Da Cascia per diffondere il ‘profumo’ di Cristo

“In un mondo lacerato dai conflitti, Santa Rita ci ricorda che la pace è una scelta quotidiana, fatta di perdono, ascolto e riconciliazione. La sua santità nasce da gesti concreti e profondamente umani: fu figlia, sposa, madre e monaca, sempre capace di restare in relazione con gli altri anche nel dolore. Oggi, mentre si conclude la Festa a lei dedicata, sentiamo il bisogno di rilanciare un appello accorato alla pace, soprattutto per l’Ucraina e la Terra Santa, dove regnano sofferenza e ingiustizia. Per Rita, la pace era responsabilità, un cammino costruito con misericordia, comprensione dell’altro e coraggio.
E’ questa la strada che dobbiamo tornare a percorrere: la cura dell’altro, il dialogo, la compassione che ci rende umani. Ogni vita è unica e sacra. Solo così potremo disarmare davvero i nostri cuori e quelli del mondo. Raccogliendo l’invito di Papa Leone XIV, che mercoledì ha chiesto ai fedeli di pregare il Rosario per la pace, la nostra comunità si unisce alla sua voce: preghiamo per la fine della violenza nella Striscia di Gaza, per l’ingresso di aiuti umanitari e perché prevalga il bene sul male”: con queste parole suor Maria Grazia Cossu, badessa del monastero Santa Rita da Cascia, ha commentato la conclusione dei festeggiamenti in onore della ‘santa degli impossibili’ con migliaia di pellegrini da tutto il mondo.
La giornata era stata aperta dal pontificale, concelebrato con mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, e con p. Angel Moral Anton, priore generale degli Agostiniani, del card. Baldassare Reina, gran cancelliere del Pontificio Istituto ‘Giovanni Paolo II’, che nell’omelia ha chiesto di guardare a santa Rita come ‘compagna’ di cammino: “Quotidianamente la Chiesa ci propone modelli di santità: fratelli e sorelle che godono la piena beatitudine in cielo. Non per farci immaginare una santità lontana o ideale, ma per ricordarci che anche noi siamo chiamati alla santità. I santi ci sono accanto come protettori e compagni di cammino. Santa Rita va guardata con questo stesso sguardo”.
E la santità è per tutti: “Ogni volta che celebriamo la festa di un santo, il rischio è quello di tenerlo a distanza, pensando che quella santità non sia per noi. Ma la santità è per tutti. Se oggi siamo qui è perché vogliamo crescere nella santità. E’ bello vedere la grande devozione che c’è verso Santa Rita, non solo qui a Cascia, ma nel mondo intero. E allora, lasciamoci ispirare dalla sua vita: una vita segnata da grandi prove, una scelta religiosa osteggiata, un matrimonio difficile, il dolore per l’assassinio del marito, la morte dei figli, la sofferenza della spina accettata nella vita religiosa. Non è stata una vita facile, quella di santa Rita. Dobbiamo guardarla nella sua realtà concreta, segnata profondamente dalla sofferenza”.
Soffermandosi sulle letture odierne ha invitato i fedeli a vincere il ‘male con il bene’: “E’ un messaggio che contiene una profonda saggezza: il nostro cuore è fatto per il bene, non per il male. E’ fatto per amare, non per odiare. I sentimenti negativi possono anche entrare nel nostro cuore, ma non sono fatti per abitarlo. Il principio di vincere il male con il bene è quanto mai attuale. Santa Rita avrebbe potuto vendicare l’assassinio del marito. Avrebbe potuto rispondere al male con altro male e forse avrebbe anche ricevuto l’approvazione degli altri.
Ma ha scelto una strada diversa: ha scelto la via del Vangelo. Ha scelto di perdonare. Ed allora, guardiamo anche al nostro tempo. Un tempo segnato da un crescendo preoccupante di violenza, come ricordava l’arcivescovo all’inizio della Messa. papa Francesco parla di una ‘terza guerra mondiale a pezzi’. E papa Leone, affacciandosi dalla loggia subito dopo la sua elezione, ha invocato il dono della pace”.
E’ stato un invito a non abituarsi alla violenza: “Ci siamo talmente abituati alla violenza che abbiamo perso il senso di ribellione, di indignazione. Non riusciamo più nemmeno a dire: ‘Non è giusto. Non si fa. Non si tocca’. Ed invece no: la vita umana non si tocca. Che sia una donna, un bambino, un marito, una moglie, un lavoratore… la vita non si tocca.
