La Conferenza a Roma su “La Santa Sede e il genocidio degli Armeni e delle altre minoranze Cristiane nell’Impero ottomano”

La Chiesa e Fondazione Reale Belga San Giuliano dei Fiamminghi in collaborazione con il Centro Pro Unione – “Ut Omnes Unum Sint”, fondato e diretto dai Frati Francescani dell’Atonement per l’Unità dei Cristiani, organizzano mercoledì 18 giugno 2025 alle ore 17.30 presso la sede di San Giuliano dei Fiamminghi (la chiesa nella foto di copertina) in via del Sudario 41 a Roma una Conferenza su La Santa Sede e il genocidio degli Armeni e delle altre minoranze Cristiane nell’Impero ottomano, tenuta dal gesuita belga Prof. Georges-Henri Ruyssen, S.I., docente e Decano presso il Pontificio Istituto Orientale di Roma e docente al Centre Sèvres, Facultés Jésuites di Parigi. La Conferenza verrà introdotta dai saluti di benvenuto di Mons. Gabriel Quicke, Rettore della Chiesa e Fondazione Reale Belga San Giuliano dei Fiamminghi, e conclusa con il ringraziamento di Fra’ James Laoughran, S.A., Direttore del Centro Pro Unione, seguita da un ricevimento. Si prego di comunicare la propria partecipazione entro l’11 giugno 2025 via email: gabriel.quicke@gmail.com.

I massacri nel 1894-1896 degli Armeni, detti hamidiani dal nome del Sultano Abdul Hamid II, originarono un’azione diplomatica ardua e difficile che coinvolse la Santa Sede a favore di una soluzione pacifica della questione armena. I documenti diplomatici dell’Archivio Segreto Vaticano raccontano il fallimento della mediazione pontificia di Leone XIII (riforme nelle province armene). Le tergiversazioni del Sultano ostacolano ogni tipo di riforma. Segue una graduale passività ed inerzia della diplomazia europea, che vuole mantenere ad ogni costo l’integrità dell’Impero ottomano. Il risultato è la sfiducia reciproca fra le potenze europee, alimentata dal gioco di interessi, che prendono il sopravvento sul “concerto europeo”. Questi elementi fanno sì che la questione armena, invece di trovare un esito pacifico, venga sospesa. Irrisolta, si riaccenderà tragicamente, come fuoco sotto le ceneri, alcuni anni dopo.
La tragedia armena si compie in un’epoca di grandi rivolgimenti storici; un intero popolo viene privato dei beni personali, sradicato ed eliminato dalla terra in cui per più di duemila anni ha vissuto in un contesto multiculturale. Il patrimonio identitario della nazione vede così interrotto il suo percorso storico e in Anatolia i segni monumentali della presenza armena sono abbandonati al degrado, quasi scomparsi. Tale frattura non è ancora recuperata dalla verità storica.
Per diversi decenni, dopo il trattato di Losanna, il rafforzamento della Repubblica turca e l’esaurirsi della cosiddetta “vendetta armena”, cala il silenzio su tutto quel tragico evento del genocidio armeno che ha segnato gli anni della prima guerra mondiale. La rimozione è collettiva ed ha diverse giustificazioni: per il governo kemalista il genocidio armeno ((in lingua armena Meç Eġeṙn, Grande Crimine, in riferimento alla distruzione deliberata e sistematica della popolazione armena dell’Impero ottomano durante e subito dopo la Prima Guerra Mondiale) è un peso e un’eredità difficilmente gestibile. Pertanto non viene riconosciuto, con la scusante che durante il “trasferimento” delle popolazioni – deciso per motivi di sicurezza nazionale, data la presenza in guerra di Armeni nei due paesi, Turchia e Russia – molti morirono proprio a causa dei disagi del conflitto. Per l’Occidente il silenzio è la migliore opportunità per allontanare il ricordo della sua complicità in tanti momenti dello svolgimento della complessa vicenda; anche per gli Armeni sovietizzati il silenzio è l’opportunità migliore per vivere in un regime totalitario che non lascia spazio a rivendicazioni identitarie di tipo nazionalistico. Ridotta infatti a entità riconoscibile solo come Repubblica Sovietica all’interno dell’URSS, l’identità armena fatica a ritrovarsi e a confrontarsi con l’immane tragedia che ancora si riverbera sui sopravvissuti e sulle comunità sparse nel mondo. È questo il periodo, potremmo così dire, del silenzio.
Il Prof. Georges-Henri Ruyssen, S.I., ha documentato questa storia nella monumentale opera La Questione Armena 1894-1896 | 1908-1925. Documenti degli archivi della Santa Sede ACO, ASV, SS.RR.SS. (Valore Italiano 2025, 7 volumi, 3.900 pagine [QUI]), che è il risultato di anni di scrupolosa ricerca presso gli archivi della Santa Sede. I volumi propongono la riproduzione fedele e cronologica dei documenti presenti presso l’Archivio Segreto Vaticano (ASV), l’Archivio della Congregazione per le Chiese Orientali (ACO) e l’Archivio Storico della Segreteria di Stato, Sezione per i Rapporti con gli Stati (SS.RR.SS.).
