Elsa Morante, e gli Aneddoti infantili

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Aprire una porta chiusa, fare un giro sul tram, nascondersi in un giardino: per un bambino questi erano i gesti semplici, ma fatali, che schiudevano mondi straordinari e sconosciuti, proiettavano in una dimensione <altra>, costruivano meravigliose e perduranti realtà parallele in grado di far resistere alla realtà e alle sue crudezze. E’ ancora così? Pensiamo e speriamo di sì, anche se magari sono cambiati i modi e i mezzi per far sbrigliare la fantasia. Noi, però, abbiamo ritrovato intatto quel profumo ineguagliabile di infanzia eterna in un piccolo libro appena pubblicato da Einaudi, Aneddoti infantili (p.80, 9.50 euro).

La scrittura ha un tono desueto, arcaico, che assume un tono da sortilegio, quasi incantatorio. Del resto, l’epoca a cui si fa riferimento sono gli anni Venti e Trenta, intravisti in una sorta di nebbia magica, in cui non si dissolvono piccole e grandi crudeltà, solitudini, miserie, dolori. Ma sono ammantati dall’aura affabulato ria e quindi resi misteriosi, fatati, lirici. Il racconto è quello della Morante bambina e poi adolescente, alle prese con i fratelli dispettosi e prepotenti, con la povertà che però non si vuole ammettere, con la sensazione, potente, di essere destinati a qualcosa d’altro e quindi disperatamente diversi da tutti gli altri. Ci sono la scuola, i giochi, i desideri – non meno innocenti di quelli degli adulti. Tra i giochi, uno colpisce per potenzialità poetica: i tre fratelli Morante, che possono disporre di ben poco, oltre la fantasia, se ne vanno in giro per Roma e, guardando le sue vie, i palazzi, i monumenti, decidono a chi devono appartenere: chi per primo nomina il luogo ne diventa il padrone.

Così la Città Eterna viene divisa tra i fratelli e non a poco prezzo, tra liti e dispute feroci. Così si decide di redigere dei documenti scritti in cui la proprietà venga messa nero su bianco, onde evitare problemi di attribuzione. Elsa però va ancora più in la’ e si proclama padrona di stelle e pianeti, così la guerra si sposta nello spazio.  E poi ci sono le descrizioni del paradiso e dell’inferno  secondo la visione fanciullesca e le descrizioni – impietose – di Babbo Natale e della Befana, prima blanditi come portatori di tesori mirabolanti, poi, con la delusione patita per via di regali miseri e raffazzonati, declassati alla categoria di <vecchi rimbambiti>.

Gli <aneddoti> finiscono quando Elsa comincia ad entrare nell’età adulta, con il primo amore e le prime, inevitabili sofferenze. L’infanzia si perde tra le vie della città, lungo i binari del tram, e non c’è più tempo per guardarsi indietro, perché la vita impetuosamente spinge avanti. Ma quel mondo incantato, non è perduto, è solo reso invisibile, e il poeta, lo scrittore, possono varcarne i confini non appena ne sentono il desiderio.

 

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