Nel ricordo del card. Hossu papa Leone XIV condanna ogni violenza

Ieri pomeriggio in Cappella Sistina papa Leone XIV ha commemorato il card. Iuliu Hossu (1885-1970), beato romeno, vescovo greco-cattolico martire della fede durante la persecuzione comunista, ricordando il suo impegno coraggioso nel ‘salvare dalla morte migliaia di ebrei’, durante l’Olocausto, beatificato nel 2019 da papa Francesco, definito “un apostolo della speranza: il beato cardinale Iuliu Hossu, vescovo greco-cattolico di Cluj-Gherla, pastore e martire della fede durante la persecuzione comunista in Romania. Oggi, in un certo senso, egli entra in questa Cappella, dopo che san Paolo VI, il 28 aprile 1969, lo creò cardinale in pectore, mentre era in prigione per essere rimasto fedele alla Chiesa di Roma”.
Infatti questo è un anno particolare: “Quello in corso è un anno speciale dedicato al cardinale Iuliu Hossu, simbolo di fratellanza al di là di ogni confine etnico o religioso. Il suo processo di riconoscimento quale ‘Giusto tra le Nazioni’, avviato nel 2022, si basa sul suo impegno coraggioso di sostenere e salvare gli ebrei della Transilvania del Nord quando, tra il 1940 e il 1944, i nazisti attuarono il tragico piano di deportarli nei campi di sterminio”.
Ed ha ripercorso la sua vita: “Correndo rischi enormi per sé e per la Chiesa Greco-Cattolica, il Beato Hossu intraprese numerose azioni in favore degli ebrei, per evitarne la deportazione. Nella primavera del 1944, mentre a Cluj-Napoca (in ungherese Kolozsvár) e in altre città della Transilvania si preparava la loro ghettizzazione, egli mobilitò il clero e i fedeli greco-cattolici, pubblicando il 2 aprile 1944 una lettera pastorale, di cui abbiamo testimonianza tramite Moshe Carmilly-Weinberger, ex rabbino capo della Comunità ebraica di Cluj-Napoca, in cui lanciò un richiamo vibrante e profondamente umano… Secondo la testimonianza dello stesso ex Rabbino capo, il Cardinale Hossu, negli anni 1940-1944, contribuì a salvare dalla morte migliaia di ebrei della Transilvania settentrionale”.
Il papa ha sottolineato che egli è stato uomo di fede: “La speranza del grande Pastore è stata quella dell’uomo fedele, il quale sa che le porte del male non prevarranno contro l’opera di Dio. La sua vita è stata una testimonianza di fede vissuta fino in fondo, nella preghiera e nella dedizione al prossimo. Fu un uomo di dialogo e un profeta di speranza, e papa Francesco lo ha beatificato il 2 giugno 2019 a Blaj”.
Ricordando le parole dell’omelia di papa Francesco sul significato del martirio il papa ha sottolineato lo ‘spirito’ del martire: In quell’occasione, nell’omelia, citò una sua frase come sintesi della sua vita: ‘Dio ci ha mandato in queste tenebre della sofferenza per donare il perdono e pregare per la conversione di tutti’. Queste parole esprimono l’essenza dello spirito dei martiri: fede incrollabile in Dio, senza odio ma con la misericordia che trasforma la sofferenza in amore verso i persecutori. Esse rimangono ancora oggi un invito profetico a superare l’odio attraverso il perdono e a vivere la fede con dignità e coraggio”.
Proprio per rimanere fedele ai martiri la Chiesa chiede sempre il rispetto della dignità umana: “Vicina alle sofferenze del popolo ebraico, culminate nel dramma dell’Olocausto, la Chiesa sa bene cosa significano dolore, emarginazione e persecuzione. Proprio per questo sente l’impegno a costruire una società incentrata sul rispetto della dignità umana come esigenza della coscienza”.
Per questo il papa ha sottolineato che il messaggio del card. Hossu è ancora attuale: “Ciò che egli ha fatto per gli ebrei della Romania, le azioni che ha compiuto per proteggere il prossimo, nonostante ogni rischio e pericolo, lo mostrano come modello di uomo libero, coraggioso e generoso fino al sacrificio supremo. Ecco perché il suo motto ‘La nostra fede è la nostra vita’ dovrebbe diventare il motto di ciascuno di noi”.
In conclusione l’auspicio del papa è una ferma presa di posizione contro ogni forma di violenza: “Auspico che il suo esempio, che ha anticipato i contenuti poi espressi nella dichiarazione ‘Nostra Aetate’ del Concilio Ecumenico Vaticano II, di cui è prossimo il sessantesimo anniversario, come pure la vostra amicizia, siano una luce per il mondo di oggi: diciamo ‘no’ alla violenza, ad ogni violenza, ancor più se perpetrata contro persone inermi e indifese, come bambini e famiglie!”
(Foto: Santa Sede)