La Madre di Dio non è corredentrice ma Madre del popolo fedele
“La presente Nota risponde a numerose domande e proposte che sono giunte presso la Santa Sede negli ultimi decenni – in particolare presso questo Dicastero – circa questioni riguardanti la devozione mariana e particolarmente alcuni titoli mariani. Sono questioni che hanno suscitato preoccupazioni presso gli ultimi Pontefici e che sono state ripetutamente trattate nel corso degli ultimi trent’anni nei diversi ambiti di studio del Dicastero, come Congressi, Sessioni ordinarie, etc. Ciò ha permesso a questo Dicastero di disporre di un materiale abbondante e ricco che è alla base della presente riflessione”: così inizia la nota dottrinale ‘Mater populi fidelis’, pubblicata dal Dicastero per la Dottrina della fede, a firma del prefetto, card. Víctor Manuel Fernández, e dal segretario per la sezione dottrinale, mons. Armando Matteo, con approvazione del papa.
Quindi il testo è il frutto di un lungo lavoro collegiale e dottrinale sulla devozione mariana, incentrato sulla figura di Maria che è associata all’opera di Cristo come Madre dei credenti: “Questo testo, mentre chiarisce in che senso sono accettabili o meno alcuni titoli ed espressioni riferiti a Maria, allo stesso tempo si propone di approfondire i corretti fondamenti della devozione mariana, precisando il posto di Maria nella sua relazione con i fedeli, alla luce del mistero di Cristo quale unico Mediatore e Redentore. Ciò implica una fedeltà profonda all’identità cattolica e, allo stesso tempo, un particolare sforzo ecumenico”.
Il cuore del documento è la maternità della Madonna: “La devozione mariana, che la maternità di Maria suscita, è presentata qui come un tesoro della Chiesa. Non si tratta di correggere la pietà del popolo fedele di Dio, che riscopre in Maria rifugio, forza, tenerezza e speranza, quanto soprattutto di valorizzarla, riconoscerne la bellezza e promuoverla, dal momento che essa è un’espressione mistagogica e simbolica di quell’attitudine evangelica di fiducia nel Signore che lo stesso Spirito Santo suscita liberamente nei credenti”.
Quindi il documento prende in considerazione le espressioni mariane indicando se esse rispondono alla devozione: “Allo stesso tempo, esistono alcuni gruppi di riflessione mariana, pubblicazioni, nuove forme di devozione e richieste di dogmi mariani che non presentano le stesse caratteristiche della devozione popolare ma che, in definitiva, propongono un determinato sviluppo dogmatico e si esprimono intensamente attraverso le piattaforme mediatiche, risvegliando, con frequenza, dubbi nei fedeli più semplici.
A volte sono reinterpretazioni di espressioni impiegate nel passato con significati diversi. Perciò, il presente documento prende in considerazione tali proposte, per indicare in che senso alcune di esse rispondono a una devozione mariana genuina e ispirata al Vangelo, o in quale senso altre devono essere evitate, perché non favoriscono un’adeguata comprensione dell’armonia del messaggio cristiano nel suo insieme”.
In sostanza, la Nota ribadisce la dottrina cattolica che ha sempre messo bene in luce come tutto in Maria sia indirizzato alla centralità di Cristo e alla sua azione di salvifica. Per questo, anche se alcuni titoli mariani possono essere spiegati attraverso una corretta esegesi, si ritiene preferibile evitarli: “La Madre del Popolo fedele è contemplata con affetto e ammirazione dai cristiani poiché, dato che la grazia ci rende somiglianti a Cristo, Maria è l’espressione eminente dell’azione con cui Lui trasforma la nostra umanità; ed è anche la manifestazione femminile di tutto ciò che la grazia di Cristo può operare in un essere umano. Dinanzi a tale bellezza, spinti dall’amore, molti fedeli hanno sempre cercato di riferirsi alla Madre con le parole più belle e hanno esaltato il posto peculiare che lei occupa insieme a Cristo”.
Quindi Maria ha cooperato alla Salvezza: “Tradizionalmente, la cooperazione di Maria all’interno dell’opera della salvezza è stata affrontata in una duplice prospettiva: sia dal punto di vista della sua partecipazione alla Redenzione oggettiva, portata a compimento da Cristo nella sua vita e particolarmente con la sua Pasqua, sia a partire dall’influsso che lei attualmente esercita verso coloro che sono stati redenti. In realtà, tali prospettive sono tra esse relazionate e non possono essere affrontate in maniera isolata”.
Un altro titolo riguarda la corredenzione la Nota sottolinea che alcuni papi ‘hanno impiegato questo titolo senza soffermarsi a spiegarlo. Generalmente, lo hanno presentato in relazione alla maternità divina e in riferimento all’unione di Maria con Cristo accanto alla Croce redentrice’. Quindi cita una discussione interna all’allora Congregazione per la Dottrina della fede che nel febbraio 1996 aveva riflettuto sulla richiesta di proclamare un nuovo dogma su Maria ‘Corredentrice o Mediatrice di tutte le grazie’ con il parere contrario del card. Ratzinger era contrario. Per questo papa Francesco aveva espresso almeno tre volte la sua posizione chiaramente contraria all’uso del titolo ‘Corredentrice’.
