Il papa:la speranza cristiana non è una ideologia. Il ricordo della fede di Karol Wojtyla
La speranza cristiana non è ideologia o slogan di gruppo, i cristiani sono la speranza se restano uniti a Gesù. Benedetto XVI lo ha ripetuto ai giovani di Roma che con lui nella basilica vaticana hanno celebrato il quarto anniversario della morte di Giovanni Paolo II. Una messa per i giovani che il papa polacco ha amato e che lo hanno amato come “loro”. Nella intensa omelia Benedetto XVI ha ricordato la profonda spiritualità di Karol Wojtyla che “sin da giovane si mostrò intrepido e ardito difensore di Cristo: per lui non esitò a spendere ogni energia al fine di diffonderne dappertutto la luce; non accettò di scendere a compromessi quando si trattava di proclamare e difendere la sua Verità; non si stancò mai di diffondere il suo amore.
Dall’inizio del pontificato sino al 2 aprile del 2005, non ebbe paura di proclamare, a tutti e sempre, che solo Gesù è il Salvatore e il vero Liberatore dell’uomo e di tutto l’uomo.” Una esperienza che lo rese fecondo: “Si potrebbe dire che specialmente negli anni del suo lungo pontificato, egli ha generato alla fede molti figli e figlie.” La celebrazione è stata anche la preparazione alla messa della Domenica delle Palme, Giornata mondiale della Gioventù a livello diocesano. Un cammino che da 23 anni porta per il mondo la gioia della resurrezione e che ha visto nascere conversioni, vocazioni e famiglie cristiane. “Come padre affettuoso e attento educatore, ha spiegato Benedetto XVI parlando di papa Woytjla, indicava sicuri e saldi punti di riferimento indispensabili per tutti, in special modo per la gioventù.” Benedetto è tornato a quella notte del 2 aprile del 2005:”Sentivano, i giovani, che la sua scomparsa costituiva una perdita: moriva il “loro” Papa, che consideravano “loro padre” nella fede.
Avvertivano al tempo stesso che lasciava loro in eredità il suo coraggio e la coerenza della sua testimonianza. Non aveva egli sottolineato più volte il bisogno di una radicale adesione al Vangelo, esortando adulti e giovani a prendere sul serio questa comune responsabilità educativa? Anch’io ho voluto riprendere questa sua ansia, soffermandomi in diverse occasioni a parlare dell’urgenza educativa che concerne oggi le famiglie, la chiesa, la società e specialmente le nuove generazioni. Nell’età della crescita, i ragazzi hanno bisogno di adulti capaci di proporre loro principi e valori; avvertono il bisogno di persone che sappiano insegnare con la vita, ancor prima che con le parole, a spendersi per alti ideali.” Una forza ed una speranza che non sono state frutto di risorse umane, “occorre fidarsi anche e in primo luogo dell’aiuto divino.” Una vera speranza cristiana non ha fondamento in se stessa, ma necessita di una “roccia” a cui ancorarsi, cioè Cristo. Solo in Lui, dice il papa ,diventa sicura e affidabile.
E Benedetto XVI mette in guardia i giovani anche dal rischio, dato il contesto culturale e sociale nel quale viviamo, “di ridurre la speranza cristiana a ideologia, a slogan di gruppo, a rivestimento esteriore. Nulla di più contrario al messaggio di Gesù! Egli non vuole che i suoi discepoli “recitino” una parte, magari quella della speranza. Egli vuole che essi “siano” speranza, e possono esserlo soltanto se restano uniti a Lui! Vuole che ognuno di voi, cari giovani amici, sia una piccola sorgente di speranza per il suo prossimo, e che tutti insieme diventiate un’oasi di speranza per la società all’interno della quale siete inseriti.” E così Benedetto XVI consegna ai giovani la fiaccola della fede e dell’ amore di Cristo. “È la fiaccola che il Papa Giovanni Paolo II ci ha lasciato in eredità. L’ha consegnata a me, come suo successore; ed io questa sera la consegno idealmente, ancora una volta, in un modo speciale a voi, giovani di Roma, perché continuiate ad essere sentinelle del mattino, vigili e gioiosi in quest’alba del terzo millennio.” L’invocazione è sempre a Maria perché, dice il papa “Aiuti ciascuno di noi a vivere, come lui ha fatto, ripetendo Totus Tuus.”