Cei: costruire un’architettura di pace

Condividi su...

“Cari Confratelli, ci ritroviamo per questa sessione straordinaria del Consiglio Permanente in un momento di grande cambiamento nel mondo e nella Chiesa. Abbiamo salutato l’amato Papa Francesco che, fino all’ultimo, ha speso la sua vita per il gregge che gli era stato affidato. La sua morte ha addolorato tutti, grandi e piccoli, i potenti e gli ultimi della terra, credenti e non credenti. Tanti leader cristiani e di altre religioni; un popolo numeroso che, senza organizzazione, ma con intuito spirituale, ha reso omaggio a Francesco. In tanti hanno espresso, nei giorni passati, il senso di mancanza perché lui non era più con noi”: con queste parole sono stati aperti dal presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, i lavori del Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana.

Nell’introdurre i lavori dei vescovi il card. Zuppi ieri ha reso omaggio a papa Francesco: “La sua non è stata una popolarità effimera; Francesco ha veramente avvicinato la Chiesa alla gente. Sono cadute parecchie preclusioni, anche consolidate, verso la Chiesa e il Papa, grazie a Francesco. La Chiesa in Italia, nella larga prospettiva della storia, ha un forte debito verso di lui. Abbiamo, vorrei sottolinearlo, la responsabilità di cogliere le strade che ha aperto, le domande esplicite e implicite che oggi si manifestano”.

Il papa defunto ha sempre ricordato che bisogna annunciare Cristo: “Ha chiesto a tutti di parlare di Cristo, ha parlato di Cristo con commovente insistenza e tanta sapienza umana, riproponendo l’essenzialità del kerygma, da cuore a cuore, mostrando l’umanità del Vangelo perché incontri oggi la ricerca di speranza, di senso, di futuro delle persone. Ci ha chiesto di farlo senza paura e senza supponenza, forti della santità, sempre con quella simpatia che attrae, comunica, crea relazioni con tutti, senza paura di farsi contaminare perché con identità chiara e con purezza di cuore, mettendo in circolo la fede nelle vene dell’umanità”.

Ma l’annuncio cristiano continua con papa Leone XIV: “Il passaggio di un Vescovo, soprattutto nella Chiesa di Roma che presiede nella carità, è un’esperienza di fede e non può essere ridotto alle sole interpretazioni umane, spesso distorcenti, esteriori, interessate, polarizzate. L’elezione del successore di Pietro (e quindi anche di papa Francesco) è un vero atto di tradizione, gesto con cui la Chiesa trasmette ‘tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede’. E’ stata una vera e propria epifania della Chiesa, manifestazione evidente della sua universalità”.

E’ stato un richiamo all’unità, ricordando il prossimo incontro con papa Leone XIV: “Al di là delle letture troppo politologiche della Chiesa, tutto si ricompone nell’unità, per opera dello Spirito e per la disponibilità dei cristiani alla sua azione… Sin d’ora, mi sia permesso di confermare a Papa Leone la nostra gratitudine per il dono dell’udienza che ha concesso alla Conferenza Episcopale Italiana per il prossimo 17 giugno: sarà un’occasione preziosa per pregare insieme, rinnovare la nostra professione di fede e ascoltare la sua parola alle Chiese in Italia”.

Richiamando l’appello di papa Leone XIV è stato rivolto un richiamo alla pace: “Chiediamo il rispetto del diritto internazionale umanitario, l’ingresso di aiuti senza restrizioni, l’apertura di corridoi umanitari e, soprattutto, la promozione di un dialogo che possa realizzare la soluzione ‘due popoli, due Stati’. Il nostro sguardo si rivolge anche all’Ucraina nell’auspicio che i fili del dialogo, già così difficili, siano rafforzati, trovino le garanzie necessarie inserite in un quadro che permetta una pace giusta e sicura. Non possiamo però dimenticare i tantissimi conflitti che insanguinano il pianeta. Abbiamo a cuore i popoli di Asia, Africa, America Latina piegati dalla tragedia delle armi, che portano morte e sofferenze, generando odio e ulteriori ingiustizie”.

