La Santa Sede promuove una soluzione per superare gli squilibri economici mondiali

La Santa Sede non usa mezze misure: siamo al bivio. Al bivio tra il fallimento di una agenda economica mondiale che porti ad un accordo per il commercio equo sia per Paesi in via di Sviluppo e Paesi Sviluppati e lo scenario più auspicabile di una Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO) capace di riprendere il suo ruolo centrale nel promuovere un commercio più libero e solidale.
L’intervento del 4 dicembre alla conferenza ministeriale del WTO a Bali di Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente presso la Sede ONU di Ginevra si bilancia tutto tra questi due poli. Tra la necessità di sviluppare relazioni multilaterali, perché nessuno venga escluso e la convenienza dei Paesi a sviluppare accordi regionali, che in fondo favoriscono gli squilibri tra regioni più ricche e regioni più povere.
Tomasi sottolinea che il numero degli accordi regionali è “cresciuto in maniera esponenziale durante gli ultimi 15 anni. Al momento c’è una chiara tendenza di allargare ancora di più questi accordi regionali per formare accordi di commercio mega regionali, come ad esempio, la Transatlantic Trade and Investment Partnership o la Trans Pacific Partnership”.
Vero, sottolinea Tomasi, l’allargamento degli accordi regionali “è un passo avanti verso la liberalizzazione del commercio”, ma – aggiunge – “dobbiamo tenere a mente che questi accordi inevitabilmente minaccio la desiderabilità di raggiungere un accordo su basi realmente multilaterali”.
Da sempre la Santa Sede ha espresso critiche sul cosiddetto Doha Round, e anche sulle riunioni dei vari gruppi G (G20, G8), un “club” di Paesi che decidono per tutti, senza che ci sia una vera rappresentatività mondiale.
Ma Tomasi è ottimista. Da Bali sottolinea che “un accordo di facilitazione del commercio chiaro e bilanciato è chiaramente alla portata. Può essere il primo accordo di commercio multilaterale prodotto dal WTO”. Di più: “Potrebbe essere il più significativo sviluppo portato avanti dal WTO nella sua storia”.
L’accordo multilaterale non riguarderebbe solo il commercio. Può essere raggiunto “su altri temi come un meccanismo di monitoraggio per l’implementazione di speciali forniture e nuove linee guida sulle regole di origine dei prodotti, e – ultimo ma non meno importante – i problemi di alcune nazioni in via di sviluppo riguardanti la sicurezza alimentare”.
Sottolinea Tomasi che la promozione del commercio “può avere un impatto positivo su diverse economie e così mettere le basi per una ripresa economica più forte e per un ritorno alla crescita pre-crisi, dato che la domanda interna debole può essere supportata da componenti esterne”.