Il Drammatico barocco: la mostra di Carlo Saraceni a Palazzo Venezia

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La bella mostra “Carlo Saraceni: un veneziano tra Roma e l’Europa” si vede a Roma, a Palazzo di Venezia, fino al 2 marzo 2014. L’ha organizzata la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Roma, è stata ideata da Rossella Vodret e curata da Maria Giulia Aurigemma. Carlo Saraceni (1579-1620) fu uno dei primi e più importanti seguaci e interpreti di Caravaggio. Fu a Roma attorno al 1600 e vi rimase per due decenni, riscuotendo grande successo, prima di rientrare a Venezia, dove morì poco dopo nel 1620. Come si evince – anche dal felice ritratto in mostra – Saraceni fu pittore gentiluomo, colto e benestante e interpretò con profondità la cultura artistica del suo tempo. E’ raro vedere una interpretazione così intensa e drammatica degli ardui argomenti religiosi che la Riforma cattolica impose ai pittori del tempo. Nonostante l’altissima qualità delle sue opere, Saraceni è però rimasto per molto tempo un artista poco indagato e quindi, oggi, da rivalutare.

In particolare, andando al di là dello specifico contenuto religioso e apologetico dei dipinti, emergono le intuizioni e le figurazioni di un ingegno pittorico ancora avvincente e suggestivo. Di Saraceni sono in mostra, nelle stupende sale di Palazzo Venezia, circa 60 opere, alcune delle quali restaurate per l’occasione e che provengono da chiese, musei e collezioni internazionali. La scelta è davvero ricca e significativa. Sobriamente illuminate, tra le opere giovanili si vedono il Paradiso del Metropolitan Museum di New York, mentre viene da Madrid l’intrigante Venere e Marte (collezione Thyssen) e la Giuditta. Opera davvero complessa è il cupo e drammatico Diluvio Universale, ritrovato in un convento di clausura nella penisola sorrentina, di cui il restauro e le ricerche documentarie hanno confermato l’autografia. Il piacevole sentore dei colori di restauro esalta le grandi pale del periodo maturo come l’Ostensione del Sacro Chiodo con San Carlo Borromeo (Roma, San Lorenzo in Lucina). San Carlo è presente in più opere che rendono ragione della sua figura molteplice di uomo di Chiesa, ma anche di testimone delle criticità del suo tempo.

Pregevole è la sala dedicata ai temi della mitologia greca, con il trittico del Mito di Icaro, come pure interessanti sono le figurazioni di Maria Maddalena, a riprova del fatto che Saraceni fu un pittore completo, versato sia per la pittura sacra che per quella profana.Ha scritto Daniela Porro: “nel variegato e bizzarro circolo di artisti che giunsero Roma nei primi anni del Seicento, Carlo Saraceni fu uno tra i più fedeli seguaci di Caravaggio, sebbene presto capace di evidenziare la sua singolare personalità attraverso l’esperienza caravaggesca, mitigata dalla sua cultura essenzialmente veneziana. Nella particolare interpretazione dei modi del pittore lombardo, mantenne sempre un rapporto più attenuato tra luce ed ombra, declinandolo in un effetto più sfumato che ammorbidisce la sintassi caravaggesca”.

Giudizio da condividere assolutamente, evidenziando anche la tonalità cruda e drammatica – per nulla retorica e piuttosto veristica – che Saraceni imprime alle figurazioni dei santi e dei martiri e che rappresenta una soluzione certo diversa da quella di Caravaggio, ma egualmente efficace. In sintesi, la mostra romana rende evidente sia l’evoluzione stilistica del pittore – che va dal naturalismo nordico dei primi paesaggi fino al caravaggismo della maturità – che l’originalità cromatica e figurativa con cui si inserì nel vivace contesto del tempo a contatto con committenti privati e committenze pubbliche. Le dimensioni diverse in cui seppe riprodurre i suoi soggetti mostrano bene il differente uso cui erano destinate le opere. Nella foto: Carlo Saraceni, La Madonna e il Bambino con Sant’Anna.

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