Lefebvriani, il papa scrive ai vescovi del mondo
Nella missiva, il papa ammette in prima luogo gli errori che hanno accompagnato la revoca: il non essersi accorti, in Curia, delle dichiarazioni negazioniste, gia’ ampiamente disponibili su internet, e il non aver spiegato in modo ”sufficientemente chiaro” le ragioni e il contenuto del gesto di ”misericordia” del pontefice. La revoca, scrive infatti il pontefice, ”ha suscitato all’interno e fuori della Chiesa cattolica una discussione di tale veemenza quale da molto tempo non si era piu’ sperimentata” e ha scatenato una ”valanga di proteste” per quello che e’ stato percepito come un passo indietro deciso rispetto al Concilio Vaticano II. “Il gesto discreto di misericordia verso quattro vescovi, ordinati validamente ma non legittimamente, – scrive Benedetto XVI – e’ apparso all’improvviso come una cosa totalmente diversa: come una smentita della riconciliazione tra cristiani ed ebrei, e quindi come la revoca di cio’ che in questa materia il Conciloio aveva chiarito per il cammino della Chiesa”.
Il pontefice lamenta anche il mondo in cui il suo gesto sarebbe stato ‘strumentalizzato’ come un insulto alla comunita’ ebraica mondiale: ”Sono rimasto rattristato dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un’ostilita’ pronta all’attacco. Proprio per questo ringrazio tanto piu’ gli amici ebrei che hanno aiutato a togliere di mezzo prontamente il malinteso e a ristabilire l’atmosfera di amicizia e di fiducia”. In realta’, spiega il pontefice, la riconciliazione tra cristiani ed ebrei ”fin dall’inizio era stato un obbiettivo del mio personale lavoro teologico”.
Nella lettera, il papa annuncia anche – come era stato ventilato da piu’ parti negli ultimi mesi – che la Pontificia Commissione ”Ecclesia Dei”, formata da Giovanni Paolo II per trattare con i lefebvriani, verra’ adesso ricondotta direttamente sotto la Congregazione per il Culto Divino. Una mossa che portera’, con ogni probabilita’, alla partenza del card. Dario Castrillon Hoyos, attuale presidente di Ecclesia Dei, e da alcuni indicato come responsabile del ‘fiasco’ lefebvriano. Alla Commissione saranno affidate, a quanto pare, le discussioni ”dottrinali” sul Concilio Vaticano II annunciate in occasione della revoca della scomunica, durante le quali la Fraternita’ San Pio X potra’ spiegare i motivi del proprio dissenso dalle riforme e innovazioni conciliari, dall’ecumenismo alla liberta’ religiosa, dal dialogo interreligioso all’accettazione della democrazia all’apertura al mondo moderno. Per il momento, scrive infatti il pontefice secondo le anticipazioni, ”il fatto che la Fraternita’ San Pio X non possieda una posizione canonica nella Chiesa, non si basa in fin dei conti su ragioni disciplinari ma dottrinali” e i suoi preti , anche se ”sono stati liberati dalla punizione ecclesiastica, non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa”. ”Non si puo’ – prosegue – congelare l’autorita’ magisteriale della Chiesa all’anno 1962, cio’ deve essere ben chiaro alla Fraternita”’. Ma papa Ratzinger critica alcuni dei ”difensori del Concilio”, che dovrebbero ricordare che ”il Vaticano II porta con se’ l’intera storia dottrinale della Chiesa. Chi vuole essere obbediente al Concilio, deve accettare la fede professata nel corso dei secoli e non puo’ tagliare le radici di cui l’albero vive”.
E ancora: ”Puo’ lasciarci totalmente indifferenti una comunita’ – i lefebvriani – nella quale si trovano 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli? Dobbiamo davvero lasciarli andare alla deriva lontani dalla Chiesa?”. Il Papa non si nasconde che dalla Fraternita’ da molto tempo siano venute ”molte cose stonate, superbia, saccenteria, unilateralismi. Per amore di verita’ devo aggiungere che ho ricevuto anche una serie di testimonianze commoventi di gratitudine, nelle quali si rendeva percepibile un’apertura dei cuori”. Ma rileva che anche nell’ambiente ecclesiale sono emerse stonature: ”a volte si ha l’impressione che la nostra societa’ abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e puo’ pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo”.