Papa Francesco: “L’azione diplomatica della Santa Sede per una giustizia più perfetta tra gli uomini”

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Il senso dell’attività diplomatica della Santa Sede è quello di perseguire “un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini”. Lo scriveva Paolo VI nella Populorum Progressio, e Papa Francesco lo cita al termine del suo primo discorso di inizio anno agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede. Un discorso che ha come linea guida la fraternità, tema del primo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace firmato da Papa Francesco. E che fa una panoramica su tutte le situazioni difficili nel mondo, a testimonianza di una preoccupazione diplomatica costante della Santa Sede.

Il discorso riprende in parte i temi del Messaggio della Giornata Mondiale per la Pace, in parte quelli del messaggio “urbi et orbi” di Natale, che korazym.org ha analizzato nel dettaglio in vari articoli.

Ma in ogni parola c’è il senso dell’agenda diplomatica della Santa Sede, che è il bene comune. Papa Francesco sottolinea che nel corso dell’anno si sono allacciate relazioni diplomatiche con il Sud Sudan, ricorda la firma di accordi con Capo Verde, Ungheria e Ciad, la ratifica dell’accordo con la Guinea Equatoriale sottoscritto nel 2012. Il Papa accenna anche alla presenza della Santa Sede nei tavoli regionali, come il Sistema di Integraciòn Centroamericana e la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale.

Una presenza che vive proprio nello spirito di creare una “giustizia più perfetta tra gli uomini”, e lo dimostrano, dice il Papa al termine del discorso, “l’azione della Chiesa ovunque nel mondo, attraverso i sacerdoti, i missionari, i fedeli laici, che con grande spirito di dedizione si prodigano in molteplici opere di carattere educativo, sanitario ed assistenziale, a servizio dei poveri, dei malati, degli orfani e di chiunque sia bisognoso di aiuto e conforto”.

Serve più fraternità nel mondo. E la fraternità si impara dalla famiglia, la quale “per vocazione dovrebbe contagiare il mondo con il suo amore” e contribuire a far maturare quello spirito di servizio e condivisione che edifica la pace, dice il Papa citando il messaggio per la Giornata Mondiale della Pace.

E, dopo aver esaltato l’entusiasmo dei giovani che il Papa ha toccato con mano a Rio, e ricordato che gli anziani non devono essere emarginati per mantenere viva la memoria di un popolo, Papa Francesco elenca le situazioni mondiali in cui la Chiesa vuole portare più fraternità.

Comincia dalla Siria, un pensiero costante per Papa Francesco, che per la pace nella nazione ha indetto anche una giornata di preghiera e di digiuno. E ci vuole più fraternità a Ginevra 2 (convocata il prossimo 22 gennaio) la conferenza di pace sulla Siria, perché questa “segni l’inizio del desiderato cammino di pacificazione”. “Non si può accettare – afferma il Papa – che venga colpita la popolazione civile inerme, soprattutto i bambini”. Il Papa allarga lo sguardo, si preoccupa per le tensioni politiche in Libano, pensa all’Egitto “bisognoso di una rinnovata concordia sociale”, plaude alla ripresa dei negoziati tra Israele e Palestina, perché “ovunque la via per risolvere le problematiche aperte deve essere quella diplomatica del dialogo”.

Poi, lo sguardo si sposta all’Africa. La lista degli Stati in difficoltà è lunga: Nigeria, Repubblica Centro Africana, Sud Sudan, Mali. Il Papa sottolinea che la Chiesa cattolica “continuerà ad assicurare la propria presenza e collaborazione, adoperandosi con generosità per fornire ogni aiuto possibile alla popolazione e soprattutto per ricostruire un clima di riconciliazione e pace tra tutte le componenti della società”.

Capitolo Asia. L’esempio è quello della Corea del Sud, che quest’anno festeggia i cinquant’anni di relazioni diplomatiche con la Santa Sede, e il Papa prega per “la riconciliazione della penisola”, puntando a un dialogo ancora più forte tra Corea del Nord e del Sud. “L’Asia ha una lunga storia di convivenza tra le sue varie componenti civili, etniche e religiose”, ricorda il Papa.

Il quale poi rimarca che la pace “è ferita da qualunque negazione della dignità umana”, prima tra tutte l’impossibilità di nutrirsi in modo sufficiente. Ricorda, il Papa, il “dramma delle moltitudini costrette a fuggire dalla carestia, dalle violenze e dai soprusi”, particolarmente nel Corno d’Africa o nella Regione dei Grandi Laghi.

Un dramma, quello dei profughi, che il Papa ha toccato con mano nella sua visita a Lampedusa per pregare per i naufraghi del male. “C’è una generale indifferenza davanti a simili tragedie, che è un segnale drammatico della perdita di quel senso della responsabilità fraterna, su cui si basa ogni società civile”.

E una ferita alla pace viene anche dall’ “avido sfruttamento delle risorse ambientali”, e per questo viene chiamata in causa “la responsabilità di ciascuno affinché, con spirito fraterno, si perseguano politiche rispettose di questa nostra terra, che è la casa per ognuno di noi”.

Al termine del discorso, il Papa rinnova la disponibilità della Santa Sede, e in particolare della Segreteria di Stato, a “collaborare con i vostri Paesi per favorire quei legami di fraternità che sono riverbero dell’amore di Dio e fondamento della concordia e la pace”. Parole che ricalcano il discorso che Pietro Parolin, segretario di Stato, ha fatto nel suo primo incontro con gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede. L’attività diplomatica del Segretario di Stato è ormai entrata nel vivo.

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