Incarnazione divinizzazione
Il cristianesimo non è altro che la storia del dramma d’amore e di libertà fra Dio e l’uomo, la nascita di Dio nell’uomo e dell’uomo in Dio. Il Natale di Cristo Dio-Uomo costituisce, infatti, l’unione perfetta dei due movimenti nel mistero teandrico, insondabile e ineffabile, dell’unità di due nature in una sola persona!
La vera via per conoscere il Mistero non passa attraverso un “filosofema” astratto costruito secondo le regole della logica formale, ma attraverso “fatti e parole” che esprimono eventi che rivelano rapporti d’amore e di libertà tra Dio e l’uomo. La Trinità e la Divino-Umanità sono espressione del carattere originale del cristianesimo che non è “monismo puro”, non è il monoteismo del giudaismo o dell’Islam, ma fede trinitaria e teandrica.
L’unione con Dio non è annullamento dell’uomo. I mistici, infatti, insegnano che nell’esperienza mistica cessa il dualismo insuperabile che oppone il soprannaturale al naturale, il divino all’umano, perché il naturale diventa soprannaturale e la creatura si deifica, senza per questo annullare la specificità di Dio e quella dell’uomo. Tutto l’uomo è così divinizzato e trasfigurato.
L’antropologia cristiana ha due basi fondamentali: quella dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio creatore e quella di Dio incarnato nell’uomo. L’uomo non è semplice creatura, ma, per mezzo di Cristo Verbo incarnato, è incorporato nella stessa vita divina. In Cristo si realizza, in modo archetipo, l’unione del Divino e dell’umano. Solo il cristianesimo insegna che Dio si è fatto uomo. L’incarnazione non comporta solo la redenzione, ma anche la deificazione. Il Verbo eterno s’incarna non soltanto per redimere l’uomo ma anche per divinizzarlo. Il vecchio detto patristico esalta il dovere dell’uomo di “farsi Dio”. Sant’Atanasio, infatti, diceva che il Verbo di Dio si è fatto uomo, perché noi fossimo divinizzati (De Incarnatione Verbi, PG 25, 192 B).
In Cristo Dio-Uomo si uniscono grazia divina e libertà umana. Dio, per mezzo della grazia, aiuta l’uomo a vincere il male dando la forza alla libertà umana; l’uomo, a sua volta, attraverso la libertà, dona la risposta a Dio e così si apre a Lui continuando l’opera della creazione nella quale è stato creato a sua immagine e somiglianza. Con l’Incarnazione, l’uomo è chiamato a divinizzarsi, cioè a restaurare la sua immagine e somiglianza con Dio ricevuta al momento stesso in cui è stato creato. L’immagine dell’uomo non è soltanto “umana”, ma anche “divina”. L’uomo è pienamente persona umana, solo quando è persona divino-umana.
All’estetica musicale, e all’arte in genere, potrebbe non interessare, e difatti non interessa, che il Verbo si è fatto carne, che il Logos, Principio dell’essere e fine ultimo della realtà creata, si è incarnato. Per l’arte liturgica, invece, il Verbum Caro, è fondamento di ogni espressività. Il Dio invisibile, imperscrutabile e inaccessibile diventa visibile, udibile e conoscibile in Cristo, perfetto volto del Padre. La Parola, fatta Carne della nostra natura umana, concede la visione e l’ascolto delle cose invisibili e non udibili. Nella santa Scrittura, parola e immagine, ascolto e visione con-vivono e si richiamano l’uno e l’altra esprimendo la stessa e unica Rivelazione.
Parola e Icona, ascolto e visione sono alla base di ogni conoscenza che sia vissuta da persone capaci di “sapienza”, cioè, d’assaporare il Verbo-Carne. L’ascolto-visione del Verbo va oltre il “visibile” e il “comprensibile” per raggiungere lo spazio in cui l’uomo fa esperienza di comunione ineffabile con la stessa vita di Dio “invisibile” e “incomprensibile”.
San Bernardo pensava a tre azioni, in riferimento alla simbiosi Verbo-Icona: ascoltare la Parola, vedere la Gloria, sperimentare il Mistero. La Parola è rivelazione del Mistero, la Gloria è presenza del Mistero. Ascolto e Visione danno l’esperienza del Mistero che è rapporto dialogico d’amore tra Dio che si svela e si rivela nel Figlio e l’uomo che, reso capace dallo Spirito, accoglie il Verbo Incarnato: A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali… da Dio sono stati generati (Gv 1,12-13). Il “vedere” è dato per essere trasfigurati, il “sentire” è offerto per essere divinizzati.
La divina Liturgia è, per sua natura, il luogo della visione-ascolto del Verbo fatto Carne rivelato e donato all’uomo per trasfigurarlo e divinizzarlo. La visione-ascolto del Verbo-Carne conduce l’orante liturgico sia al silenzio contemplante e adorante, sia al canto giubilante che la Parola, incarnata nel cuore, fa germogliare sulle labbra del vero credente. San Paolo lo dice con parole chiare e decise: La Parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine, salmi, inni e cantici spirituali (Col 3,16).
L’arte liturgico-musicale, per essere icona sonora che rivela il Mistero, deve possedere quelle qualità ministeriali che rendono testimonianza al “visibile-udibile” Verbum Caro. Non è arte decorativa aggiunta alla fede ma espressione della trasformazione dell’uomo che vive l’esperienza dell’ineffabile bellezza della santità di Dio. Dio-Bellezza rivelato è il Verbo-Luce trasfigurato. La sua potenza illumina ogni uomo e, secondo san Simone il Nuovo Teologo, trasforma in luce coloro che illumina. San Gregorio di Nazianzo afferma che Dio ha fatto l’uomo cantore del suo irradiamento (Poemata de seipso, Pg 37,1327). Fare arte liturgica significa percepire, attraverso la santità sacramentale, l’indicibile Mistero che, nell’incarnarsi, divinizza l’uomo.
Talvolta può capitare che certo modo idolatrico di auto-porsi dell’artista e dell’arte nella celebrazione dei Divini Misteri potrebbe essere causa di demoniaci frantumazioni tra Dio e l’uomo, tra l’uomo e il suo simile. La danza intorno al vitello d’oro, tentazione sempre in agguato, è immagine di un culto che va in cerca dell’auto-soddisfacimento. Ogni forma d’idolatria, di fatto, è offesa alla fede, all’intelligenza, alla dignità di Dio e dell’uomo. Il Dio di Cristo viene per spezzare i nostri idoli; quegli idoli personali o comunitari che l’uomo si trascina dietro e ai quali offre un culto come al vero Dio. Le false divinità o le “vane parvenze”, secondo il significato del termine “idolo”, dal greco eidolon, potrebbero essere anche le strutture esteriori che divengono ragioni d’essere uniche e predominanti, oppure segni esteriori assolutizzati e confusi con le sante realtà che dovrebbero servire.
Anche il culto, dunque, può essere inquinato da strane forme d’idolatria mascherata da vacua solennità. Si cede all’idolatria ogni volta che nella divina Liturgia si ascolta la parola di Dio e poi, con la vita, si cantano le modulazioni del mondo lontano da Dio. Il cuore dell’uomo, per palpitare d’amore, non può appoggiarsi sulle “vane parvenze”, ma soltanto sul Dio Uno e Trino, vivo e vero. Gesù, nostro unico Maestro e Signore, continua a istruirci che ogni gesto idolatrico è falso culto che distrugge la Libertà, la Verità, la Profezia e la Carità, annullando incarnazione e divinizzazione.