Papa Leone XIV: la fecondità della Chiesa dipende dalla Croce

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“Cari fratelli e sorelle, oggi abbiamo la gioia e la grazia di celebrare il giubileo della Santa Sede nella memoria liturgica di Maria Madre della Chiesa. Questa felice coincidenza è fonte di luce e di ispirazione interiore nello Spirito Santo, che ieri, Pentecoste, si è riversato in abbondanza sul popolo di Dio. E in questo clima spirituale noi oggi godiamo una giornata speciale, prima con la meditazione che abbiamo ascoltato e ora, qui, alla Mensa della Parola e dell’Eucaristia. La Parola di Dio in questa celebrazione ci fa comprendere il mistero della Chiesa, e in essa della Santa Sede, alla luce delle due icone bibliche scritte dallo Spirito nella pagina degli Atti degli Apostoli ed in quella del Vangelo di Giovanni”.

Nella memoria liturgica di Maria Madre della Chiesa si celebra oggi il Giubileo della Santa Sede, che culmina con la celebrazione della messa presieduta nella basilica vaticana da papa Leone XIV, che nell’omelia ha ricordato la maternità di Maria che nasce sotto la Croce, la fecondità della Chiesa, la santità di chi la compone: “La maternità di Maria attraverso il mistero della Croce ha fatto un salto impensabile: la madre di Gesù è diventata la nuova Eva, perché il Figlio l’ha associata alla sua morte redentrice, fonte di vita nuova ed eterna per ogni uomo che viene a questo mondo. Il tema della fecondità è ben presente in questa liturgia”.

E dalla maternità nasce la fecondità della Chiesa, come aveva sottolineato il teologo von Balthasar: “La fecondità della Chiesa è la stessa fecondità di Maria; e si realizza nell’esistenza dei suoi membri nella misura in cui essi rivivono, ‘in piccolo’, ciò che ha vissuto la Madre, cioè amano secondo l’amore di Gesù. Tutta la fecondità della Chiesa e della Santa Sede dipende dalla Croce di Cristo. Altrimenti è apparenza, se non peggio”.

Tale fecondità è ‘legata’ alla santità: “Nella Colletta abbiamo chiesto anche che la Chiesa ‘esulti per la santità dei suoi figli’. In effetti, questa fecondità di Maria e della Chiesa è inseparabilmente legata alla sua santità, cioè alla sua conformazione a Cristo. La Santa Sede è santa come lo è la Chiesa, nel suo nucleo originario, nella fibra di cui è intessuta. Così la Sede Apostolica custodisce la santità delle sue radici mentre ne è custodita.

Ma non è meno vero che essa vive anche nella santità di ciascuno dei suoi membri. Perciò il modo migliore di servire la Santa Sede è cercare di essere santi, ciascuno di noi secondo il suo stato di vita e il compito che gli è stato affidato”.

Nessuno è escluso dalla santità, secondo il compito affidato: “Ad esempio, un prete che personalmente sta portando una croce pesante a motivo del suo ministero, e tuttavia ogni giorno va in ufficio e cerca di fare al meglio il suo lavoro con amore e con fede, questo prete partecipa e contribuisce alla fecondità della Chiesa. E così un padre o una madre di famiglia, che a casa vive una situazione difficile, un figlio che dà pensieri, o un genitore malato, e porta avanti il suo lavoro con impegno, quell’uomo e quella donna sono fecondi della fecondità di Maria e della Chiesa”.

Poi il papa si è soffermato sulla ‘maternità’ di Maria verso la Chiesa nascente, secondo la descrizione degli Atti degli Apostoli: “Ci mostra la maternità di Maria verso la Chiesa nascente, una maternità “archetipica”, che rimane attuale in ogni tempo e luogo. E soprattutto essa è sempre frutto del Mistero pasquale, del dono del Signore crocifisso e risorto.

Lo Spirito Santo, che scende con potenza sulla prima comunità, è lo stesso che Gesù ha consegnato col suo ultimo respiro. Questa icona biblica è inseparabile dalla prima: la fecondità della Chiesa è sempre legata alla Grazia sgorgata dal Cuore trafitto di Gesù insieme al sangue e all’acqua, simbolo dei Sacramenti”.

E’ stata Maria, a ‘servizio’ della comunità, a sostenere Pietro nel suo ministero di guidare la Chiesa: “Maria, nel Cenacolo, grazie alla missione materna ricevuta ai piedi della croce, è al servizio della comunità nascente: è la memoria vivente di Gesù, e in quanto tale è, per così dire, il polo d’attrazione che armonizza le differenze e fa sì che la preghiera dei discepoli sia con-corde.

Gli Apostoli, anche in questo testo, sono elencati per nome, e come sempre il primo è Pietro. Ma lui stesso, anzi, lui per primo è sostenuto da Maria nel suo ministero. Analogamente la Madre Chiesa sostiene il ministero dei successori di Pietro con il carisma mariano. La Santa Sede vive in maniera del tutto peculiare la compresenza dei due poli, quello mariano e quello petrino. Ed è quello mariano che assicura la fecondità e la santità di quello petrino, con la sua maternità, dono di Cristo e dello Spirito”.

Prima della celebrazione eucaristica suor Maria Gloria Riva, appartenente all’ordine delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento, nella meditazione ha affermato che il passato è un ‘trampolino di lancio’: “L’equilibrio fra passato e futuro è la grande radice della Speranza. Il passato può rappresentare un grande trampolino di lancio per vivere nella giusta tensione il presente. Il passato ci viene incontro con le sue interrogazioni, non per farci soccombere ma per rilanciarci nel Presente, guardando al futuro con grande speranza”.

La meditazione di suor Riva è un invito a ‘correre’ nella parte ‘giusta’: “Noi sappiamo dove dobbiamo correre: la corsa di Giovanni e Pietro verso il sepolcro vuoto di Cristo è l’unica corsa che la Chiesa e il mondo possono percorrere senza timore: è la corsa di chi sa che la speranza risiede nella vera vita, quella eterna. L’eternità ci sta di fronte. Se lavoriamo per orizzonti brevi e mediocri, lavoriamo invano. Occorre lavorare per l’orizzonte grande della vita che non muore. Sperare è affermare la verità che rispetta la vita, dal suo concepimento alla sua fine; che rispetta la dignità di ogni persona”.

Questo è il significato del Giubileo: “Quello di aiutarci a pensare alle cose ultime. Se fede e carità ci sono necessarie per vivere la relazione con Dio e con gli uomini, la speranza ci è necessaria per comprendere il cammino della storia. Dobbiamo armarci di umiltà per scorgere, con gli occhi dello stupore i passi piccoli ma sicuri della speranza”.

Quindi l’eucarestia è il “viatico per questa speranza eterna che annoda meravigliosamente passato, presente e futuro. Sappiamo inoltre che nell’Eucaristia l’unità di tutti gli uomini è significata e prodotta. Tuttavia conoscere questo non basta, occorre crederlo e affermarlo con tutta la propria esistenza di uomini e donne di pace e di unità”.

E ciò può avvenire attraverso la Croce: “La croce ancora ci può salvare, nel 2025 esiste ancora la grande salvezza della croce: una croce accolta e offerta. Abbiamo vissuto anni difficili tra scandali e polemiche, ma in questo grande segno possiamo ancora vincere. La grande bellezza perdente che ci salverà. La speranza sorge laddove le lacrime del dolore e del pentimento fecondano l’animo nell’umiltà e nella novità di vita”.

 (Foto: Santa Sede)

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