Pietro

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 11.06.2025 – Luigi Ginami [*]] – In questo articolo racconto un #VoltoDiSperanza, che molto mi ha aiutato negli scorsi anni e che è molto conosciuto, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità. Ecco il mio racconto.
Inizio con le parole della Prima Lettera di San Pietro al capitolo quinto versetto sette: “Gettando su di lui ogni vostra preoccupazione perché egli ha cura di voi”. Mi domanderete: “Don Gigi, come mai scegli questa frase?”. Questa frase ha per me un grande valore di ispirazione e devo raccontare un fatto del 12 febbraio 2022. Mi trovo a Roma; chiedo al Cardinale Pietro Parolin di poter passare a salutarlo. Ci conosciamo da 25 anni, quando lui lavorava nella Seconda sezione della Segreteria di Stato, ed era Sottosegretario. Ci diamo cordialmente del tu.
Il cardinale mi attende per le 13.00. Giungo in anticamera e incontro Enrico l’usciere, anche con lui siamo amici. Dico a lui che devo andare dal cardinale e lui mi risponde: “Don Gigi è impossibile, per le 13.00 la sua agenda prevede la visita di un amico. Dico ad Enrico di salutarmi lui il cardinale e sto per uscire. Enrico scompare dietro la porta degli uffici del Cardinale per tornare dopo poco e mentre mi sto mettendo il giaccone sorridente mi ferma e mi dice: “Scusa Gigi, l’amico sei tu, entra pure”.
Pietro mi accoglie con grande cordialità, si informa della mia nuova vita a Bergamo, mi ricorda di avere letto molti dei miei libretti. Parliamo dolcemente della sua mamma Ada, del suo delicato servizio alla Chiesa universale e al Santo Padre. Parliamo delle grandi tensioni nel mondo e poi offro a lui il libretto di Halima, l’ultimo che ho scritto riguardante l’Africa. Gli dico che sono contento di essere rientrato in diocesi e della bella iniziativa con gli asili dell’infanzia in Kenya, per l’orfanotrofio di Mambrui. Il Cardinale mi appare molto interessato e mostra davvero il cuore di un buon prete, di un ottimo parroco. Sono orgoglioso di conoscere il Segretario di Stato in questa veste, molto bella e molto ben riuscita: un prete felice.
Don Pietro mi domanda: “Don Gigi, sei contento di avere lasciato il Vaticano?”. Sono coraggioso e non ho paura di lui, il dialogo è sereno: “Indipendentemente dal modo con cui sia avvenuto, io penso così Eminenza: quando ero piccolo e sono entrato in seminario, volevo farmi prete pensando alla vita normale di un prete, la parrocchia, l’oratorio, le Messe, la catechesi, la visita ai malati. In questi mesi mi sono interrogato profondamente e posso dirti, che mai e poi mai avrei pensato di lavorare qui in Segreteria di Stato per 25 anni; mai nel mio discernimento vocazionale era entrata la parola Papa o la parola Vaticano e ti devo dire che di questo sono orgoglioso. Mai un momento avevo pensato a questo servizio; poi i miei superiori a Bergamo mi prospettarono lo studio a Roma e questo invece lo vivevo con grande piacere: studiare, prepararmi. Nello studio, sì, riuscivo bene e nelle mie lauree ottimi voti, summa cum laude. Poi mi fu chiesto di andare alla CEI per 5 anni e in seguito il vescovo mi chiese di venire in Segreteria di Stato il 18 giugno 1996. Devo essere sincero? Non mi ci vedevo proprio qui dentro: non ho scelto io, ho solo obbedito e mi è anche costato. Allora tornare in diocesi significa riscoprire le radici della mia vocazione e lo sto facendo con la mia Fondazione e con il confronto sereno con i miei superiori e il padre spirituale, che mensilmente incontro e che è il Cardinal Comastri”.
Il Cardinal Parolin lo sa che mi confesso da Comastri e mi dice: “Angelo Comastri, caro Don Gigi, è un ottimo prete e ti aiuterà a leggere bene ogni tua preoccupazione alla luce di Dio”. “Sai, don Pietro, mi confesso settimanalmente da un anziano sacerdote che si chiama Don Tobia e mensilmente invece ho un colloquio con Comastri. Poi ho un ottimo amico a Bergamo, un vicario episcopale che si chiama Don Lino, con lui svolgiamo colloqui spirituali proficui, anche con il vescovo e con il vicario generale vi è un buon rapporto. Informo sempre Don Davide, il mio vicario generale, delle mie attività tramite WhatsApp, forse anche troppo”.
