Papa Francesco e l’esempio di padre Matteo Ricci

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Dal 27 al 29 novembre 2013 papa Francesco ha incontrato l’Unione dei Superiori Generali (USG) degli Istituti religiosi maschili per un colloquio, da cui è scaturito l’articolo, ‘Svegliate il mondo’ del direttore di ‘Civiltà Cattolica’, padre Antonio Spadaro, pubblicato nel primo numero del 2014 della rivista. Tra i molti temi dibattuti papa Francesco si è soffermato sui nuovi ‘compiti’ della vita consacrata, in quanto si sta verificando un profondo cambiamento nella geografia umana della Chiesa.

“Che cosa vuole il Signore con le vocazioni che ci manda dalle Chiese più giovani?… Il carisma è uno, ma come diceva sant’Ignazio, bisogna viverlo secondo i luoghi, i tempi, le persone. Il carisma non è una bottiglia di acqua distillata. Bisogna viverlo con energia, rileggendolo anche culturalmente”. Ed ha citato il gesuita maceratese, padre Matteo Ricci, che nel XVI secolo è partito per andare in Cina:

“Pensiamo, ad esempio, alle intuizioni pioneristiche di Matteo Ricci che ai suoi tempi sono lasciate cadere”, a causa di una incomprensione con la Chiesa occidentale, in quanto nelle loro missioni i Gesuiti cercavano di adeguare l’annuncio del Vangelo alla cultura ed ai culti locali. Partendo da questo grande missionario italiano, sperando che presto sia elevato agli altari, papa Francesco ha ribadito che non si tratta di un adattamento folkloristico ai costumi di quel Paese: “è una questione di mentalità, di modo di pensare… Inculturare il carisma, dunque, è fondamentale, e questo non significa mai relativizzarlo. Non dobbiamo rendere il carisma rigido ed uniforme. Quando noi uniformiamo le nostre culture, allora uccidiamo il carisma”.

Ma quale era il metodo missionario di padre Matteo Ricci? Lo ha spiegato molto bene in un incontro, tenuto a Macerata nel 2010, il missionario del Pime e presidente della Commissione storica della causa di beatificazione di padre Matteo Ricci, padre Gianni Criveller, che lo ha paragonato a san Paolo: “Tutta la vicenda missionaria di Ricci può essere letta come una progressiva ‘ascesa’ alla capitale, Pechino. Ricci fu un missionario che mai rinunciò ad elaborare delle strategie che gli consentissero di raggiungere i suoi obiettivi. Per questo fu un missionario geniale, capace di segnare un’epoca.

Come il missionario Paolo di Tarso. Sono vari i punti di contatto tra la missione di Ricci e quella di Paolo di Tarso. Innanzitutto il fatto che avessero delle strategie. Entrambi avevano degli obiettivi precisi, la predicazione del Vangelo e la fondazione di comunità, che cercarono di raggiungere con grande determinazione, ma erano flessibili circa i mezzi per poterli raggiungere. Adattavano i metodi alle situazioni e aggiornavano le strategie alle acquisizioni frutto dell’esperienza, degli errori e dei fallimenti.

Ricci e Paolo non miravano a battezzare chiunque incontravano (di non battezzare Paolo se ne fece persino un vanto: 1 Cor 1, 14-17), ma piuttosto a creare comunità cristiane ben fondate, autosufficienti e che potessero espandersi creando nuovi spazi di evangelizzazione. Queste comunità erano collocate nei centri urbani più importanti, preferendoli alle piccole località e alla campagna”.

Ma i metodi missionari di padre Ricci furono contestati persino da alcuni gesuiti, imputando a lui di aver nascosto la natura religiosa della sua missione e il carattere cristiano del cristianesimo, pretendendo di essere scienziato, quando in realtà era missionario; parlò di Dio (tianzhu-ismo) ma non di Cristo, e soprattutto nascose la crocifissione ingannando così i convertiti circa la vera natura del cattolicesimo.

Invece padre Matteo Ricci cercava solo di annunciare il cristianesimo con la cultura cinese: “Ricci era un uomo moderno, dunque pragmatico, ed aperto a cambiare ed adattarsi al contesto in cui viveva, alle circostanze e alle acquisizioni che l’esperienza gli offriva. Ricci non aveva una strategia predefinita, decisa a tavolino. Imparò da incidenti e da errori, da amici e da oppositori. Fu determinato nel perseguire i suoi obiettivi ma flessibile nei suoi metodi. Agli inizi degli anni 1590 Ricci operò una svolta radicale nel suo metodo.

La sua nuova strategia era imperniata su una decisa valorizzazione del rapporto tra il confucianesimo e il cristianesimo, che Ricci paragonava al rapporto tra la cultura greco-latina e il pensiero cristiano. Ricci notava che molti passaggi dei testi classici cinesi erano compatibili con l’insegnamento cristiano. La distinzione tra il confucianesimo dei classici da quello dei successivi commentari è un punto chiave dell’interpretazione del confucianesimo da parte di Ricci… Matteo Ricci, capace di un’elaborazione teologica sofisticata e conoscitore delle dinamiche religiose e culturali cinesi, introdusse due distinti generi letterari nella produzione dei testi religiosi: il catechismo e la dottrina cristiana.

Questi due generi si distinguevano non solo per il loro contenuto, che non era intercambiabile, ma anche per i loro rispettivi destinatari. Il catechismo non illustrava la fede cristiana, ma piuttosto ragionava in termini cristiani, ovvero proponeva una rappresentazione cristiana della realtà: lo scopo del catechismo era argomentare le cose della fede, mentre lo scopo della dottrina cristiana era imparare a memoria le cose della fede.

In altre parole: i contenuti del catechismo potevano cambiare, a seconda dell’autore, dei destinatari, della situazione, della cultura ecc. La dottrina cristiana invece non cambiava, trasmetteva l’essenziale non mutabile e di regola veniva stampata anonimamente, come fece Ricci nel 1605, in quanto l’autore riteneva di non proporre niente di originale, solo trasmettere la dottrina ricevuta”.

Intanto secondo i media cinesi papa Francesco è al terzo posto tra i 10 ‘uomini-chiave dell’anno 2013’, votato attraverso il voto palese di 50 rappresentanti dei mass media, delle associazioni giornalistiche e diplomatiche più importanti della Repubblica Popolare Cinese, prima volta di una personalità religiosa nella classifica del China International Press Forum. Chissà se può essere un segnale di riavvicinamento tra Cina e Santa Sede? Forse la beatificazione di padre Matteo Ricci potrebbe essere un valido ponte!

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