Il 68° viaggio di solidarietà e speranza della Fondazione Santina in Siberia. In viaggio con due donne e tre autori

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 16.10.2025 – Vik van Brantegem] – Come abbiamo annunciato [La Fondazione Santina ristruttura un refettorio per bambini poveri in Siberia – 26 settembre 2025], in occasione del 68° Viaggio di solidarietà e di speranza in Siberia, che Mons. Luigi (Don Gigi) Ginami, Presidente della Fondazione Santina e dell’Associazione Amici di Santina Zucchinelli svolgerà dal 24 al 28 ottobre 2025, verrà inaugurato a Novosibirsk un refettorio per bambini poveri in Russia. Riportiamo di seguito il primo report di Don Gigi del viaggio, che avrà come tema La speranza vede l’invisibile, sente l’intangibile e realizza l’impossibile.

Report 68/1 – In viaggio con due donne e tre autori

Sono seduto comodo a casa in Città Alta a Bergamo. Tra 8 giorni partirò per la Siberia, dove a Novosibirsk inaugureremo la ristrutturazione di un refettorio per bambini poveri ed emigrati. In queste giornate mi concentro sul complicato viaggio a motivo delle non eccellenti relazioni tra Russia e Ucraina-Unione Europea. Nel silenzio cerco di leggere, studiare e preparare ogni dettaglio del viaggio. Mi fa compagnia un bellissimo romanzo di Dostoevskij Memorie dalla casa dei morti, nel quale il celebre scrittore russo descrive la sua prigionia nel gulag di Omsk, dove fu recluso per lavori forzati dal 1850 al 1854. Questa esperienza traumatica divenne fondamentale per la sua opera letteraria, offrendogli una profonda comprensione della sofferenza, della natura umana e della redenzione. Omsk si trova non molto distante da dove viaggerò. E le pagine di Dostoevskij, insieme con le pagine di Arcipelago Gulag scritto Aleksandr Isaevič Solženicyn, sono una buona guida.

Conosco da molti anni la Russia, ma la Russia di Mosca e San Pietroburgo. In quel contesto, negli anni 2002-2004, avevo predisposto dispense per sette lezioni svolte a dei visitatori Italiani. Come dimenticare la figura di Pavel Aleksandrovic Florensky, e le pagine del suo celebre libro del 1974 La colonna e il fondamento della Verità. Ricordo ben anche una sua citazione tolta da un altro bellissimo suo libro: «Tutto passa, ma tutto rimane. Questa è la mia sensazione più profonda: che niente si perde completamente, niente svanisce, ma si conserva in qualche modo e da qualche parte. Ciò che ha valore rimane, anche se noi cessiamo di percepirlo.» (Pavel Aleksandrovič Florenskij, Non dimenticatemi, 1933-1937, Mondadori 2000, 156 pagine). Il 26 febbraio 1933 Florenskij viene condotto agli arresti, condannato a dieci anni di gulag e più tardi trasferito in un campo di prigionia presso le isole Solovki, nel Mar Bianco. Qui, al posto di un antico monastero, era stato eretto il primo campo di detenzione e “rieducazione” comunista.

Ecco quindi chi viaggerà intellettualmente con me: Florensky, Solženicyn e Dostoevskij. Ma questo mio viaggio non è culturale, non è un viaggio intellettuale. Ciò che devo preparare, è il cuore, la mia capacità di amare, che deve essere predisposta bene per il breve soggiorno vicino al cuore di tanti bambini che soffrono povertà ed emigrazione. Ed allora a preparami sono due donne: Blanca che viene dall’Ecuador e Galina originaria della Russia. Due donne che conoscono le parole bambini, migrazione e la parola povertà. Allora iniziamo.

È il 16 marzo 2024, la sera verso le 21.30 Maria Blanca passa a casa di Elio, l’anziano che accudisce, per vedere se stia bene e predisporlo per la notte. La donna non si immagina di vedere una durissima scena. Sale le scale, apre lentamente la porta, entra e dice “Signor Elio… buonasera!” Il corridoio è buio, la luce della cucina è accesa e Blanca istintivamente va verso il locale, prima di entrare lungo il corridoio ripete: “Signor Elio, sono Blanca come sta?” Non riesce a finire la frase e resta impietrita: l’anziano è per terra con la faccia rivolta al pavimento: morto! Blanca spalanca i grandi occhi e lo spavento prende il sopravvento, ma riesce a chiamare i parenti a dare spiegazioni all’ambulanza ed alla polizia. Poi, nel cuore della notte rientra a casa: sola. Ed è proprio nel cuore della notte e nella solitudine della casa che mi invia questo formidabile messaggio:

“La notte insegue il giorno… sento il vuoto e sento tanta nostalgia e tanta tristezza. È una notte infinita e tutto sembra un banale sacrificio: si soffre, si vive, si lavora senza mai concludere nulla. A volte mi chiedo: perché sono nata? L’unica Verità è mio figlio: senza di lui, questa vita non la voglio, se non ci fosse lui, non avrebbe un senso concreto. Cosa sto facendo? Ho voglia di andare via, di sparire” (Messaggio WhatsApp – Domenica, 17 marzo 2024, ore 02.48).

Erano le 02.48 della mattina e la donna mi invia questo strepitoso messaggio, che chiede senso alla vita, Il messaggio di Blanca è capace di leggere anche la nostra vita e di chiedere significato. È la vita di Blanca che mi prepara alla Siberia, una vita fatta di povertà e di lavoro, lavoro umile come donna di pulizie o accompagnando bambini ed anziani come nel caso di Elio o di Giusy, una nonnina che è morta alcuni mesi fa. Una vita dura ma dignitosa, con un fortissimo riferimento a Dio e al Vangelo.

Maria Blanca frequenta la Comunità dei Mormoni e ogni mese versa la decima: il dieci per cento di quanto guadagna. Mi chiedo se noi Cattolici saremmo disposti a versare alla Chiesa ogni mese il dieci per cento del nostro salario. Lei sì, che capisce la parola bambini. Ha due meravigliosi nipotini, Liam e Asher, e quando si incontra con loro la nonna ha una grande felicità che si legge nei suoi grandi occhi.

Blanca conosce bene la parola povertà, quella povertà che incontrerò nei bambini in Siberia dove abbiamo ristrutturato per loro un refettorio. In questi giorni, facendo con lei una passeggiata sulle mura, mi racconta un fatto dolcissimo dei suoi primi anni in Italia. Sul grande viale alberato delle mura venete in questi giorni cadono molte castagne genge dagli alberi. Le castagne genge, chiamate più comunemente castagne matte o castagne d’India, sono i semi dell’ippocastano, una pianta diversa dal castagno e quindi non commestibili, perché tossiche a causa della presenza di sostanze come le saponine. Sono note per un’antica leggenda contadina, secondo cui tenerle in tasca protegga dal raffreddore, ma questa usanza non ha basi scientifiche.

Bene, nella nostra passeggiata Blanca prende una grande castagna e me la mostra: mi colpisce per il colore lucido. La donna sorridendo mi dice. “Ti racconto un fatto, Don Gigi di molti anni fa, al mio arrivo in Italia con il mio piccolo Felipe. La mia situazione economica non era bella: oltre a me dovevo sfamare ed accudire anche il mio piccolo e cercavo sempre alimenti economici e di risparmiare su tutto per arrivare alla fine del mese. Vedevo che la gente prendeva quelle castagne, e le chiamava proprio castagne, un cibo per me commestibile. Senza pensarci due volte dissi a mio figlio: ‘Felipe, raccogliamo le castagne così in queste serate autunnali ce ne facciamo una scorpacciata!’ Arrivai a casa e misi il pentolone dell’acqua sul fornello e ci buttai le castagne quando l’acqua divenne bollente. E noi due ad attendere che le castagne si facessero morbide per mangiarle. Dopo circa un’ora mi sono accorta che quelle castagne rimanevano dure e il gusto non era buono e buttammo tutto!”

La donna ride e forse sente anche una leggera vergogna nel raccontarmi quel fatto. Io invece accolgo nel mio cuore questo fatto che rivela la sua semplicità e umanità. Blanca ormai da quasi due anni vive qui in casa con me, per tornare il sabato e la domenica da suo figlio e dai suoi adorati nipoti. In questi anni Blanca ha saputo sorprendermi, Abbiamo viaggiato insieme in Terra Santa e in Kenya, ed è proprio in Africa che ho scoperto il suo amore e la sua dedizione per i bimbi. È una donna che lavora duramente. Talvolta lavora in tre, addirittura quattro famiglie al giorno, e quando rientra stanca morta la sera al posto di riposare: fa partire la lavatrice, stira, pulisce i pavimenti, cucina. Quando, a conclusione della giornata leggiamo insieme un capitolo di Vangelo, non vi nascondo che la donna è stanchissima.