Don Pietro mi dice: “Sono contento per te, la tua diocesi è una bellissima diocesi e vi sono numerosi sacerdoti”. Decidiamo insieme di chiamare Don Davide al telefono. Non ci riusciamo e allora mandiamo un messaggio WhatsApp. Il tempo trascorre veloce e sono quasi le 14.00. A questo punto chiedo a Don Pietro un’indicazione spirituale da lasciarmi nella bibbia logora. Il Segretario di Stato con benevolenza scrive: “Gettando su di lui ogni vostra preoccupazione perché lui si prende cura di voi” Pietro Parolin 12.2.2022. Gigi, prosegue il Cardinale, non avere paura, getta nel Signore le tue preoccupazioni per il futuro, per la tua Fondazione: stai facendo del bene, sei sulla giusta strada, vivi con umiltà le umili mansioni di ogni giorno come pulire, lavare e cucinare: ti faranno bene. Ammiro molto quello che la tua Fondazione nell’anno 2020 ha fatto per l’ospedale di Bergamo, ti ho scritto anche un biglietto, ricordi?
Sorrido e prendo lentamente il mio logoro vangelo apro la pagina e ad alta voce dico: “Caro Don Luigi, ti ringrazio vivamente per l’omaggio del volumetto: Luca. Bergamo del ciclone del coronavirus. L’ho molto apprezzato e credo costituisca un segno di speranza nella tragedia che ci ha colpito tutti, ma in particolare la tua Provincia e la tua Diocesi. Mi fa poi piacere sapere che con la vendita si sono potuti fornire due ventilatori polmonari per l’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo. Grazie ancora, il Signore ti benedica. Con viva cordialità Pietro Parolin”.
Alzo gli occhi dal libro e lo guardo fisso: “Era il 24 maggio 2020 e non sai quale forza mi ha dato il tuo scritto, come ora me lo ridona la tua proposta spirituale di vivere gettando in Dio ogni mia preoccupazione. La situazione in cui mi trovo è sicuramente una salutare provocazione: non ho più lo status symbol di un incarico qui dentro, non sono più nessuno: sono solamente un prete felice che si deve riconoscere profondamente come tale, come sacerdote e non come impiegato vaticano. La più bella onorificenza non è quella che mi hanno dato quando ho terminato l’incarico: quella medaglia non mi aiuta a leggere la vita, questo colloquio con te invece sì, come mi aiutano i bambini dell’ADASM di Bergamo, che con i loro piccoli risparmi aiutano i bimbi sieropositivi di un orfanotrofio del Kenya, dove mi sto recando nelle prossime settimane.
Così facendo, mostro al Segretario di Stato le ultime pagine del libretto di Halima dove si illustra l’iniziativa. Il cardinale le sfoglia e mi pone alcune domande, si complimenta con i piccolini dell’asilo… e allora sfrontatamente dico a lui: “Don Pietro, mi fai un ultimo regalo? Mi registri un videomessaggio per le famiglie dei piccolini? Sai, per le norme COVID non posso visitare le famiglie, nei prossimi giorni concluderò il giro degli asili, registreremo un video per ogni paese ed alla fine del video vorrei mettere il tuo saluto, intendiamoci bene, sono poche centinaia di persone e il video in YouTube è destinato a rimanere senza alcuna visibilità, solo le famiglie interessate”. Il cardinale sorride e mi dice: “Perché no! Certo, se può fare del bene a queste famiglie lo faccio volentieri. Si vede che per tanti anni hai avuto a che fare con i mass media e con i social”.
Sorride compiaciuto, registra un bel messaggio che ora sta girando tra le famiglie di Bergamo e sta facendo molto bene. Don Pietro mi dice di salutare il vescovo e il vicario generale, mi augura buon viaggio e mi dice che una volta passerà a Bergamo andando dalla sua mamma per un saluto e provare i pizzoccheri di Silvana. Io ci credo. Chissà se sarà possibile? Se ha fatto un video, perché questo uomo eccezionale non può passare a mangiare un piatto di pasta?!