Tra i tanti messaggi che santa Rita ci lascia, ce n’è uno che oggi non possiamo dimenticare: provare a vincere il male con il bene. Il male esiste, ci tocca, ci attraversa. Gli antichi lo chiamavano ‘mysterium iniquitatis’, il mistero del male. E’ un mistero, prima di tutto, per noi stessi. Perché nessuno di noi, al mattino, si alza con l’intenzione di fare il male. Eppure, lo facciamo”.
Per questo sono di estrema attualità le parole di papa Leone XIV a disarmare le parole: “Supera sempre con il doppio di amore. Non con il doppio di odio. Questo è un messaggio profetico. Qualche giorno fa, Papa Leone ha detto con chiarezza: ‘Dobbiamo disarmare il linguaggio’. E noi oggi lo sentiamo come un appello urgente: abbiamo bisogno di disarmare il linguaggio, i sentimenti, il cuore. Abbiamo bisogno di immaginare strade nuove, di costruire relazioni che siano davvero umane, prima ancora che cristiane.
Forse stiamo perdendo il ‘bene dell’intelletto’, stiamo perdendo la capacità di costruire una società che sia davvero a misura d’uomo. E se questo messaggio può sembrare forte, lo è. Ma è necessario. E allora, come si fa a perdonare? Come si fa ad amare il nemico? Gesù ce lo ha detto nel Vangelo: ‘Rimanete in me’. Rimanete nel mio amore. Come il tralcio che resta unito alla vite. Se rimaniamo in Lui, se osserviamo le sue parole, porteremo frutto”.
Ecco il motivo per cui il cristianesimo va vissuto quotidianamente: “Il cristianesimo non può essere la religione delle occasioni. Arriva la domenica, arriva il Natale, arriva la Pasqua, arriva una festa… ci ricordiamo di essere cristiani, ci avviciniamo a Dio, magari facciamo la Comunione. Ma poi? Il resto della vita non è toccato da quel Vangelo. Immaginate una vigna che potesse portare frutto semplicemente accostando il tralcio alla vite ogni tanto. Un contadino arriva, mette il tralcio lì accanto e spera in qualche grappolo d’uva. Non accadrà mai. Perché affinché arrivi il frutto, il tralcio deve essere profondamente, intimamente innestato alla vite”.
Questa è la grande ‘lezione’ di santa Rita: “E qui ritorna un altro messaggio forte della vita di Santa Rita. Una donna che ha vissuto un rapporto così intimo con il Signore Gesù da portare nel suo corpo i segni della sua Passione. Rimanere in Lui non significa avere una vita facile. La fede non è magia. Il cristianesimo non è magia. Siamo cristiani, sacerdoti, monache, consacrati e consacrate a vario titolo… e abbiamo vite complicate. Vite segnate dalla malattia, dalla fatica, da qualche fallimento, dalla tentazione. Esattamente come Santa Rita. E la fede è proprio ciò che ci aiuta ad affrontare tutto questo, con la consapevolezza che Dio è con noi. Che non ci abbandona. Rimanere in Lui. Mettere davvero radici in Dio. Sentirci a casa in Dio, non di passaggio”.
Quindi il ‘segreto’ è rimanere in Lui: “Possiamo essere provati dall’inizio alla fine della nostra vita, ma se siamo in Dio, siamo nella gioia. E sarà capitato anche a voi (come è capitato a me) di incontrare persone consacrate, sacerdoti, religiose, con la luce negli occhi. Non per l’assenza di problemi, ma perché avevano Dio. E oggi, più che mai, abbiamo bisogno di tornare a mettere Dio al centro, di andare in profondità”.
Concludendo l’omelia il card. Reina ha invitato a portare il ‘profumo di Cristo: “Non limitiamoci alla rosa che oggi è viva e domani appassisce. Il mondo ha bisogno di un altro profumo: non quello artificiale, ma il profumo della santità, della fraternità, della gentilezza, dell’accoglienza, del sentirsi famiglia. Cascia può essere quel centro da cui questo profumo si diffonde. Chiediamo a Santa Rita, insieme, che la sua intercessione faccia arrivare questo profumo fino ai confini della terra. Preghiamo per il mondo intero, per la Chiesa, per il Santo Padre”.
(Foto: Fondazione Santa Rita da Cascia)