L’Ucraina nel racconto del presidente dell’Azione Cattolica di Bologna Daniele Magliozzi

Da Bologna e Vicenza i giovani dell’Azione Cattolica Italiana nei mesi scorsi hanno visitato i giovani ucraini per ‘coltivare la speranza’ in un tempo in cui la guerra continua incessante, colpendo soprattutto i civili, grazie ad un gemellaggio, nato 2 anni fa, fra l’Azione Cattolica di Bologna e la chiesa greco cattolica ucraina; al ritorno in Italia hanno raccontato la loro esperienza: “L’idea del viaggio nasce dall’Azione Cattolica di Bologna, che (su iniziativa della Presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana) in questi anni ha ospitato molte volte gruppi di giovani ucraini. Un viaggio che ha toccato le città di Lviv, Ternopil, Bucha e Kiev, ed abbracciato la Chiesa greco-cattolica ed i suoi giovani che in questi anni non hanno mai perso di vista il bene, pur sperimentando l’orrore della guerra”.
La delegazione dell’Azione Cattolica di Bologna e dell’Azione Cattolica nazionale era composta dal presidente diocesano felsineo, Daniele Magliozzi, dall’assistente diocesano, don Stefano Bendazzoli, da Nicola Fava e Andrea Alberoni, rappresentanti del settore giovani dell’Azione Cattolica diocesana, e da Emanuela Gitto, vice presidente nazionale del settore giovani dell’associazione. Quindi abbiamo chiesto al presidente dell’Azione Cattolica della diocesi di Bologna, Daniele Magliozzi, di raccontare alcune impressioni:
“Tutte le associazioni laicali giovanili ucraine, anche le più piccole, si sono attivate per creare dei luoghi accoglienti di cura per tutti, a partire dai più piccoli. La Chiesa locale di Ternopil è vivissima e super impegnata, come i suoi giovani. Tutti, sin dal primo momento, hanno supportato le attività legate all’emergenza. Alcuni dei loro soci sono al fronte, ci hanno raccontato, quasi tutti hanno parenti stretti o amici in combattimento.
Superata la fase critica dei primi mesi di guerra, oggi servono la propria comunità con rinnovato slancio: c’è chi promuove attività estive per i figli dei militari, chi si è mosso per raccogliere fondi per sostenere le necessità urgenti delle famiglie, e chi continua ad accompagnare le domande di vita dei giovani. A Kyiv abbiamo incontrato i giovani della diocesi accolti lo scorso anno dall’Ac di Bologna. Non senza emozione, ci troviamo nei sotterranei della Cattedrale della Risurrezione, per chi è in presenza. Molti altri infatti si collegano su zoom, perché nelle loro città sono in corso allarmi aerei, e per questo non ci hanno potuto raggiungere. Siamo stati anche al santuario di Zarvanitsya per pregare e affidare alla Madonna una preghiera per la pace”.
Cosa avete sperimentato a Kiev?
“Nella visita abbiamo potuto constatare di persona i danni che la guerra sta facendo e l’opera fondamentale e straordinaria che la Chiesa cattolica ucraina sta compiendo; un lavoro enorme di supporto del tessuto sociale colpito da lutti, sofferenze fisiche e psicologiche. Abbiamo visitato molte città piene di manifesti di ragazzi giovani caduti in guerra, abbiamo incontrato gruppi giovanili che, nonostante le ferite enormi nei loro occhi e nei loro volti, hanno l’entusiasmo, la voglia di ripartire e di sognare. Siamo andati a Buča vicino Kyiv e abbiamo potuto vedere gli orrori e i massacri della guerra.
Arrivati in Ucraina siamo stati accolti da p. Roman Demush vice presidente della Commissione patriarcale per gli affari giovanili della Chiesa Cattolica ucraina, che ci ha ringraziato per la visita: ‘Questa visita di solidarietà è una prova molto preziosa del sostegno degli ucraini, della nostra Chiesa e, in particolare, dei giovani.
Quando i giovani ucraini dei territori più colpiti dalle ostilità hanno partecipato alle varie iniziative del progetto ‘Gli abbracci guariscono’, gli amici italiani hanno assicurato loro che li avrebbero ricordati nelle preghiere e che sarebbero venuti in visita in Ucraina. Questa visita è stata un mantenere la promessa fatta. Durante i nostri incontri con vari gruppi di giovani, ho ringraziato i rappresentanti dell’Azione Cattolica per la loro coraggiosa testimonianza di vicinanza. Dopotutto, venire in Ucraina ora è una decisione coraggiosa che ha stupito i nostri giovani’. Abbiamo anche incontrato il nunzio apostolico, mons. Visvaldas Kulbokas”.
Cosa significa aver visitato Bucha?
“Il desiderio di ricostruire è forte, come ha raccontato Veronika Diakovych, la responsabile della ‘National Ukrainian Youth Association’ (Numo), che è in dialogo con le istituzioni per contribuire alla formulazione di una legge per le politiche giovanili. La loro missione è quella di creare ambienti sicuri, dove ragazzi e giovani possano crescere in serenità. Insieme a lei abbiamo visitato Bucha, la città martire nota per il massacro di civili durante l’occupazione russa.
Entrando, ci siamo subito accorti che i segni di distruzione stanno lasciando il posto a case di nuova costruzione. Qui ricostruire è segno di speranza, significa allontanare da sé le ferite di quei giorni di follia omicida. La Chiesa ortodossa al centro della città ha ancora segni dei colpi di mortaio e di mitragliatrice. Alle sue spalle, la stele con i nomi di tutti coloro che persero la vita nella strage e un elenco dei dispersi, come ci ha raccontato p. Roman: Bucha è diventata luogo di pellegrinaggio”.
In quale modo alimenterete questa amicizia con gli ucraini?
“Capire che siete qui mi dà la speranza che non siamo sole, ci ha detto una delle ragazze.
L’obiettivo che ci siamo dati come Azione Cattolica diocesana è quello di non dimenticarci mai di loro nella preghiera e di continuare in questo gemellaggio importante cercando di programmare alcune attività di accoglienza che possano aiutare i giovani ucraini a vivere più serenamente gli anni della loro vita”.
(Tratto da Aci Stampa)