Ed ecco, cosa succede il 22 febbraio 2025. La promessa del cardinale si realizza. Ecco la mia commossa descrizione di sabato 22 febbraio 2025 ore 18.45:
La celebrazione liturgia [in duomo] finisce e Don Pietro mi viene a trovare a casa. È un prete eccezionale, figlio di una donna eccezionale che si chiamava Ada, molto simile nella fede a Santina. Il Cardinale Pietro Parolin a casa di Don Gigi? No, non il cardinale, ma il prete esempio ed amico. Non voglio costruire un profilo di parte su chi sia Pietro Parolin, lascio la parola al Direttore de L’Eco di Bergamo, Alberto Ceresoli, che scrive – introducendo una sua bellissima intervista al porporato per il suo giornale – un trafiletto che vale la pena riportare: “Solo dopo averlo incontrato di persona si capisce perché, al di fuori del protocollo, preferisca farsi chiamare semplicemente «Don Pietro». Perché il Segretario di Stato, Sua Eminenza il Cardinale Pietro Parolin, è la quinta essenza dell’umiltà, di chi è convinto che quello è e che rappresenta, «è» perché Qualcun Altro lo ha voluto per lui, dentro quel «disegno» che Dio ha per ciascuno di noi. Il suo è quello di servitore della Chiesa universale, un prete fortemente ancorato allo spirito diocesano della sua Vicenza (è nato a Schiavon, un piccolo Comune ad una ventina di chilometri dalla città di Fogazzaro e Piovene), ma con la «testa» nel mondo, di cui segue – non senza angosce e preoccupazioni – le difficili sorti, in un momento storico particolarmente tortuoso, con l’umanità che troppo spesso, e con troppa leggerezza, lambisce il baratro di un conflitto nucleare. Sull’insegnamento di San Paolo, «spera contro ogni speranza», sapendo in cuor suo che la Verità e la Giustizia, alla fine, avranno la meglio. Ma aspettare non basta, bisogna che l’uomo si faccia esso stesso promotore di Verità e di Giustizia, attingendo al Vangelo e agli insegnamenti della Chiesa che – cita Papa Giovanni XXIII – «continuerà ad essere per tutti la fontana di acqua fresca del villaggio». Particolarmente incline all’accoglienza, al dialogo e all’ascolto, «Don Pietro» tesse ogni giorno invisibili fili di speranza per far sì che i popoli che animano la Terra – tutti i popoli – possano non solo convivere in pace e godere di pari opportunità di crescita, ma vedersi garantiti i diritti civili più elementari. Pur essendo uno «snodo» fondamentale nelle questioni diplomatiche più scottanti del pianeta, il Cardinal Parolin sta sempre un passo indietro rispetto alle luci della ribalta, preferendo muoversi per favorire incontri e incentivare mediazioni. Preoccupato della crisi dei valori che ha investito il mondo occidentale, sprona l’Europa ad essere sé stessa per poter continuare «ad avere un posto centrale nelle sfide geopolitiche del nostro tempo», recuperando le radici storiche e culturali dei popoli europei. Tutti temi che il Cardinal Segretario di Stato (a Bergamo il 22 febbraio per ordinare vescovo Monsignor Maurizio Bravi, Nunzio Apostolico in Papua Nuova Guinea e Isole Salomone) tocca nell’intervista che segue, una delle pochissime che concede e per la quale L’Eco di Bergamo gli è profondamente grato”.
È vero, Don Pietro, come Alberto ci dice che si fa chiamare, è sempre un passo indietro alle luci della ribalta ed è proprio così che entra in casa mia, dopo aver avvisato il Vescovo Francesco: “Eccellenza, vado da Don Gigi a bere qualcosa, a che ora è la cena, faccio in tempo?” Il Vescovo Francesco amabilmente risponde: “Eminenza, manca un quarto alle sette e la cena è alle sette e mezza, vada pure e non si preoccupi; io accompagno il nuovo vescovo in seminario”.
Apriamo la porta di casa. Blanca, Emanuele e Marzia hanno gli occhi increduli e pieni di luce con la bocca spalancata per vedere di persona Don Pietro. Si siede, parliamo della celebrazione liturgica, parlo del bellissimo calice che mi ha stregato e mostro a lui il mio calice della mia Prima Messa con gli anelli di mio papà e di mia mamma. Parliamo del suo viaggio recente in Burkina Faso, del mio viaggio prossimo in Kenya e di tutta la nostra attività caritativa. Ha parole semplici e cordiali per tutti noi, per Blanca che ha preparato il rinfresco, per Emanuele e Marzia. Il tempo scorre rapido, parliamo dei bambini dell’Adasm di Bergamo per i quali avevamo insieme registrato un videomessaggio, si ricorda perfettamente…
E mentre parliamo dell’intervista, mi viene in mente un ricordo di lui, appena lasciato il Vaticano. Gli dico: “Don Pietro, mi ricordo che sabato 12 febbraio 2022 nel tuo ufficio di Roma mi hai scritto una frase sulla mia Bibbia, ancora oggi è per me incisa nel cuore lo guardo e lentamente ripeto le parole del versetto di 1Pt 5,7: “Gettando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi”. Il cardinale mi guarda e lentamente mi dice: “Questa frase mi è spesso di aiuto ed incoraggiamento come penso lo sia per te in questa tua vita e della vita di Fondazione Santina che presiedi”.
Il nostro ricordo va al Papa ammalato, ci raccogliamo in preghiera e Don Pietro ci dà la benedizione, stringe la mano agli amici e lo accompagno in terrazza dove si gode una stupenda vista su Città Alta. Il cardinale rimane stupito. Parlo di quando ero piccolo e giocavo in questi incantevoli borghi, e della gioia di essere ritornato qui in Città Alta, ed essere così ancora più vicino agli ultimi. Scendiamo con l’ascensore, ci salutiamo con viva cordialità, sale in macchina, in seminario lo attendono per la festa. E noi, io, Emanuele, Marzia e Blanca abbiamo la festa nel cuore, quella festa che sa creare Don Pietro, un uomo che vive non per il ruolo che occupa, non per le ricchezze e neppure per la salute. È un uomo che vive per una data, domenica 27 aprile 1980: la data dalla quale vive in Persona Christi. E questo è molto di più che ricoprire l’incarico di Segretario di Stato di Sua Santità…
[*] Mons. Luigi (Don Gigi) Ginami, Presidente della Fondazione Santina e dell’Associazione Amici di Santina Zucchinelli Onlus.