Il documento dottrinale a questo proposito conclude: “E’ sempre inappropriato usare il titolo di Corredentrice per definire la cooperazione di Maria. Questo titolo rischia di oscurare l’unica mediazione salvifica di Cristo e, pertanto, può generare confusione e squilibrio nell’armonia delle verità della fede cristiana… Quando un’espressione richiede numerose e continue spiegazioni, per evitare che si allontani dal significato corretto, non serve alla fede del Popolo di Dio e diventa sconveniente”).
Inoltre la Nota sottolinea che l’espressione biblica riferita alla mediazione esclusiva di Cristo è invece inclusiva: “Nel contempo, abbiamo la necessità di ricordare che l’unicità della mediazione di Cristo è ‘inclusiva’, vale a dire, che Cristo rende possibile diverse forme di mediazione nel compimento del suo progetto salvifico perché, nella comunione con Lui, tutti possiamo essere, in qualche modo, collaboratori di Dio, ‘mediatori’ gli uni per gli altri”.
Per questo ‘Maria occupa un posto unico nel cuore della madre Chiesa’: La partecipazione di Maria all’opera di Cristo risulta evidente se si parte da questa convinzione che il Signore risorto promuove, trasforma e abilita i credenti affinché collaborino con Lui nella Sua opera. Ciò non avviene per una debolezza, incapacità o necessità di Cristo stesso, ma proprio per la sua gloriosa potenza, che è capace di coinvolgerci, con generosità e gratuità, come collaboratori della sua opera. Ciò che bisogna sottolineare in questo caso è proprio questo: quando Egli ci permette di accompagnarlo e, sotto l’impulso della sua grazia, di dare il meglio di noi stessi, sono la sua potenza e la sua misericordia che, alla fine, vengono glorificate”.
Infatti la mediazione si realizza perché Maria è Madre: “Nel caso di Maria, questa mediazione si realizza in forma materna, esattamente come fece a Cana e come venne ratificata sotto la Croce… Il titolo di Madre ha le sue radici nella Sacra Scrittura e nei Santi Padri, è stato proposto dal Magistero e la formulazione del suo contenuto si è sviluppata fino all’esposizione del Concilio Vaticano II e all’espressione maternità spirituale nell’enciclica ‘Redemptoris Mater’.
Questa maternità spirituale di Maria scaturisce dalla maternità fisica del Figlio di Dio. Generando fisicamente Cristo, a partire dalla sua libera e credente accettazione di questa missione, la Vergine ha generato nella fede tutti i cristiani che sono membra del corpo mistico di Cristo, vale a dire, ha generato il Cristo totale, capo e membra”.
Però alcuni titoli mostrano qualche ‘limite’ per la corretta comprensione: “Alcuni titoli, come per esempio quello di Mediatrice di tutte le grazie, hanno dei limiti che non facilitano la corretta comprensione del ruolo unico di Maria. Difatti, lei, che è la prima redenta, non può essere stata mediatrice della grazia da lei stessa ricevuta. Non si tratta di un dettaglio di poca importanza, perché rivela qualcosa di centrale: che, anche in lei, il dono della grazia la precede e procede dall’iniziativa assolutamente gratuita della Trinità, in previsione dei meriti di Cristo.
Lei, come tutti noi, non ha meritato la propria giustificazione a motivo di alcuna sua azione precedente, né tantomeno di alcuna sua azione successiva.] Anche per Maria, l’amicizia con Dio attraverso la grazia sarà sempre gratuita. La sua preziosa figura è testimonianza suprema della ricettività credente di chi, più e meglio di chiunque altro, si è aperto con docilità e piena fiducia all’opera di Cristo, e allo stesso tempo è il miglior segno della potenza trasformatrice di questa grazia”.
Per questo è sorta la pietà popolare: “Il Popolo semplice e povero non separa la Madre gloriosa da Maria di Nazaret, che incontriamo nei Vangeli. Al contrario, riconosce la semplicità dietro la gloria, e sa che Maria non ha cessato di essere una di loro. E’ colei che, come ogni madre, ha portato suo figlio in grembo, lo ha allattato, lo ha cresciuto amorevolmente con l’aiuto di san Giuseppe, e non le sono mancati gli scossoni e i dubbi della maternità.
E’ colei che canta al Dio che ‘ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote’, colei che soffre con gli sposi che sono rimasti senza vino per la loro festa, che sa correre a dare una mano alla cugina che ne ha bisogno, che si lascia ferire, come trafitta da una spada a causa della storia del suo popolo, di cui suo Figlio è ‘segno di contraddizione’; è colei che capisce cosa significa essere un migrante o un esule, che nella sua povertà può offrire solo due piccoli colombi e che sa cosa vuol dire essere disprezzati per appartenere alla famiglia di un povero falegname. I popoli sofferenti riconoscono Maria che cammina al loro fianco e per questo cercano la Madre per implorare il suo aiuto”.




























