Per non dimenticare Cocò
Non ci sono alibi per nessuno se guardiamo le foto del piccolo Cocò, soli tre anni, ucciso in modo atroce in una macchina trovata bruciata a Cassano Ionio. Un bambino sorridente come tutti i bambini di quell’età, nonostante avesse vissuto momenti difficili.
Immagini che dovremmo portare nel cuore: com’è potuto succedere questo?
Una domanda che dovremmo porci tutti, nessuno escluso perché quanto è accaduto ci vede tutti coinvolti, come ha detto il vescovo di Cassano Ionio e segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino “Come si può – ha detto – dar fuoco a una macchina sapendo che lì dentro vi sono delle persone e, tra queste, un bambino? Come si può non sentire il pianto di un bambino? Come si può?”. Quanto è avvenuto, ha aggiunto, è “una sconfitta di tutti, soprattutto di quanti continuano a girare alla larga dal disagio morale, oltre che economico e sociale nel quale si vive accanto a noi”. Ma è anche una “sconfitta” “per quanti nella nostra Comunità ecclesiale continuano a pensare che basta una serie di cerimonie ben fatte per sentirci apposto”. Ecco perché dobbiamo impegnarci affinchè quanto è successo non venga dimenticato presto come spesso succede.
Tanti hanno scritto di quanto successo, qualcuno ricordando vecchie “regole” della malavita, lontani anni luce dalla realtà da tempo ormai cambiata. Altri cercando di capire il movente di questa storia atroce. Noi non cercheremo di fare nulla di tutto questo. Vorremmo solo ricordare le parole dette dal vescovo che ha pregato su quei corpi carbonizzati ma ha voluto incontrare anche la mamma e il papà del piccolo, entrambi in carcere. A loro ha detto che ieri sera, durante la fiaccolata svoltasi per le vie del centro di Cassano, “avremmo sentito presenti anche loro in cammino con noi su una strada diversa: fatta di voglia di riscatto e fatta di voglia di vita nuova. Con loro e con noi, vogliamo sentire in cammino anche il loro bambino” e insieme – ha concluso – “vogliamo camminare per dire insieme di no alla violenza e a ogni forma di vita che si nutre di malaffare”. Dal carcere la mamma ha risposto con una lettera riprendendo alcune parole del vescovo secondo il quale al male non si risponde mai con il male. “Ho capito – scrive la donna – che dobbiamo cambiare nel cuore e dobbiamo sforzarci di non rispondere con la vendetta ma con l’amore”.
“Il mio cuore di mamma mi suggerisce di conservare nel mio animo il dolore di aver perso un figlio, ma di aver guadagnato un angelo che sicuramente non vuole che noi sulla terra continuiamo a farci del male, perché lui, sempre sorridente come lo era tra noi, vorrebbe certamente che la sua non sia una morte inutile, ma che porti pace nel cuore di tutti”.
E allora facciamo di tutto perchè quello che è successo non accada più. Iniziamo dal nostro piccolo… e evitiamo di rendere inutile quanto successo.