposto da un colpo di stato lo scorso anno) si contendono l’accesso alle risorse minerarie terrorizzando la popolazione, donne e bambini compresi. Ancora più drammatica è la testimonianza di fratel Robert Wnuk, religioso polacco dell’ordine dei cappuccini, che si trova in missione a Bocaranga, villaggio nella Repubblica Centrafricana al confine con Ciad e Camerun, arrivata alcuni giorni fa alla Fesmi, Federazione stampa missionaria:

“Una settimana fa gli Anti-Balaka hanno assalito i Seleka in Bocaranga. Il risultato è stato: la città liberata dalle mani dei ribelli, un po’ gioia e speranza. Più tardi è stato invece tristezza e ira, perché la città è diventata preda dei saccheggiatori e briganti. Hanno distrutto completamente alcuni quartieri, hanno bruciato alcune centinaia di case, quello che era il più bello è andato con il fumo. Oltre dieci persone ferite, tra cui bambini e donne, alcune persone morte (almeno tre Seleka, due anti-Balaka, sei civili). Accanto alla nostra casa, nella veranda, nelle sale parrocchiali, nel giardino passano le notti centinaia di persone… Nella missione rimaniamo in 3: Cipriano, Nestorio ed io.

Nestorio ha la mano ferita da rimbalzo. I Seleka hanno preso una nostra macchina, una delle suore e una della dottoressa Ione, una nostra motocicletta e decine della gente, tre computer, molti cellulari (che la gente caricava da noi), macchine fotografiche, il denaro e diverse cose. Nel giardino troviamo un uomo, una pallottola ha lacerato la sua gamba, a una donna la pallottola ha trapassato la pancia, sanguina, dappertutto pieno di sangue. Vado dalle suore per chiamare la dottoressa Ione. Dalle suore è come da noi. Per fortuna nessuno è ferito, non ci sono morti. Torno da noi, alla donna do l’assoluzione, muore due secondi dopo. Portano una piccola bambina con la ferita di sparo nella gamba.

La dottoressa medica la sua ferita. Nella missione non c’è più nessuno. Passano le ore: le 19, poi 21, andiamo alle nostre stanze, poi le ore 23, l’una e così fino al mattino. Per un pomeriggio è stato anche troppo. Il mattino celebriamo la santa messa, come di solito, c’è molta gente, sono venuti a prendere le loro cose. Nella savana si scoprono ancora alcuni corpi, uccisi da pallottole, e alcuni feriti. Una donna ha due ferite. Un’altra ha in un braccio due ferite d’arma da fuoco, le ossa sono schiacciate. Mercoledì aspettiamo nervosamente il ritorno dei Seleka. Non si sa che cosa fare, dove cominciare. Nestorio va alla foresta, Cirillo anche. Rimango con Cipriano. Nascondiamo alcune cose, per essere occupati.

La sera andiamo alla casa del nostro cuoco (Massayo), circa 500 m dalla casa, la notte è dura per terra, senza cuscini, sulle stuoie. Verso le ore 3,30 ritorniamo a casa. Il mattino la santa messa, poca gente, alcune suore. Quattro di loro abitano nei campi, con esse ventiquattro ragazze del Foyer (collegio). Oggi tutto il giorno siamo in due, compaiono Cirillo e Nestorio. Dalle suore il collegio funziona di nuovo, allora approfittiamo per trasmettere alcune notizie. Ieri dovevano arrivare da noi i Seleka, ma non sono ancora arrivati. Nella città non c’è nessuno, i pochi Anti-Balaka non hanno più munizione per armi da fuoco. Però lo stesso saccheggiano la città perché tengono nelle mani i fucili.

Sono venuti alcune volte alla missione. Dico loro che non posso lasciarli dentro con le armi, accettano e vanno via. Le suore decidono di dormire oggi nella scuola dei catechisti, noi più avanti a casa del nostro cuoco. E’ solo, tutta la sua famiglia è scappata nei campi. Dopo i momenti della vera minaccia e pericolo, siamo relativamente al sicuro. I nostri confratelli dal Ciad ci dicono che forse riusciranno a recuperare le nostre macchine, che si trovano là. Aspettiamo, vedremo. Scrivendo queste parole si sente il rumore delle macchine. Fuggiamo nel bosco. Rieccomi a scrivere dopo un’ora e mezza. Anche le suore sono andate nel bosco. Ci siamo fermati a circa un chilometro dalla casa… Le parole Ave Maria ci vengono sulle labbra.

Nella strada principale si vedono le tracce di una grande macchina. Sento rumori sconosciuti. Incontro un signore che lavora con un’antenna telefonica. Dice che ha visto due macchine, una a 10-ruote e una seconda piccola. Un respiro di sollievo. Questa piccola macchina del colore rosso è stata vista ieri a Bouar e proprio l’aspettiamo. Torno alla missione, anche le suore ritornano a casa. Forse sarà una notte tranquilla Probabilmente dormiremo nella savana, ma già più tranquillamente…

Adesso proviamo a telefonare all’ong Medici senza frontiere che è a Paoua (135 km da Bocaranga), per trasportate almeno i feriti gravi. Forse arriveranno domani. Mi scuso se risulto importuno e per la difficoltà nel leggere, ho scritto sul piccolo tablet. Grazie per il ricordo nella preghiera, Dio vi benedica”.

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