La Famiglia Paolina e la comunicazione nell’era digitale
Nei giorni scorsi si è svolto il 32^ incontro annuale dei Governi generali della Famiglia Paolina nel centenario della sua nascita ad opera di don Giacomo Alberione: ‘La comunicazione nell’era digitale: opportunità per l’evangelizzazione’ con gli interventi del gesuita padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, e conoscitore del mondo digitale, che ha sviluppato due relazioni, ‘L’impatto antropologico della comunicazione digitale’ e ‘Chiesa e vita consacrata di fronte alla comunicazione digitale’, condividendo la sua ricca esperienza di ‘internauta’.
Nei due interventi padre Spadaro ha ricordato che la connessione tipica di questo ‘ambiente’ sta plasmando un nuovo modo di comprendere i rapporti umani, la realtà, la cultura; che la rete è un tessuto connettivo: la Chiesa non deve adeguarsi ai tempi ma deve accompagnare questo tipo di comunicazione domandandosi quale è la vocazione della rete nella storia dell’umanità.
Quindi ha messo in evidenza l’originale vitalità del carisma paolino in questo campo invitando i partecipanti a guardare e vivere questo fenomeno con gli occhi di don Giacomo Alberione. Nell’incontro conclusivo sono emersi alcuni indirizzi, in particolare la necessità che ogni congregazione abiti la rete e lo faccia secondo le esigenze del proprio carisma in una prospettiva di collaborazione come Famiglia. Perciò occorrono persone preparate, occorre investire su sorelle e fratelli che possano offrire un servizio valido alla propria e a tutte le congregazioni in base allo specifico di ciascuna.
Nell’omelia conclusiva, commentando la lettura della liturgia della nascita di Samuele, il Superiore generale, don Silvio Sassi, ha ribadito di continuare ad irrobustire l’eredità lasciata dal fondatore: “Con un’applicazione un poco audace, anche noi, siamo chiamati a gestire il passaggio del carisma paolino dai suoi 100 anni al futuro che Dio vorrà concedergli. Proprio perché ci attende una missione umanamente ardua, abbiamo bisogno anzitutto di affidarci all’Onnipotenza divina seguendo l’esempio e l’insegnamento di don Alberione. La celebrazione del centenario dovrebbe stimolare in noi anche il gusto della storia delle nostre origini perché, se è vero che il contesto in cui viviamo è radicalmente diverso, gli elementi che lo costituiscono sono paragonabili”.
Questa esperienza comunicativa deve essere sostenuta dallo Spirito Santo: “Noi, singola Istituzione e totalità di Famiglia Paolina, siamo convinti di avere ricevuto la vocazione e la missione paolina, ma quando concentriamo lo sguardo su di noi, sulle nostre comunità, sulle nostre vocazioni, sulla formazione, sull’apostolato, siamo invasi da un senso di piccolezza e incapacità di fronte ad una missione affascinante ma fuori dalla nostra portata La storia della redazione del ‘patto’ o ‘segreto di riuscita’, a partire dal gennaio 1919, ci può aiutare ad intendere la fede che ha mosso don Alberione e le prime generazioni paoline a vivere il paradosso di una missione magnifica da portare avanti con povertà di persone e di risorse umane”.
Infatti nel 1956 don Alberione così disse alle comunità paoline di Londra: “Vivere il Patto o Segreto di riuscita significa adoperare tutti i mezzi e tuttavia, credersi inefficaci e insufficienti… Vivere il Patto! Si può dirlo nella forma più lunga come è stampata nel libretto delle nostre preghiere e si può dirlo nella forma più breve: Da me nulla posso… con Dio posso tutto. Si può anche non dire alcuna formula, purché si coltivino questi sentimenti, così la vita è stabilita nella sua vera via”.
L’intuizione di don Alberione di aprirsi al mondo della comunicazione si ritrova, a distanza di anni, anche nell’esortazione apostolica di papa Francesco ‘Evangelii gaudium’, che secondo il superiore generale è “una mobilitazione di tutta la comunità ecclesiale per l’evangelizzazione quando sottolinea che ‘l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa’ e che ‘L’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante, e la comunione con lui si configura come una comunione missionaria’ ed, infine, ‘Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze’.
Profondamente innestato nella Chiesa, anche il carisma paolino deve restare ‘itinerante’ così com’è stato concepito 100 anni fa perché la sua sola ragion d’essere è ‘pastorale’, ‘per il popolo’: evangelizzare gli uomini di oggi con i mezzi di oggi”. Ed ha concluso individuando il compito per i prossimi anni: “In particolare abbiamo il dovere di indicare, con la riflessione e con le iniziative apostoliche, che anche nella comunicazione, compresa quella digitale, ‘c’è un popolo numeroso per il Signore’ ed essere convinti che egli ha chiesto a noi, figli e figlie di San Paolo, di spendervi tutta la nostra vita, in continuità con l’esempio di San Paolo e del beato Giacomo Alberione”.