Da Macerata a Loreto invocando pace

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“In pellegrinaggio si va per chiedere e per ringraziare. In pellegrinaggio si va per stare con Gesù, chi va da Maria si ritrova con Cristo. Passo dopo passo, vi ritroverete a stare con Lui”: questo è stato il messaggio delle suore di clausura di Vitorchiano, che ha aperto il 47^ pellegrinaggio da Macerata a Loreto, svoltosi nella notte tra sabato 14 giugno e domenica 15 giugno, con 70.000 persone arrivate anche da molte parti dell’Europa ed anche dalla Colombia.

Un Pellegrinaggio raggiunto dalla notizia del femminicidio di Gentiana Hudhra da parte dell’ex marito a Tolentino, per cui il vescovo di Macerata, mons. Nazzareno Marconi, aveva chiesto di pregare intensamente, oltreché per la fine delle guerre nel mondo, soprattutto per la giovane mamma: “Permettete che vi chieda una speciale preghiera per tutte le vittime dei femminicidi, anche perché purtroppo non più di mezz’ora fa è avvenuto un delitto a Tolentino, una giovane donna sembra stata uccisa dal marito e questo ci mostra come purtroppo la guerra non sia solo una cosa lontana, ma possa arrivare anche dentro ogni casa. Sentiamoci interrogati tutti da questa vicenda per educarci al rispetto della vita e delle persone”.

Prima della celebrazione eucaristica, officiata dal prefetto del dicastero delle cause dei santi, card. Marcello Semeraro, e durante il pellegrinaggio notturno molte testimonianze ed un’invocazione alla ‘Regina della pace’, filo conduttore di questo 47^ Pellegrinaggio che chiede: ‘Signore, dove abiti?’ A tale domanda hanno risposto Franco, un ex detenuto a Forlì, che ha raccontato come dietro le sbarre ‘dove persino la dignità ti viene tolta’, ha trovato la felicità grazie all’incontro con il cappellano don Enzo che lo ha aperto alla vita e aiutato a reinserirsi nella società: “La catechesi in carcere è come fonte di acqua pura e il percorso avviato attraverso Il senso religioso di don Giussani è continuato anche fuori; ora aiuto gli altri e sono felice”. Infatti prima del carcere, di soldi ne aveva ma non gli bastavano mai. Adesso, con € 600 al mese, trova anche il modo di aiutare gli altri e di sentirsi un po’ ‘giullare di Dio’, come san Filippo Neri.

Anche Imen ha trovato luoghi dove abitare, dopo aver lasciato la sua ‘casa’ fatta di dipendenze e di condotte sul filo della legalità. Il primo luogo è stata la comunità ‘L’Imprevisto’ e poi il posto di lavoro, dove i titolari le hanno voluto bene come ad una figlia. Così ha finito per chiedere a loro e agli educatori dove abitassero, cioè ‘quale fosse il segreto del loro sguardo’ che l’aveva spinta a cambiare: “Quello che mi corrisponde della vostra religione è che Dio ti si fa compagno nel cammino della vita, e questa per me è una bellissima avventura, della quale voglio andare sempre più in fondo”.

Gli altri racconti, che hanno tessuto questo pellegrinaggio, sono disegni di una stessa filigrana che, ha rivelato una trama di dimore che vanno dall’intimità della vita familiare di Riccardo, Giulia, Emanuele e Serena al sì quotidiano a Gesù di Maria Silvia, nella propria personale lotta contro la malattia. Ma che si innervano anche nelle grandi tragedie del Medio Oriente, come ha raccontato Jean Francois che vive in Aleppo, dove coordina i progetti di ‘Pro Terra Sancta’ in mezzo alle macerie della guerra e del terremoto ed a quelle dell’umanità ‘causate dalla perdita di speranza di avere un giorno una vita degna’. Oppure la testimonianza di Chiara che è di Torino, ma insieme al marito Hussam, medico ospedaliero, vive ad Haifa, in Israele: dopo il 7 ottobre, nella comunità cristiana a cui appartiene, non sono mancate le divisioni fra chi vive in Palestina e chi in Israele, ‘salvati’ dall’amicizia di Cristo.

