I fiori e l’albero
Quante prime volte ci sono nello scorrere della vita!
I primi auguri per l’anno nuovo ritornano puntuali dal 31 dicembre al primo gennaio. A ogni passaggio di anno, un certo resoconto di ciò che siamo, di ciò che saremo, di ciò che facciamo, del come operiamo, diventa serio obbligo di coscienza. Il tempo, stupenda creatura impalpabile e inafferrabile, ci è stato dato per usarlo come tesoro prezioso. Tutto ciò che siamo è legato a questa creatura e le relazioni degli esseri sono immerse nello scorrere dei ritmi del tempo.
Cos’è il tempo? Nella profonda vastità del concetto e del mistero del tempo, la mente umana barcolla e si smarrisce. La nozione di tempo, come quella dei concetti universali, sfugge all’intelligenza. Come esiste lo spazio, dove c’è la materia che lo genera; così esiste il tempo, dove c’è il movimento che lo genera. Mentre le cose passano dalla potenza all’atto, si genera il tempo che è la misura di questo misterioso fluire e trasformarsi.
Cos’è, dunque, il tempo? Sant’Agostino risponde: «Se nessuno me lo domanda, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo domanda, non lo so. Tuttavia, con sicurezza affermo di sapere che se nulla passasse non ci sarebbe il passato, se nulla avvenisse non ci sarebbe il futuro, se nulla fosse non ci sarebbe il presente» (Confessioni, 11,XIV). L’essenza metafisica del tempo rimane un mistero per la mente umana che, nella sua conoscenza, detiene un concetto di relatività e lo esprime con i tre modi di essere: presente, passato e futuro, i quali, ontologicamente, si riducono al solo presente poiché è il presente che ne attualizza l’esistenza.
L’essenza del tempo, perciò, consiste nella frammentarietà dell’essere che è divino e si articola nelle tre dimensioni: passato, presente e futuro. «Questi tre tempi – continua il Vescovo d’Ippona – sono nell’anima, ma non altrove: il presente del passato è la memoria; il presente del presente è la visione; il presente del futuro è l’attesa» (ivi, 11,XX). Per la creatura, il passato e il futuro si risolvono in realtà presente come ricordo che è presenza relativa e momentanea. Solo per il Creatore esiste l’Oggi dell’eternità che è attualità assoluta, presenza totale, permanente e infinita. Il cuore e la mente dell’uomo si riempirebbero di vertigini paurose se credessero che il prima e il poi dello scorrere del tempo sprofondassero nel nulla. Il tempo ha senso perché è innestato nell’Eterno immenso, silenzioso, inafferrabile e infinito.
Dio Creatore edifica la casa della vita, e l’uomo, talvolta, immagina che ogni anno che passa non sia altro che un attentato di demolizione. Il non credente interpreta questa demolizione come smantellamento e dolorosa caduta dell’esistenza. L’uomo di fede, invece, percepisce lo scorrere del tempo come edificazione silenziosa e provvidenziale orientata verso l’eternità. Il tempo è porta spalancata sull’Eterno Infinito. La fine del tempo sarà la realizzazione del fine del tempo orientato verso il raggiungimento della pienezza di comunione con Dio. Ogni briciola di tempo che ci viene offerta in dono diventa momento preziosissimo di grazia che ci congiunge alla Grazia. Chi non è capace di gustare l’eternità nel tempo non saprà mai vivere bene negli spazi del tempo. Nulla allora andrà disperso perché ogni atto avrà echi infiniti e valore di testamento. La sublimità di spirito dei grandi uomini è data da questa visione di luce e di fede. Il credente è persuaso che ogni gesto della vita è immenso, che nessun attimo è mai banale e che bisogna vivere tutto “ardentemente”. Il tempo, pertanto, può contenere tanta ricchezza da impreziosire la nostra eternità, come anche può essere motivo di lugubre miseria da impoverire il nostro vivere nel tempo.
Si suole dire: «Il tempo muore e noi moriamo col tempo». Niente di più falso, perché esiste il germe dell’eterno che appartiene al tempo e che lo supera: l’essere. L’uomo, infatti, anche in questo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio: ha in sé il germe dell’eterno. Dio, che sfugge completamente al tempo, ci concede di partecipare alla sua eternità. Il tempo vive già nell’eternità. L’essere mutevole affonda le sue radici nell’Essere immutabile: In ipso vivimus, movemur et sumus (At 17,28). Per agganciarsi all’Eternità non resta altro che il tempo. Esso è il nostro servitore: ci aiuta a rannodare sempre meglio i supremi legami, ci permette di aggiustarli se, per caso, si fossero incrinati o fossero divenuti troppo tesi a causa dei nostri errori. Occorre, pertanto, custodire il tempo, regolarlo e santificarlo.
Dice un proverbio orientale: «I fiori caduti non ritornano più sul loro ramo». Il tempo perduto, però, si può e si deve ricuperare. Ogni momento può essere l’inizio o la fine di una vita. Coltivare l’eterno all’interno dello spazio del tempo è dare la risposta d’amore a Colui che mi ama infinitamente di più di quanto ami le creature che mi stanno attorno. Bisogna eternare il passato con l’azione amorosa del presente proiettato nella speranza del futuro.
Davanti al tempo e alla storia, occorre farsi illuminare dalla luce del Logos, dalla Parola che crea e che, fattasi carne della nostra natura, redime e divinizza. Il cristiano deve possedere la sapienza per misurare il tempo non solo sul corso degli astri, ricavandone il computo di giorni, mesi, stagioni e anni (cf Gal 4,10), ma sul compiersi del mistero di Cristo che rigenera e unisce tutte le cose per ricondurle a Dio (cf Ef 1,10).