Il cristiano è artigiano di pace: “Il cristiano è un artigiano di pace, che dal suo cuore trae la forza di una pace disarmata e disarmante. Ci aiutano due intense memorie storiche, tra loro correlate: l’80° della fine della Seconda guerra mondiale e il 75° della Dichiarazione Schuman (9 maggio 1950), con la quale i ‘padri fondatori’ dell’Europa avviarono il processo di pacificazione post-bellica e di integrazione comunitaria con l’obiettivo, esplicito, di riportare la pace nel continente e nel mondo intero.

Perché la pace non sia una tregua occorre imparare a pensarci non solo vicini ma insieme, a difendere la soluzione pacifica dei conflitti e rafforzare le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. Per questo occorre costruire un’architettura di pace, frutto di quei valori e della dolorosa consapevolezza che sono a fondamento dell’Europa, che non può essere ridotta a diritti individuali o burocrazia, perché fondata sulla difesa della persona nel suo valore indiscutibile e nella sua relazione con la comunità”.

Per questo la Chiesa opererà sempre per la pace: “Ecco perché la Chiesa in Italia continuerà a impegnarsi per tessere relazioni, per alimentare il dialogo, per iniziare percorsi di riconciliazione e di sviluppo, anche attraverso le attività e i progetti che i fondi dell’8xmille destinati alla Chiesa cattolica rendono possibili. Vogliamo contribuire a realizzare un mondo unito e in pace, dove non si senta più il rumore delle armi e dove tutti possono dirsi fratelli. La lotta alla povertà, l’educazione che la stessa presenza della Chiesa anima con le sue diverse realtà, l’impegno per lo sviluppo e gli aiuti al mondo, sono una parte del nostro sforzo”.

Quindi opere di pace sono realizzate grazie anche all’ottoxmille: “Per questo, esprimiamo gratitudine a quanti scelgono di destinare l’8xmille alla Chiesa cattolica: ciò consente di realizzare migliaia di progetti in Italia e nel mondo. Siamo poi fiduciosi che si agisca a correzione, secondo gli impegni assunti, sugli interventi apportati unilateralmente dal Governo, come anche da diversi altri precedenti, sul sistema dell’8xmille, ripristinandolo così come originariamente stabilito, nel rispetto della realtà pattizia dell’Accordo. Su questo tema torneremo in futuro”.

Quindi ha spiegato anche il motivo del rinvio delle votazioni sinodali: “Il cammino della Chiesa in Italia merita certamente una riflessione attenta, esaminando le reazioni che con accentuazioni differenti hanno fatto seguito alla Seconda Assemblea Sinodale… Tutti coloro che hanno partecipato ai lavori assembleari hanno visto nel rinvio ad ottobre per l’approvazione delle Proposizioni uno snodo che ha permesso allo Spirito di parlare ancora. Sin dall’inizio del percorso, abbiamo chiesto partecipazione e l’abbiamo avuta. E’ il segno, concreto, che nulla era stato prestabilito, confezionato, imposto dall’alto, ma frutto del discernimento delle Chiese che si sono messe in ascolto e hanno attivato processi inediti e forse, addirittura, inattesi”.

Infine ha sottolineato la dignità della vita di ogni persona: “In questa prospettiva, esprimiamo il pressante auspicio che le recenti sentenze con le quali la Corte costituzionale è nuovamente intervenuta sulla vita umana al suo sorgere e nella fase conclusiva non conducano a soluzioni legislative che finiscono col ridimensionare l’infinita dignità della persona dal concepimento alla morte naturale. Uno sguardo non parziale sui diritti della persona umana in ogni fase della sua vita, e in particolare nei momenti di massima vulnerabilità, ci induce poi a ribadire in materia di fine vita quanto già espresso nella nota della Presidenza CEI il 19 febbraio, con una duplice sottolineatura”.

151.11.48.50