Due parole: pace e unità. Due Americhe e due glorie, agli antipodi. E un avvertimento

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.05.2025 – Vik van Brantegem] – Condividiamo di seguito l’articolo Pace nel mondo e unità nella Chiesa a firma del Prof. Roberto de Mattei, pubblicato sul suo sito Corrispondenza Romana [QUI] e il post Due Americhe, due glorie: Leone XIV e Donald Trump dalla pagina Facebook di Georges Beik Abou Malhab. Precediamo con alcuni pensieri sul nuovo Papa e concludiamo con un doveroso avvertimento, in riferimento ai falsi discorsi di Papa Leone XIV (come già nel caso di Papa Francesco) che vengono diffusi sui social media, puntualmente condivisi e rilanciati con un clic dal dito non connesso con il cervello (supponendo che le sinapsi sono ancora funzionanti).
Papa Leone XIV «è un uomo razionale, riflessivo. Dice sempre cose precise, che non lasciano spazio a malintesi o fraintendimenti. È determinato, sicuro di sé. Sa anche emozionarsi, commuoversi, manifestare i suoi sentimenti. È vero, sincero, non assomiglia a nessuno, lui è soltanto Papa Leone XIV e nient’altro. Un grande Papa, che rimette Cristo al centro, la Via, la Verità e la Vita» (Cit.).
«Ci sono ormai ogni giorno pensieri profondi e accenti stimolanti nel magistero di papa Leone XIV. Avremo modo di conoscerlo meglio man mano che passa il tempo, ma già fin d’ora si può dire che il Pontefice venuto contemporaneamente dal Nord e dal Sud America sa estrarre dal proprio bagaglio spirituale e culturale cose antiche e cose nuove. Vorrei segnalare, ad esempio, un passaggio del discorso alla Fondazione Centesimus Annus pro Pontifice in cui il Papa invita, nell’attuale contesto della rivoluzione digitale, a «educare al senso critico». Un compito, sottolinea, che «va riscoperto, esplicitato e coltivato, contrastando le tentazioni opposte, che possono attraversare anche il corpo ecclesiale». È un invito potente e nuovo per noi cristiani un po’ rassegnati, dobbiamo riconoscerlo, alla cultura dominante, al mainstream, alle menzogne woke, alla falsa inclusione e tolleranza, che diventa massima intolleranza ed esclusione di tutto ciò che non sia perfettamente conforme a quel modo di pensare e agire di matrice radical chic. Dobbiamo invece tornare a coltivare un pensiero critico che ci faccia aprire gli occhi, che diventi spazio di libertà interiore, vero aiuto agli uomini e alle donne del nostro tempo e in definitiva ribellione alla notte del mondo, soprattutto quando questa si presenti sotto le sembianze suadenti ma letali di una visione antropologica che non ha nulla a che vedere con Cristo, la sua pace e la sua verità» (Mimmo Muolo).
«Questa potestà di insegnamento spaventa tanti uomini dentro e fuori della Chiesa. Si chiedono se essa non minacci la libertà di coscienza, se non sia una presunzione contrapposta alla libertà di pensiero. Non è così. Il potere conferito da Cristo a Pietro e ai suoi successori è, in senso assoluto, un mandato per servire. La potestà di insegnare, nella Chiesa, comporta un impegno a servizio dell’obbedienza alla fede. Il Papa non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia dell’obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola. Egli non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo» (Papa Benedetto XVI nella Santa Messa di insediamento sulla Cathedra Romana).
Pace nel mondo e unità nella Chiesa
di Roberto de Mattei
Due parole ricorrono spesso nei discorsi di Papa Leone XIV, fin dall’esordio del suo pontificato: “pace” e “unità”. La pace è quella che il Pontefice invoca di fronte a uno scenario internazionale che nel Regina Coeli del 12 maggio ha definito “drammatico”. L’unità è quella necessaria alla Chiesa per affrontare un mondo frammentato, come ha spiegato nel suo discorso di intronizzazione del 18 maggio.
Il mondo è infatti lacerato da conflitti geopolitici, ma Papa Leone sa bene come anche la Chiesa, dopo il pontificato di Papa Francesco, è profondamente divisa al suo interno, ed egli vorrebbe invece «una Chiesa unita, che diventi fermento per un mondo riconciliato».