Ma Blanca mi stupisce anche per la capacità di mettersi in gioco su diversi settori: il 4 dicembre 2023, grazie alla sua testardaggine è diventata cittadina italiana. È stata bellissima la cerimonia e anche l’ottenere l’agognato passaporto.

Ma Blanca si dedica anche allo studio. Pensate che lo scorso anno ha ottenuto il diploma di scuola superiore all’Istituto Mamoli di Bergamo e poi si è iscritta al Corso OSS del patronato, svolgendo con profitto corsi di tirocinio ed approfondendo la cura dei malati e degli anziani con dispense e libri di testo. Infine la domenica, questa donna è tutta dedita alla preghiera nella sua chiesa mormona. Tante volte mi chiedo dove trova tutta la forza, quella forza che le ha fatto superare la disperazione di quella notte del messaggio.

Ma ritornando al messaggio, che mi ha inviato quella notte, penso a Blanca con quella forza ben descritta da Mons. Davide Pelucchi la scorsa domenica 12 ottobre 2025. Il Vicario Generale era venuto in cattedrale per l’insediamento del nuovo parroco Don Claudio Dolcini, e nella sua omelia mi colpì molto la citazione di un’opera di Diego Fabbri, Processo a Gesù. In quel bellissimo scritto, nel processo alla fine, prima del giudizio, prendono la parola due donne, una di esse mi piacerebbe chiamare Blanca, la donna delle pulizie, che a favore di Gesù dice queste bellissime parole rivolta ai giudici: “Un momento. Perché anch’io voglio dire quel che hanno già detto la signora, lì… e il giovanotto: non ce lo dovete toccare, Gesù. Noi non abbiamo l’intelligenza per stare delle giornate intere a ragionare… Noi siamo poveri… e semplici, e Gesù lo sentiamo, lo conosciamo, chiedo scusa, come fosse uno dei nostri. È il nostro tesoro. E allora non dovete toglierci questa sola cosa che abbiamo, ma che per noi è tutto. Gesù è tutto, per noi! Oh! Io sono una madre, lavoro qui, nel teatro – spazzo… le pulizie – oh! prendo proprio due soldi, e mi danno un buco di casa…”

Questa bellissima citazione di Diego Fabbri ha aiutato tanto la mia meditazione ieri e parto per la Siberia con questa formidabile citazione nel cuore: “Noi siamo poveri… e semplici, e Gesù lo sentiamo, lo conosciamo, chiedo scusa, come fosse uno dei nostri. È il nostro tesoro. E allora non dovete toglierci questa sola cosa che abbiamo, ma che per noi è tutto. Gesù è tutto, per noi!”

Maria Blanca sembra anche incoraggiarmi nel viaggio ormai prossimo, suggerendomi le parole di Dostoevskij nel romanzo Memorie da una casa di morti. Scrive il celebre autore: “Senza un qualche scopo e senza l’aspirazione a raggiungerlo, nessun uomo può vivere. Quando perde lo scopo e la speranza, l’uomo dall’angoscia spesso si trasforma in un mostro”. lo scopo di tutti i nostri era la libertà. Grazie Blanca per la tua formidabile fede che ti aiuta a superare ogni ostacolo.

La seconda donna che mi aiuta a prepararmi al grande viaggio di solidarietà,  è una ragazza russa di nome Galina Grechenkova, nata il 6 giugno 1967 e morta tragicamente l’11 ottobre 2009 a soli 32 anni. Vado in Russia per lei. È la mamma di Filippo, uno splendido ragazzo di19 anni, nipote di Franca Scordo. Proprio a Galina verrà dedicato il nuovo refettorio e sono tanto orgoglioso di questo. Non ho conosciuto Galina, ma conosco Filippo e il ragazzo è davvero un portento: intelligente, dinamico e simpatico. Pensate che Filippo ha voluto scrivere una sua lettera ai ragazzi, che saranno presenti alla inaugurazione. Ve la riporto qui:

“È con grande gioia che ho pensato di dedicare questa opera in onore della mia mamma, che era di nazionalità russa, e che è venuta a mancare quando io ero molto piccolo. Il refettorio, oltre ad essere un posto in cui si consumano i pasti. È anche un luogo d’incontro, soprattutto per quei bambini, figli di immigrati, che devono inserirsi nel nuovo contesto sociale. Anch’io ho fatto le mie prime amicizie quando frequentavo la Scuola Materna, e sono state molto importanti per me e per la mia crescita. Auguro a questi bambini che il nuovo refettorio sia un luogo di allegria e di condivisione e ringrazio Fondazione Santina per avermi dato questa opportunità di crescita, umana e spirituale. Con gratitudine. Filippo”.