La questione armena rappresenta uno dei capitoli più tragici e complessi della storia moderna, intrecciando dinamiche politiche, sociali e religiose in un contesto di crescente nazionalismo e conflitti imperiali. A partire dalla fine del XIX secolo, l’Impero Ottomano, che ospitava una delle comunità armene più importanti, ha visto un incremento di tensioni interne, culminando in eventi drammatici come i massacri hamidiani (1894-1896) e il genocidio armeno del 1915. Questi eventi non solo hanno segnato la sorte degli armeni, ma hanno avuto ripercussioni significative a livello internazionale, coinvolgendo attori politici e religiosi in una rete di responsabilità e impegno umanitario.
La Santa Sede, custode di un’importante tradizione di attivismo sociale e diplomatico, si è trovata in prima linea in questa crisi, cercando di proteggere la comunità armena e di testimoniare le atrocità che si consumavano. L’opera del Prof. Georges-Henri Ruyssen, S.I., documenta questa storia attraverso una serie di volumi che raccolgono documenti in gran parte inediti provenienti dagli archivi della Santa Sede. Questa presentazione analizza la rilevanza e il valore scientifico dell’opera, che si distingue per la sua meticolosità e per la preziosa ricchezza di materiali.
L’opera è suddivisa in sette volumi, ognuno dei quali si concentra su periodi e tematiche specifiche, offrendo una narrazione cronologica e documentale che facilita la comprensione degli eventi. I volumi si caratterizzano per la loro fedeltà nella riproduzione dei documenti, integrati da allegati che forniscono contesto e supporto alla lettura.
Il primo volume è dedicato alla corrispondenza diplomatica riguardante i massacri hamidiani, un periodo critico in cui la Santa Sede ha cercato di documentare e rispondere alle atrocità perpetrate contro la popolazione armena. Attraverso lettere e rapporti, Ruyssen mette in luce gli sforzi della Chiesa per fermare la violenza, evidenziando la crescente preoccupazione internazionale e le risposte diplomatiche.
Il secondo volume amplia il panorama documentale con materiale proveniente dall’Archivio della Congregazione per le Chiese Orientali, approfondendo ulteriormente la questione armena nel contesto degli eventi precedenti alla Prima Guerra Mondiale. Ruyssen mantiene il focus sulla verità storica, integrando i documenti in modo cronologico e contestualizzato.
Il terzo volume rappresenta un passaggio cruciale, trattando il genocidio armeno. Ruyssen offre una raccolta di documenti che rivelano gli sforzi della Santa Sede per intervenire e proteggere le vittime. È in questo contesto che emergono testimonianze drammatiche e rapporti di soccorso, mettendo in risalto il ruolo attivo della Chiesa non solo come testimone, ma anche come operatore umanitario.
I successivi volumi continuano a trattare il periodo 1908-1925, analizzando gli eventi cruciali, come i massacri di Adana e il ruolo della Santa Sede nella salvaguardia dei diritti Cristiani in Medio Oriente. La cura di Ruyssen per i dettagli e la completezza delle fonti rendono questi volumi particolarmente preziosi per studiosi e ricercatori.
Gli ultimi volumi si concentrano sulla situazione postbellica e sulle complesse relazioni tra la Santa Sede e il governo kemalista turco. Ruyssen documenta gli sforzi per garantire la sicurezza e i diritti degli Armeni e il tentativo di preservare le tradizioni e le istituzioni Cristiane in un contesto sempre più ostile.
L’opera di Ruyssen si distingue per il suo rigoroso approccio scientifico. La meticolosità con cui ha raccolto e presentato i documenti permette ai lettori di accedere a una vasta gamma di materiali storici che fino a ora erano poco conosciuti o inaccessibili. La struttura cronologica e la ricchezza di annotazioni e riferimenti biografici forniscono un supporto solido per la ricerca e l’analisi.
Inoltre, la pubblicazione non si limita a un mero esercizio di raccolta documentale; Ruyssen offre una riflessione critica sul ruolo esercitato dalla Santa Sede e sulla sua posizione durante uno dei periodi più drammatici della storia moderna. La capacità di intrecciare narrazioni individuali e documenti ufficiali conferisce un valore unica al lavoro, evidenziando il costo umano dei conflitti e l’importanza del dialogo e della comprensione interculturale.
Questo lavoro di Ruyssen è un’opera monumentale che fornisce una documentazione inestimabile su un argomento cruciale della storia armena e della politica internazionale. La sua pubblicazione rappresenta un contributo significativo non solo alla storiografia armena, ma anche alla comprensione più ampia delle dinamiche religiose e politiche nell’Impero ottomano e oltre.
Questa serie di volumi è essenziale per studiosi, storici e chiunque sia interessato a comprendere le complessità della questione armena e il ruolo della Santa Sede in un periodo di crisi umanitaria. L’opera di Ruyssen non solo preserva la memoria storica, ma invita anche a una riflessione critica sulla responsabilità collettiva e sull’importanza dei documenti nella ricostruzione della storia.