«La pace sia con tutti voi!», ha esclamato Leone XIV, quando si è mostrato al mondo dalla Loggia delle Benedizioni, la sera della sua elezione. Ma il Papa ha tenuto a sottolineare che si tratta della «pace del Cristo Risorto», «una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante», proveniente da Dio. Per questo, nel suo discorso del 14 maggio al Giubileo delle Chiese orientali, il Pontefice ha ricordato che la pace di cui egli parla è la pace di Cristo, che specifica ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27). «La pace di Cristo – ha spiegato Papa Leone – non è il silenzio tombale dopo il conflitto, non è il risultato della sopraffazione, ma è un dono che guarda alle persone e ne riattiva la vita». «Chi più di voi – ha aggiunto il Papa – può cantare parole di speranza nell’abisso della violenza? È vero: dalla Terra Santa all’Ucraina, dal Libano alla Siria, dal Medio Oriente al Tigray e al Caucaso, quanta violenza! E su tutto questo orrore, sui massacri di tante giovani vite, che dovrebbe provocare sdegno, perché, in nome della conquista militare, a morire sono le persone, si staglia un appello: non quello del Papa, ma di Cristo, che ripete: pace a voi!».
Allo stesso modo l’unità che il Papa invoca non è quella che dà il mondo, ma quella di Cristo, come ha riaffermato il 18 maggio, nella Messa di inizio pontificato: «Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo siamo uno».
Il motto di Papa Leone XIV “Nell’unico Cristo Siamo uno”, si ricollega direttamente a quella preghiera di Gesù, nel Vangelo di San Giovanni, che San Pio X, nella Lettera apostolica Quoties animum del 2 febbraio 1911, commentava con queste parole: «Tutte le volte che pensiamo alle preghiere indirizzate dal Cristo all’eterno Padre, e riportate nel capitolo 17 del Vangelo di san Giovanni, Noi ci commuoviamo sempre intensamente, e sentiamo ardente il desiderio di vedere la moltitudine dei credenti arrivare a quel grado di carità che li renda tutti “un sol cuore ed un’anima sola” (At 4, 32). Quanto il divin Maestro abbia desiderato questa fraterna unione, lo dimostrano chiaramente le preghiere che egli fece a favore degli Apostoli: “Padre santo, custodisci nel nome tuo quelli che mi hai affidati, acciocché siano una cosa sola come noi” (Gv 17, 11)».
«Queste parole – continua San Pio X – non si riferiscono solamente al Collegio degli Apostoli, ma l’unità di cui in esse si parla deve essere quella di tutti i servi di Cristo, come lo dimostrano bene le parole seguenti: “Né soltanto per questi prego; ma prego anche per quelli che crederanno in me, per la loro parola: che siano tutti una cosa sola come tu sei in me, o Padre, ed io in te, che siano anch’essi una sola cosa in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17-20-21). Come questa unione debba essere stretta, lo testificano queste ardenti parole; “Io in essi e tu in me; affinché siano perfetti nell’unità” (Gv 17, 23)”.
La Chiesa è una società universale destinata a riunire in una sola famiglia tutti i popoli della terra. La sua unità è quella di una stessa fede, di una stessa speranza e di una medesima carità, come quella che univa gli apostoli nel “Cor unum et anima una” dei primi secoli.
Nel corso del 2025 ricorrono due importanti anniversari nella storia della Chiesa. Il primo è la promulgazione dell’Enciclica Quas primas dell’11 dicembre 1925. In questo documento Pio XI, richiamandosi a Leone XIII, affermava che tutto il genere umano è sotto la potestà di Gesù Cristo e «gli uomini, uniti in società, non sono meno sotto la potestà di Cristo di quanto lo siano gli uomini singoli». Aggiungeva quindi: «Oh, di quale felicità potremmo godere se gli individui, le famiglie e la società si lasciassero governare da Cristo! “Allora veramente, per usare le parole che il Nostro Predecessore Leone XIII venticinque anni fa rivolgeva a tutti i Vescovi dell’orbe cattolico (Enc. Annum sanctum, del 25 maggio 1899), si potrebbero risanare tante ferite, allora ogni diritto riacquisterebbe l’antica forza, tornerebbero i beni della pace, cadrebbero dalle mani le spade, quando tutti volentieri accettassero l’impero di Cristo, gli obbedissero, ed ogni lingua proclamasse che nostro Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre”».
