Un uomo (e un film) per tutte le stagioni

Il 22 giugno la Chiesa ha ricordato la straordinaria figura di san Tommaso Moro (1478-1535), padre di famiglia, avvocato, uomo di Stato e scrittore che, contro tutto e tutti, seppe sacrificare la sua carriera politica e la vita per rimanere fedele alla verità naturale e cristiana. Nel 1532, infatti, giunto alla più alta carica politico-amministrativa del Regno d’Inghilterra (era stato designato Lord Cancelliere a 52 anni, nel 1530), decise di dimettersi per sottrarsi al disegno tirannico di Enrico VIII di manipolare Parlamento e Assemblea del Clero per assumere il controllo sulla chiesa d’Inghilterra e farne “legittimare” il divorzio da Caterina d’Aragona che gli era necessario per poter sposare Anna Bolena.
Dopo 15 mesi di “carcere duro” e torture di vario tipo Sir Thomas More fu decapitato pronunciando come ultime parole prima della condanna a morte: «Muoio come buon servo del Re, ma anzitutto come servo di Dio». La Chiesa, per questo, l’ha proclamato patrono dei politici e degli uomini di governo durante il Grande Giubileo del 2000 e, nel recente Giubileo dei Governanti (21-22 giugno 2025), lo ha di nuovo additato come esempio non solo per la carica profetica della sua testimonianza etica ma anche per la grandezza di statista.
A questo proposito è significativo notare come nell’ultima intervista rilasciata da cardinale ai media vaticani all’indomani della morte di Papa Francesco, Leone XIV abbia voluto ricordare proprio la venerazione di Bergoglio per san Tommaso Moro. Nelle udienze settimanali del sabato mattina come prefetto del Dicastero per i Vescovi, infatti, il Papa soleva raccomandargli di «non perdere il senso dell’umorismo», invitandolo a recitare la “Preghiera del buonumore” di Thomas More per andare avanti nelle «cose di grande responsabilità, con grande fiducia nella grazia del Signore» (cit. in Tiziana Campisi, «Ha insegnato a vivere la gioia del Vangelo». L’ultima intervista del cardinale Prevost con i media vaticani rilasciata all’indomani della morte di Francesco, L’Osservatore Romano, 9 maggio 2025, p. 6). Si tratta di una preghiera che, come noto, Papa Francesco ha recitato ogni giorno durante il suo non facile e contrastato Pontificato.
Siccome oggi ricorre il 65° anniversario della prima teatrale dell’opera di Robert Bolt (1924-1995) “Un uomo per tutte le stagioni” (A Man for All Seasons), dedicata al “martirio politico” di san Tommaso Moro (rappresentata al Globe Theatre di Londra, per la regia di Noel Willman, il 1º luglio 1960), vale la pena riproporne all’attenzione la trama e l’omonimo film vincitore di sei Premi Oscar nel 1966, tra cui quelli per il miglior film e il miglior regista.
Come il capolavoro di Robert Bolt, sceneggiatore di grandi successi come Lawrence d’Arabia (1962), Il dottor Živago (1965) e The Mission (1986), la trama del film di Fred Zinnemann culmina nel rifiuto di Tommaso Moro di accettare il divorzio del re d’Inghilterra e la rottura della “chiesa nazionale” con quella di Roma.
Il film vanta un cast stellare, dal protagonista Paul Scofield, attore shakesperiano già protagonista dell’originale produzione teatrale del 1960 e divenuto noto sul grande schermo per l’interpretazione del severo professore universitario Mark Van Doren in Quiz Show (1994), che impersona Tommaso Moro, all’energico Robert Shaw, nei panni di Enrico VIII, passando per il grande Orson Wells che interpreta il cardinale Thomas Wolsey, Arcivescovo di York e potente uomo di Stato e il giovanissimo John Hurt, che dà volto e voce a Richard Rich, l’uomo che dopo aver chiesto una raccomandazione a Thomas More ancora potente ne siglerà alla fine la condanna a morte.
Quella di Tommaso è solo apparentemente una parabola umana dall’esito tragico. Rimane infatti sempre motivato da un’ardente fede cattolica, invidiato dai suoi rivali e profondamente amato dalla sua famiglia. Oltre a ciò è riconosciuto come funzionario dello Stato integro e fedele, che muore per onorare la giustizia e la verità. E lo fa senza mai condannare chi cede ed è più debole di lui, nella certezza della bontà del progetto di Dio sulla sua vita (Omnia in bonum! – Tutto concorre al bene!).
More è innocente come attestano in fondo anche i suoi avversari, primo tra tutti Thomas Cromwell, l’ambizioso segretario del cardinale Wolsey disposto a tutto per il potere, ma non può piegarsi al compromesso morale né all’attentato condotto ai diritti di Dio e della Chiesa. Pur nella convinzione che il martirio non vada cercato se non come ultima opzione, alla fine san Tommaso Moro non potrà che pagare con la vita la fedeltà alla sua coscienza.
Interessanti anche i risvolti politici del film di Zinnemann che, girato in piena guerra fredda, rappresentano le dinamiche tipiche della corruzione di una macchina statale in regime di tirannia e della propensione umana a farsene irretire e compromettere richiamando le atmosfere della Russia sovietica del Dottor Živago.
Restando fedele alla sua struttura quasi teatrale, Un uomo per tutte le stagioni mantiene ancora oggi intatti il suo ritmo e il suo fascino. Dopo essersi rifiutato di prestare giuramento di fedeltà a Enrico VIII in quanto Capo della Chiesa, More viene arrestato e rinchiuso nella Torre di Londra. Si difende brillantemente dalle accuse che gli vengono rivolte, ma viene condannato come detto per lo spergiuro di Rich, che in cambio riceve da Cromwell la carica di Procuratore Generale del Galles.
Il titolo del film (così come la pièce teatrale di Bolt) è ispirato da una dedica composta dallo scrittore e latinista Robert Whittington (1480-1553), un contemporaneo di More, che nel 1520 scrisse di lui: «Thomas More ha l’intelligenza di un angelo e una singolare sapienza: / non ne conosco l’eguale. / Perché, dove trovare tanta dolcezza, umiltà, gentilezza? / E, secondo che il tempo lo richieda, una grave serietà o una straordinaria allegrezza: / un uomo per tutte le stagioni».
Nel 1999 il British Film Institute, la maggiore Istituzione cinematografica britannica, l’ha inserito al 43º posto della lista dei migliori cento film prodotti nel Regno Unito nel XX secolo. Nel 1988 la pièce teatrale di Robert Bolt ha avuto un ulteriore adattamento, questa volta televisivo, con il film diretto ed interpretato da Charlton Heston.
La prima italiana, con il titolo Uomo di ogni stagione, è stata portata in scena dalla Compagnia del Teatro della Cometa l’8 settembre 1961 al Teatro Olimpico di Vicenza, per la regia di Giuseppe Di Martino e costumi di Titus Vossberg, con Paola Borboni, Antonio Crast (Tommaso Moro), Antonio Pierfederici (Thomas Cromwell), Mila Vannucci, Franco Graziosi, Loris Gizzi, Nino Pavese ed Ennio Balbo.