Australia, iniziano i gemellaggi nelle diocesi. Ma per gli iracheni non c’è posto
Un’occasione per conoscere la realtà delle Chiese locali, condividendo con tanti coetanei lo spirito della Giornata mondiale della gioventù. È iniziata ieri in Australia, l’esperienza dei “Giorni nelle diocesi”, la proposta di gemellaggio che precede l’incontro internazionale di Sydney con il papa. Migliaia di pellegrini sono stati accolti dalle famiglie e dalle parrocchie delle grandi città australiane, per vivere 5 giorni di incontro e di preghiera, ma anche di conoscenza del territorio. Oltre 5mila italiani sono a Melbourne, dove stamani il vescovo Denis Hart ha celebrato la messa nello stadio “Telstra Dome”. Cerimonie analoghe si sono svolte anche a Perth, Adelaide, Brisbane e Canberra.
“I giorni nelle diocesi, spiega Selina Hasham, responsabile nel Comitato organizzatore della Gmg dei rapporti con le diocesi e le comunità – sono un’opportunità di rinnovamento per la Chiesa locale e danno la possibilità di prepararsi per la settimana della Gmg, permettendo ai pellegrini internazionali e australiani di unirsi nel pellegrinaggio verso Sydney. La Chiesa australiana coglie quest’occasione per coinvolgere l’intera comunità in uno spirito di ospitalità e prega perché il rinnovamento della fede resti a lungo nei cuori della sua gente”.
Non mancano tuttavia alcune ombre, come l’esclusione del gruppo di giovani iracheni che non hanno ricevuto il visto dalle autorità. Timori per la sicurezza e paura che la delegazione chiedesse asili polito, è stata la spiegazione ufficiosa, anche se la decisione ha del clamoroso. ”Il mancato rilascio dei visti di ingresso – ha detto mons. Jibrail Kassab, vescovo caldeo dell’eparchia di Oceania e Nuova Zelanda – rappresenta un motivo di grande tristezza”. ”Sarebbe stato un momento di grande condivisione di fede – ha affermato il vescovo – da cui avrebbero tratto giovamento tantissimi giovani e non solo iracheni. Purtroppo, motivi probabilmente politici lo hanno impedito”.
E’ amareggiato anche padre Rayan P. Atto, parroco della chiesa di Mar Qardagh ad Erbil. “Sono deluso, – dice – anche perché la partecipazione alla GMG di Sydney per i giovani iracheni cristiani non era un sistema per lasciare il paese. La maggior parte degli iscritti al gruppo viene dal nord dell’Iraq, una zona tranquilla, non ha ragione di fuggire e certo non l’avrebbero fatto sfruttando un’occasione legata alla fede. Non si sta parlando di una vacanza, ma di una sorta di pellegrinaggio che avrebbe fatto sentire quei giovani parte di una comunità riunita per conoscersi, confrontarsi, pregare”. In ogni caso, chiarisce padre Atto, “noi, giovani iracheni cristiani, anche se non fisicamente presenti a Sydney saremo insieme a tutti i giovani del mondo, e speriamo di poter portare la nostra testimonianza diretta in occasione della prossima GMG”.
Nonostante la situazione creatasi, la presenza irachena non mancherà a Sydney, grazie agli emigrati che vivono in Australia, Usa ed Europa, per un totale di circa 700 persone.