«Cristo Regni!» concludeva il Papa: «È necessario che Egli regni nella mente dell’uomo, la quale con perfetta sottomissione, deve prestare fermo e costante assenso alle verità rivelate e alla dottrina di Cristo; che regni nella volontà, la quale deve obbedire alle leggi e ai precetti divini; che regni nel cuore, il quale meno apprezzando gli affetti naturali, deve amare Dio più d’ogni cosa e a Lui solo stare unito; che regni nel corpo e nelle membra, che, come strumenti, o al dire dell’Apostolo Paolo, come “armi di giustizia” (Rom 6, 13) offerte a Dio devono servire all’interna santità delle anime».
Il secondo anniversario che quest’anno commemoriamo è quello del 1700° anniversario del Concilio di Nicea che, nel 325, definì dogmaticamente la divinità di Cristo contro l’eresia ariana. La voce di Sant’Atanasio, l’impavido combattente contro i vescovi e i sacerdoti eretici, giunge dal IV secolo ai nostri giorni: «Non è solo da oggi che datano l’ordine e le leggi della Chiesa. Esse ci furono tramandate, in modo perfetto e sicuri dai Padri. La fede non ha avuto il suo inizio da oggi, ma ci è venuta dal Signore, tramite i suoi discepoli. Che non si abbandoni, dunque, ai nostri giorni, quella tradizione, conservata nelle Chiese fin dal principio; né siamo noi infedeli a ciò che ci è stato affidato! Fratelli, Voi, come amministratori dei Misteri di Dio, lasciatevi scuotere, vedendo che tutto ci viene rapito» (P.G., vol. 27, coll. 239-240).
Se Papa Leone XIV vuole ricostituire l’unità interna della Chiesa, non c’è altra strada se non abrogare, correggere o ignorare l’Esortazione Amoris Laetitia del 19 marzo 2016, il documento sulla Fratellanza umana di Abu Dhabi del 4 febbraio 2019, la lettera Traditionis custodes del 16 luglio 2021, la Dichiarazione Fiducia supplicans del 18 dicembre 2023, che tante divisioni hanno creato tra i cattolici, affrontando tutte le persecuzioni che ciò comporterà: un martirio certamente morale, se non cruento. Ma non ha egli stesso evocato l’esempio di Sant’Ignazio di Antiochia? «Egli, condotto in catene verso questa città, luogo del suo imminente sacrificio, scriveva ai cristiani che vi si trovavano: “Allora sarò veramente discepolo di Gesù Cristo, quando il mondo non vedrà il mio corpo” (Lettera ai Romani, IV, 1). Si riferiva all’essere divorato dalle belve nel circo – e così avvenne –, ma le sue parole richiamano in senso più generale un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato (cfr Gv 3,30), spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo. Dio mi dia questa grazia, oggi e sempre, con l’aiuto della tenerissima intercessione di Maria Madre della Chiesa».
La nostra preghiera non è diversa: che il Santo Padre Leone XIV riceva questa grazia e che, con l’aiuto della Madonna, vi corrisponda eroicamente.

Due Americhe, due glorie:
Leone XIV e Donald Trump
di Georges Beik Abou Malhab
Dopo una ricerca accurata, con spirito critico e analitico, è impossibile ignorare il duello simbolico e culturale tra due figure che incarnano due Americhe radicalmente opposte: Papa Leone XIV e Donald Trump. Entrambi Americani, entrambi leader globali – ma con visioni della gloria agli antipodi.
Leone XIV, il primo pontefice americano della storia, ha abbracciato il potere della forma. Le sue cerimonie sontuose, i paramenti dorati, la teatralità del gesto e della parola, non sono meri orpelli, ma linguaggi profondi che parlano all’anima collettiva. I suoi simboli non sono vuoti: evocano secoli di pensiero, martirio, speranza, trascendenza. In lui, la gloria è ponte tra terra e cielo, radicata in una lunga storia di spiritualità e sacrificio. È un’estetica del sacro che si oppone all’estetica del narcisismo.
