Tra l’eredità di Papa Francesco e la necessità di guardare avanti
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.10.2025 – Andrea Gagliarducci] – La settimana in cui Papa Leone XIV ha pubblicato la sua prima Esortazione apostolica, Dilexi te, fu anche la settimana in cui prese la prima decisione di governo, che annullava una decisione del suo predecessore – in materia di finanze vaticane – e non è cosa da poco.
Dilexi te è, infatti, profondamente opera di Papa Francesco. Il suo stile è riconoscibile e vengono evidenziate anche le sue bestie nere ideologiche, tra cui le élite e le strutture corrotte. Papa Leone XIV rivide profondamente il testo ricevuto, ma il lavoro era già a buon punto. Leone XIV, insomma, ha dimostrato la sua volontà di non abbandonare completamente l’eredità del suo immediato predecessore, pur traducendola e appropriandola in traduzione.
Per quanto riguarda il governo della Chiesa – e più specificamente del Vaticano – le cose potrebbero aver iniziato a prendere una direzione molto diversa.
Fu una decisione personale di Papa Francesco quella di affidare tutti gli investimenti della Santa Sede all’Istituto per le Opere di Religione, noto anche come “banca vaticana”. Tanto che Francesco aveva addirittura chiarito la questione con un Rescritto, che interpretava in modo restrittivo una disposizione contenuta nel testo di riforma della Curia, la Costituzione apostolica Praedicate Evangelium. Eppure, in questo caso, Leone XIV non ha avuto dubbi nell’annullare quella decisione con un tratto di penna, abrogando il Rescritto con una Lettera apostolica in forma di Motu proprio di tre articoli che, fin dal titolo – Coniucta cura (Corresponsabilità) – dimostra la volontà di riportare le questioni di gestione finanziaria ad una prassi più collegiale.
Le due decisioni sono diverse in apparenza, ma sono in linea con la visione complessiva che Leone XIV ha della sua missione, che consiste nel bilanciare l’ingombrante eredità del suo predecessore, mantenendo se stesso, il Vaticano – il suo Vaticano, ora – e l’intera Chiesa concentrati sul futuro.
Leone XIV procede con calma, cercando innanzitutto di risolvere le questioni in sospeso senza causare ulteriori sconvolgimenti. Non lo vedremo distribuire incarichi alla sua gente tutti in una volta, come se gli uffici della Curia fossero suoi da assegnare nell’ambito di un spoils system, ma metterà in atto una necessaria transizione.
Questo approccio, ovviamente, ha anche i suoi lati negativi.
Almeno per un po’ di tempo, darà una parvenza di credibilità ai sostenitori di una narrazione che vorrebbe Leone XIV in perfetto allineamento con il suo predecessore, che la sinodalità voluta da Francesco sia più viva che mai, nonostante tutti i segnali contrari, e che la rivoluzione di Papa Francesco continuerà a ritmo serrato.
Dilexi te fa ben poco per smentire questa narrazione, almeno non in superficie. Il fatto che i Cardinali Michael Czerny e Konrad Krajewski – due “creazioni” di Papa Francesco – siano stati chiamati a presentare Dilexi te, potrebbe essere considerato un’ulteriore conferma di ciò.
Czerny, tuttavia, ha 79 anni e sta per andare in pensione, e il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale avrà presto un nuovo responsabile. Anche l’Elemosineria Apostolica (ovvero il Dicastero per il Servizio della Carità), guidato da Krajewski, ha perso il ruolo centrale che teneva sotto Papa Francesco. Le missioni di Krajewski, anch’esse influenzate dalla transizione papale, sono cessate e la sua presenza sui media è diminuita.
Tutto potrebbe quindi far pensare a un lungo addio, ad un premio prima dell’addio (per Czerny) o ad una ridefinizione delle responsabilità (nel caso di Krajewski). Allo stesso tempo, viene mantenuta una parte essenziale e teologicamente indiscutibile del ruolo di Papa Francesco, come la sua attenzione per i poveri, lasciando che tutto il resto venga assorbito.
