XXX Domenica Tempo Ordinario: il fariseo e il pubblicano al tempio!

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Protagonisti della parabola sono un fariseo e un pubblicano in preghiera al tempio: due categorie di persone assai in voga ai tempi di Gesù. Fariseo era uno che si riteneva giusto, persona per bene perché osservava la legge di Mosè, pagava le tasse, digiunava: anche se poi  disprezzava gli altri che riteneva  diversi da lui. Si riteneva giusto e gradito a Dio; era invece un uomo che mancava di umiltà e carità.

Oggi possiamo paragonarlo a colui che ama proclamarsi un ‘laico’ che si crede onesto, ricco di valori; va in Chiesa solo in occasioni straordinarie ma manca di umiltà e carità. Il Pubblicano era uno additato come pubblico peccatore perché impiegato negli Uffici dello Stato, mercenario; ladro perchè come impiegato riscuoteva le tasse del popolo in favore di una nazione straniera; era considerato nemico del popolo  e viveva senza particolari scrupoli una religiosità di comodo. L’insegnamento di Cristo Gesù segue una logica diversa: non sono le opere che aprono la via della salvezza ma l’adesione a Cristo, vero Dio e vero uomo; da qui la fede e l’amore vero verso Dio,  creatore e Padre, e verso i fratelli, conforme all’insegnamento della Bibbia.

La giustificazione e la relativa salvezza provengono dalla Fede in Cristo e dall’amore verso Dio e verso i fratelli. Non esistono due categorie di persone: i giusti  ( o farisei) e i peccatori (o pubblicani), ma esiste l’uomo che si salva  se crede ed ama: amare Dio, creatore e padre, e amare  tutti gli uomini, fratelli in Cristo Gesù. Nella parabola i due si trovano nel tempio a pregare: una preghiera profondamente diversa; il Fariseo prega esaltando se stesso e le sue capacità perchè osserva la legge, digiuna, paga le tasse per il culto e può camminare a viso alto perché si reputa amico di Dio; nello stesso tempo prende le distanze dal pubblicano che reputa oggettivamente cattivo.

Il Pubblicano ammette in coscienza che tante volte sbaglia davanti a Dio ed invoca perdono  e si affida alla misericordia divina; si reputa peccatore e indegno di stare alla presenza di Dio. E’ la preghiera dell’umile che invoca ‘o Dio, abbi pietà di me, peccatore’. Gesù conclude nella parabola: ‘Il Pubblicano tornò a casa sua giustificato perché chiunque  si esalta sarà umiliato; chiunque invece si umilia sarà esaltato!’ Lo stesso concetto evidenzia anche l’apostolo Paolo, già fariseo e figlio di farisei, convertitosi nella via di Damasco che ora invoca Dio ‘il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno’.

Ciò che salva, dirà l’apostolo, è la nostra fede in Cristo e l’amore. Solo la preghiera dell’umile arriva al cuore di Dio. Abramo credette e gli fu ascritto come giustizia; l’apostolo Paolo convertitosi predica la fede e la carità. nel cristianesimo la logica dell’amore ha sempre il sopravvento sulla logica della legge. La logica farisaica era quello del ‘do ut des’, mi comporto bene così Dio mi ama e mi salva. La logica dell’amore: Dio mi ama e la mia risposta non può essere se non ‘amore’. 

La radice di ogni peccato è non amare. Da quì le parole di Gesù: in verità il Pubblicano ritornò a casa giustificato a differenza del Fariseo perché: ‘chi si esalta sarà umiliato; chi si umilia sarà esaltato’. La comunità cristiana in san Paolo ha trovato il suo modello: l’impegno apostolico di Paolo deve impegnare ciascuno di noi ad essere forti nelle sconfitte, gagliardi con l’aiuto di Dio nel vivere la nostra adesione a Cristo; avere il coraggio di lottare con l’aiuto di Dio, sicuri nella vittoria finale. La Santissima Vergine Maria, madre nostra e regina degli Apostoli, ci sostenga a vivere il nostro battesimo e ad essere ‘Chiesa in uscita’ per bene invocare Dio ‘Padre nostro che sei nei cieli’.

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