Donald Trump, d’altro canto, è l’icona di un imperialismo sfacciato. La sua ostentazione non ha memoria, non ha profondità. È il prodotto più puro del capitalismo dello spettacolo: l’oro delle sue torri non riflette il divino, ma il vuoto. Il suo linguaggio, privo di simboli autentici, è costruito per dominare, non per elevare. La sua retorica ha sostituito la fede con il culto dell’ego, e il popolo con una folla da manipolare.
Il confronto è antropologico: da una parte un pontefice che riabilita il simbolo come sacramento visibile della grazia invisibile; dall’altra, un ex presidente che ha fatto del suo corpo e del suo brand un’icona idolatrica. Storicamente, questo scontro segna una fase di rinegoziazione dei valori fondanti dell’Occidente.
E se Leone XIV sembra vestire con la gloria di una Roma eterna, è perché la Chiesa — pur tra mille contraddizioni — resta l’unica istituzione occidentale ad aver compreso l’importanza del rito, della bellezza, del tempo lento. È un antidoto: non solo spirituale, ma politico. L’unica risposta non bellica al cinismo dissolutore di Trump è proprio questa: il riemergere di una gloria che non teme il mistero.
Trump e Leone XIV sono i due americani più famosi al mondo, ma solo uno rappresenta un orizzonte. L’altro è un abisso. E nel nostro tempo confuso, saper riconoscere la differenza tra i due non è solo un esercizio intellettuale: è una scelta esistenziale.
Hans Urs von Balthasar ha offerto profonde riflessioni sul ruolo del papa e del pontificato nella Chiesa. Una delle sue intuizioni più significative è il “principio mariano-petrino”, che evidenzia la complementarità tra l’elemento mariano (rappresentato da Maria) e quello petrino (rappresentato da Pietro) nella struttura ecclesiale. In questa prospettiva, von Balthasar afferma:
«L’elemento mariano nella Chiesa abbraccia il petrino senza pretenderlo per sé. Maria è “Regina degli apostoli”, senza pretendere per sé poteri apostolici. Essa ha altro e di più» (Esistenza Sacerdotale, p.93)
Questa visione ha influenzato profondamente il magistero di diversi papi. Giovanni Paolo II, ad esempio, ha sottolineato che la dimensione mariana della Chiesa precede quella petrina, pur essendole strettamente unita e complementare. Benedetto XVI ha ribadito che ogni istituzione e ministero nella Chiesa, incluso quello di Pietro e dei suoi successori, è compreso sotto il manto della Vergine. Anche Papa Leone XIV non smette fare riferimento a questa visione fin dall’inizio del suo pontificato.
Inoltre, von Balthasar ha espresso l’importanza di rinnovare la fede cristiana con autenticità. In un’intervista, ha dichiarato: «Innanzitutto bisogna rimettere il Cristianesimo in piedi» (Corriere della Sera). Questa affermazione sottolinea la necessità di rinnovare la fede cristiana, ponendola saldamente sulla roccia della fede autentica.
Postscriptum
«Continuano a spuntare come funghi, in una giornata autunnale, falsi discorsi di Papa Leone XIV, puntualmente condivisi e rilanciati. Siamo ormai dinanzi a una azione di disinformazione di massa, che mette in evidenza la superficialità con la quale talora si gestiscono questi spazi. Stop, fermiamoci un attimo. Un esercizio di amore per la verità e di responsabilità è quello di attingere a fonti sicure o di verificare personalmente le informazioni. Fare un giretto sul sito della Santa Sede [ Vatican.va ], ad esempio, permette di accedere a una miriade di informazioni ufficiali, a documenti e discorsi di Leone e dei suoi predecessori» (Elisabetta Lo Iacono).
«Ci risiamo. Come già successo per Papa Francesco, anche a Papa Leone si cominciano ad attribuire discorsi mielosi e sentimentalisti che, non solo non sono mai stati pronunciati da Prevost né prima né dopo essere salito al Soglio Pontificio, ma che sono di una banalità ed un’inutilità che oserei definire demenziali. Possibile che per alcuni (troppi) il Cristianesimo non sia altro che cuoricini e melassa? Il Santo Padre ci sta davvero deliziando con le sue parole sin dal primo giorno di pontificato. Possibile che si rimanga più colpiti da certe sciocchezze alla “volemose bbene” che dalla bellezza di quello che stiamo realmente vivendo e sentendo? Bah…» (Fulvio Festosi).