Papa Francesco ricorda ai giudici della Rota romana: siate pastori!

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Non parla di nullità matrimoniali, di diritto canonico o di teologia Papa Francesco ricevendo i Giudici della Rota Romana. Parla di pastorale e traccia l’identikit  del giudice tipo che deve essere essenzialmente un pastore e operare con scrupolosità e mitezza.

L’udienza di inizio d’ anno al Tribunale conosciuto soprattutto per le questioni matrimoniali è stata molto attesa, e il discorso del Papa rispetto a quello dei sui predecessori è stato prevalentemente pastorale. Il Papa ha ricordato subito che dimensione giuridica e pastorale non sono in contrapposizione, e quindi “l’ufficio giudiziario è una vera diaconia, cioè un servizio al Popolo di Dio in vista del consolidamento della piena comunione tra i singoli fedeli,e fra di essi e la compagine ecclesiale.”

E sono i giudici ad affrontare le tematiche pastorali più urgenti.

Il giudice deve avere “una maturità umana che si esprime nella serenità di giudizio e nel distacco da vedute personali.” Insomma un calarsi “nelle legittime aspirazioni della comunità in cui si svolge il servizio” e farsi interprete di “quell’animus communitatis che caratterizza la porzione di Popolo di Dio destinataria del suo operato e potrà praticare una giustizia non legalistica e astratta, ma adatta alle esigenze della realtà concreta.”

Il giudice poi deve avere “l’obiettività di giudizio e l’equità, giudicando con imperturbabile e imparziale equidistanza. Inoltre nella sua attività è guidato dall’intento di tutelare la verità, nel rispetto della legge, senza tralasciare la delicatezza e umanità proprie del pastore di anime.”

Ma la caratteristica più imporatante è quella pastorale, con il genuino spirito di servizio chi è chiamto il giudice: “giudicare la condizione dei fedeli che con fiducia si rivolgono a lui, imitando il Buon Pastore che si prende cura della pecorella ferita.”

E per questo il Papa conclude con una esortazione: “Siete essenzialmente pastori. Mentre svolgete il lavoro giudiziario, non dimenticate che siete pastori! Dietro ogni pratica, ogni posizione, ogni causa, ci sono persone che attendono giustizia.”

Il Tribunale della Rota prende il  nome dal recinto circolare in cui si adunavano o sedevano gli Uditori per giudicare le cause. Sisto IV (1472) fissò a 12 il numero dei Cappellani Uditori. Benedetto XIV determinò definitivamente la competenza del tribunale con la Cost. Iustitiae et pacis nel 1747.

L’elezione degli uditori è sempre riservata al Papa,  ma alcune nazioni concesso anche ad alcune Nazioni hanno il diritto di nominare qualche uditore. La normativa vigente che regola il lavoro e della Rota romana risale al 1994. Essenzialmente è Tribunale di appello e giudica: in seconda istanza, le cause definite dai Tribunali ordinari di primo grado e deferite alla Santa Sede per legittimo appello; in terza ed ulteriore istanza, le cause trattate già in appello dalla stessa Rota o da altro Tribunale ecclesiastico d’appello. E’ anche Tribunale d’appello per il Tribunale Ecclesiastico della Città del Vaticano.

In pratica la Rota si occupa della applicazione del Diritto Canonico e non si occupa quindi solo di matrimoni, ma anche di questioni che riguardano i religiosi, i vescovi e diversi aspetti della vita della Chiesa.

Il decano nel suo discorso di saluto ha ricordato come negli ultimi mesi la Rota abbia raddoppiato il numero di cause risolte, circa 400 nello scorso anno.

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