Prima della messa è stato letto il messaggio inviato da papa Leone XIV tramite il segretario di Stato Pietro Parolin, che è un’esortazione ‘ad imparare lo stile umile e silenzioso della Vergine’, perché il Pellegrinaggio susciti in ciascuno un nuovo entusiasmo per diventare testimoni gioiosi e autentici del Vangelo: “Il Pellegrinaggio ricorda a noi e al mondo che quello di cui l’uomo ha davvero bisogno è Cristo. E che c’è un luogo, la Chiesa, dove lo possiamo incontrare e dove possiamo portare tutto quello che abbiamo nel cuore”.

Nell’omelia il card. Marcello Semeraro si è soffermato sul tema del pellegrinaggio: “Cosa c’è nella profondità di questa domanda? Io penso che ci sia anzitutto un intimo, benché ancora inespresso desiderio di incontro, di comunione. Non domandano un indirizzo, ma una casa dove stare insieme, dove conoscersi e vivere l’intimità dell’amicizia. Sia questa la spinta anche per il vostro cammino. Perciò è chiamato ‘pellegrinaggio’: perché indica sempre una meta. Poi alla domanda dei discepoli Gesù risponde: Venite e vedrete” .

Quindi ha indicato nella Casa di Nazareth il segno che ricorda che lì il figlio di Dio si è fatto uomo per esserci compagno di cammino, aggiungendo che, nella loro domanda, i due discepoli esprimevano il desiderio di vivere l’intimità dell’amicizia, citando un’esortazione di un monaco: “La Santa Casa di Loreto è la casa della speranza, dove tanti fratelli e sorelle possono incontrare Gesù con sua Madre… Se Loreto è la meta geografica del cammino, sia però ciascuno di noi la casa dove tanti fratelli e sorelle possono incontrare Gesù con sua Madre”.

A lui abbiamo chiesto di raccontare dove è la casa della speranza?

“Quella che è indicata dal pellegrinaggio è la Santa Casa di Loreto, perché è la casa dove si è realizzato un ‘sì’: innanzitutto il sì di Dio all’uomo e di conseguenza il sì dell’umanità a Dio attraverso Maria, che Dio dica sì a noi significa che si fa nostro compagno di strada”.

In quale modo i santi aiutano a mantenere viva la fede?

“Innanzitutto i santi sono testimoni. La Chiesa canonizza alcuni battezzati ed alcune battezzate non solo per essere invocati, ma per servire da ‘modello’, affinchè anche noi possiamo far nostra la sequela di Cristo”.

Uno di questi santi è Floribert Bwana Chui:  “Al beato Floribert non è stato chiesto di rinnegare Cristo, ma è stato chiesto di uccidere gli uomini, fornendo loro cibo avariato. Egli si è rifiutato. Noi verifichiamo in questa testimonianza ciò che dice san Giovanni: non puoi dire di amare Dio che non vedi, se non riesci ad amare il tuo fratello che vedi”.

A settembre papa Leone XIV canonizzerà i beati Piergiorgio Frassati e Carlo Acutis: quali esempi per i giovani?

“Acutis e Frassati sono giovani molto differenti. Acutis è un adolescente, quindi uno che si affaccia alla vita. L’adolescenza è un’età della vita che ha bisogno di modelli. Frassati, invece, è un giovane che sta diventando adulto ed ha fatto le sue scelte in una fedeltà a Cristo che si esprime attraverso l’amore verso i più poveri ed i più bisognosi. Ha scelto di laurearsi in ingegneria mineraria per essere vicino ai minatori, che esercitano un lavoro duro e pericoloso”.

(Tratto da Aci Stampa)

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