Il peggio
Ed eccoci davanti il peggio. Sotto ogni punto di vista. Ad una persona viva, in stato vegetativo, privata dell’idratazione e dell’alimentazione: in una clinica, sotto l’occhio di personale sanitario, di medici e infermieri, ha chiuso gli occhi per sempre. Non è morta per una malattia, ma per non essere stata assistita, perché così è stato chiesto e così qualcuno ha deciso. Non è stata fermata la respirazione artificiale, per il semplice fatto che Eluana Englaro respirava autonomamente.
Sulla sua storia, una babele di parole e di opinioni, fino al deprimente spettacolo di uno scontro inusitato fra il governo e il presidente della Repubblica, con Parlamento e magistratura lì a partecipare e assistere. E i soliti continui richiami all’ingerenza vaticana negli affari dello Stato italiano. Avrebbe meritato miglior sorte, Eluana Englaro. Avrebbe meritato altro, che non questo groviglio di posizioni che da anni e sempre di più negli ultimi mesi e settimane si è avvitato intorno alla sua vita e alla sua condizione.
Le ragioni addotte dal governo per intervenire, compresa l’evidente presenza di un requisito di necessità e urgenza derivante dalla condizione attuale della cittadina Eluana, paiono ragionevoli, così come d’altro canto inusitati e improvvidi sono sembrati i toni con i quali il presidente del Consiglio ha pubblicamente attaccato la posizione del capo dello Stato spostando la vicenda sul piano dello scontro frontale. La portata delle argomentazioni avrebbe meritato un ben altro stile di confronto. Lo scontro, diventato da tempo anche politico, rischia ormai di essere vissuto solamente come tale: la vicenda Englaro come una delle tante sulle quali la politica dibatte ogni giorno. Una vera amarezza. E ora l’iter parlamentare. Una legge in tre giorni: non si è praticamente mai visto. E non è servito a niente.