Come potete vedere, Filippo ben conosce il tema dell’immigrazione, come lo conosceva la madre Galina, che ben conosceva anche la ristrettezza e la difficoltà dovuta al fatto di essere migrante in Italia. Questa bella lettera è lo scritto di un giovane che vuole onorare la propria madre. Quanto mi piacerebbe che Filippo fosse con me in Siberia, per tagliare il nastro del refettorio ristrutturato.

Anche il padre di Filippo ha voluto mandare un suo pensiero ai mie piccoli siberiani. È una lettera piena di affetto e con grandi considerazioni umane. Qui di seguito la riporto:

“Cari Ragazzi,
vi scrivo questa lettera per rammentarvi che la grande famiglia umana non conosce confini geografici, politici o culturali e noi abbiamo contribuito a quest’opera dalla lontana Italia per dare testimonianza proprio di questo.
Mio figlio Filippo, alla cui madre è stata intitolata questa Opera, è la prova vivente dell’incontro di due culture, due etnie e due mondi diversi, in lui vedo il meglio di me e di sua madre, per cui egli è la prova vivente che insieme si può far meglio, nelle piccole e nelle grandi cose della vita.
Vi invito ad affrontare l’esistenza che vi attende con il cuore colmo di speranza, ma non quella sciocca che ci spinge ad inseguire le cose futili della vita, ma la Speranza che viene dalla Fede in Dio. Vi esorto a coltivarla ogni giorno, ed a cercare di vedere nel mondo che ci circonda, ed anche nei piccoli eventi della vita, quanto sia la mano di Dio a compiere ciò che di buono ci accade. Anche nelle disgrazie, non scordatevi mai che è possibile trasformare problemi in opportunità. Serve tenacia, buon senso e soprattutto Fede. Se riuscirete ad affronterete in questo modo tutti gli accadimenti della vita, vi garantisco che ogni problema si appianerà, non sarà facile e questo vi darà la Speranza da cui trarrete la forza di trovare una soluzione. Ricordate sempre che nella vita, tante cose possiamo ottenerle con le nostre forze, ma che l’Amore di Dio è talmente grande da portarci i doni più belli ed importanti. Rifletto sempre sul fatto che le cose più importanti che ho, sono state un suo dono: mio figlio, l’amore dei miei familiari e la mia stessa vita. Chiedete per ogni scelta importante, ma anche per quelle meno importanti, che Dio vi illumini il cammino e vedrete che facendo tanti piccoli passi sulla giusta via, raggiungerete mete inattese. Ringrazio Fondazione Santina per quello che fa nel mondo, in particolare Don Gigi per il suo esempio di vita e ringrazio anche Suor Daria per il suo impegno e la sua disponibilità verso chi ha più bisogno. Con gratitudine. Giuseppe”.

Dopo avervi mostrato anche la bella testimonianza di Giuseppe, ritorno a Galina e alla sua vita spezzata. Nel romanzo di Diego Fabbri vi è un’altra donna, che con forza esprime un pensiero che voglio riportare. La donna si oppone fortemente alla condanna di Gesù nel processo messo in scena e si oppone con queste splendide parole:

“Si…c’è una ragione… intima, mia… Vede: la gente come me ce n’è tanta di gente come me se non avesse la certezza… che Gesù è venuto per capire e per perdonare e per salvare anche noi sarebbe disperata! Più niente da fare! C’è sempre un momento nella nostra vita che rimane soltanto Lui a difenderci, a prendere le nostre parti proprio quando non abbiamo più difese, e la vita tutt’intera, ci sputa addosso. Come faremmo a continuare a vivere con un po di speranza ancora con un filo di speranza nella bontà della gente, se anche Lui, parlo di Cristo, viene condannato? Non voglio che lo condanniate nemmeno per gioco, qui, stasera non provateci nemmeno! Io dico di no, di no, di nooooo!”

È arrivata l’ora del pranzo, e Maria Blanca mi dice che il piatto è in tavola.

Vi dico che questo viaggio sarà meraviglioso, grazie alla compagnia di due meravigliose donne: Blanca e Galina e tre autori del calibro di Florensky, Solženicyn e Dostoevskij.

Foto di copertina: la Cattedrale di Santa Sofia nel Cremlino di Tobol’sk, in Russia, che è l’unico Cremlino in pietra della Siberia. Il complesso fortificato si estende su quasi 23 ettari e include vari monumenti.

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