La pubblicazione di Dilexi te potrebbe quindi essere una decisione di governo?
Vale la pena ricordare come il primo importante documento del pontificato di Francesco, l’Enciclica Lumen fidei, sia stato avviato anche dal predecessore di Francesco, che era ancora in vita all’epoca e in qualche modo partecipava alla vita della Chiesa. Certamente Benedetto XVI è rimasto un punto di riferimento per molti.
L’idea generale è, che il ricambio generazionale sia già avvenuto con l’elezione di Leone XIV, e porterà a un lungo addio ad un mondo che non esisterà più.
Cambieranno quattro capi dicastero, un nuovo Concistoro si terrà probabilmente l’anno prossimo, quando i numeri lo consentiranno (130 persone hanno votato per eleggere il Papa all’ultimo Conclave, troppe secondo gli stessi cardinali). Nel frattempo, si sta cercando di gestire con garbo un’eredità ingombrante come quella di Papa Francesco.
Papa Francesco è stato, in definitiva, l’ultima espressione di un mondo degli anni Settanta che portava con sé anche tutta la sua violenza ideologica e politica.
La questione dei poveri, onnipresente nella storia della Chiesa, ha influenzato anche il modello istituzionale della Santa Sede. Molto è stato messo in discussione in quegli anni, e molto è stato assorbito successivamente nel lungo pontificato di Giovanni Paolo II e quello di Benedetto XVI. Papa Francesco, in definitiva, ha rappresentato l’ultima scintilla di un mondo ormai destinato a cambiare.
Leone XIV non vuole cancellare l’eredità del mondo precedente. Come era già accaduto con la Teologia della Liberazione, quando la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede scrisse due Istruzioni [*], proprio per non distruggere il lato positivo del movimento, Leone XIV appare desideroso di evitare un bilancio a somma zero con il mondo del passato e di preservare sinceramente il bene che vedeva in quel mondo.
Non è né un Papa della continuità né un Papa della discontinuità. Si circonda di amici e frati per le decisioni quotidiane e di figure istituzionali per le decisioni di governo. Indossa la mozzetta e tutte le insegne del papato, comprese quelle liturgiche, ma si ferma anche a parlare informalmente con i giornalisti.
In ultima analisi, sarà il modo in cui Leone governerà a contare davvero. Privando lo IOR dei suoi diritti esclusivi di investimento, il nuovo Papa ha compiuto un passo necessario.
Papa Francesco aveva anche conferito allo IOR la giurisdizione esclusiva per affrontare lo scandalo che circondava la gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Papa Francesco era convinto che centralizzando tutto, tutto sarebbe stato assorbito. Tuttavia, questa centralizzazione ha perso di vista la collegialità, ovvero la responsabilità condivisa di tutti gli organi della Curia, nonché la necessaria diversificazione delle risorse, che impedirebbe un’eccessiva corruzione. Perché se un unico organo prende decisioni senza competizione, è probabile che sorgano problemi. Se, invece, gli organi decidono insieme, valutando più opzioni, è più difficile che emerga una struttura corrotta.
Questo vale per le finanze, così come per la gestione della Curia. Dopo la nomina dell’Arcivescovo Filippo Iannone a Prefetto del Dicastero per i Vescovi, resta da vedere come Leone XIV procederà e se la riforma della Curia sarà assorbita in una gestione collegiale e collaborativa di tutti i dicasteri.
Tra l’eredità del passato e uno sguardo al futuro, il pontificato di Leone XIV è ormai pienamente operativo.
Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican.
[*] Istruzione su alcuni aspetti della «teologia della liberazione» Libertatis nuntius del 6 agosto 1984 e Istruzione sulla libertà cristiana e la liberazione Libertatis conscientia del 22 marzo 1986.



























